La violenza domestica non va in quarantena. L’impegno di Maria Pia Vigilante e Giraffa Onluns

by Michela Conoscitore

L’hashtag #iorestoacasa, in questi giorni di isolamento nelle nostre abitazioni, sui più sortisce un effetto rassicurante poiché funge come protezione per evitare il contagio da Covid-19. Purtroppo, per le donne vittime di violenza domestica, e per i loro figli, restare a casa senza avere la possibilità di fuggire ai propri aguzzini, che in tempi normali lasciavano loro un margine temporale di autonomia e libertà di movimento, la situazione odierna non gioca a loro favore. La condizione di difficoltà in cui versano ha subito un’amplificazione in quest’ultimo periodo, ed è facile per loro non riuscire ad individuare una via di fuga, anche a causa di una possibile positività al coronavirus.

bonculture ha approfondito l’argomento, ponendo alcune domande all’avvocatessa Maria Pia Vigilante, presidente dell’associazione barese La Giraffa Onlus, che dal 1997 si occupa di assistenza e supporto alle donne vittime di violenza domestica. 

Dottoressa Vigilante, l’isolamento per la pandemia da Covid-19 ha ulteriormente aggravato la condizione delle donne vittime di violenza domestica?

Se in tempi normali, quando la donna può sottrarsi alla cosiddetta violenza domestica, viene aiutata dai centri antiviolenza, o ha una rete famigliare che riesce a proteggerla, e la possibilità di uscire da casa e rivolgersi alle forze dell’ordine, in questo particolare momento, invece, la casa si trasforma in un teatro d’orrore. Le donne vengono sottoposte ad una violenza maschile reiterata, e in tutte le sue declinazioni. Il problema in questo momento è riuscire ad intercettare le donne, e farle scappare nonostante vi sia questo isolamento obbligato per via della pandemia. Quindi, riuscire, dove ci dovessero essere i presupposti, a portarle in case protette.

Quali sono le problematiche che affrontate quotidianamente, nei giorni della pandemia?

Nelle case rifugio, ad oggi, si innescano un’altra serie di problematiche: tutti noi dei centri antiviolenza della Puglia che gestiscono le case rifugio, ci siamo dati delle linee, delle direttive univoche e omogenee che valgono su tutto il territorio regionale. Ma, ricevere ed ospitare oggi una donna vittima di violenza, in questo momento di emergenza sanitaria, nelle nostre case dove abbiamo già delle ospiti, magari anche con minori, non sapendo se quella donna sia positiva al Covid-19, mette a rischio le operatrici e le altre ospiti della casa. Quindi tutti i centri antiviolenza, non soltanto Giraffa Onlus, hanno chiesto sia a livello regionale che nazionale come comportarsi con donne malate di coronavirus, cercando delle sistemazioni alternative. La Puglia, rispetto a questa problematica, è molto attiva e probabilmente sta pensando già a delle linee guida in merito alla questione. Comunque, oltre all’impegno della regione, dobbiamo materialmente reperire gli alloggi dove collocare le donne nei periodi di quarantena, e in seguito spostarle in altre strutture.

Come avete organizzato la vostra assistenza, anche se a distanza?

Non avendo la possibilità di recarsi nei centri antiviolenza, a meno che non si presentino delle situazioni particolarmente urgenti, con la campagna #noicisiamo tutte le associazioni offrono accoglienza telefonica, nel frattempo le psicologhe hanno un filo diretto con le donne già prese in carico, tramite Skype o videochiamate, proseguono l’elaborazione del trauma. Inoltre, le nostre assistite continuano ad avere rapporti con le avvocate.

La ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia Elena Bonetti ha rivolto, nei giorni scorsi, una richiesta di provvedimenti eccezionali all’Unione Europea. Perché?

La ministra Bonetti ha fatto una richiesta di misure straordinarie a livello economico: è chiaro che ogni centro deve essere dotato dei dispositivi sanitari adeguati perché le operatrici non possono essere esposte. L’appello della Bonetti mira a cercare finanziamenti per queste case di pronta emergenza, anche perché ha ricevuto lettere provenienti da tutti i centri antiviolenza d’Italia che le chiedevano provvedimenti in merito.

Dottoressa Vigliante, vuole ricordare il numero attivo a livello nazionale per le donne vittime di violenza?

Ogni centro antiviolenza ha il proprio numero di reperibilità, oppure la donna in difficoltà può chiamare il numero di pubblico utilità, il 1522, dove poi smistano le chiamate in base alla competenza territoriale.   

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