Le sorelle Brontë, la libertà delle donne nella brughiera inglese dell’Ottocento

by Michela Conoscitore

La brughiera inglese è luogo, per eccellenza, di miti e leggende: la fascinazione esercitata è indecifrabile, e ha sempre non soltanto ispirato ma anche influenzato interiormente chi l’ha visitato, o chi ci ha vissuto. Il legame che connette romanzi e poesie al luogo in cui sono nati, è risaputo che sia molto forte. Ed è proprio questo legame, forse, nel caso specifico appunto con la brughiera, posto apparentemente inospitale, invece ricco di vibrazioni e richiami magnetici, ad aver stimolato la fantasia di tre importanti scrittrici della letteratura ottocentesca britannica: le sorelle Brontë.

Sicuramente la brughiera, che più semplicemente possiamo definire come loro casa, ha trasmesso alle tre sorelle scrittrici una sete insaziabile di libertà. Quel che risulta lampante a chiunque legga le loro biografie è quanta indipendenza e anticonformismo scorressero nelle loro vene, nonostante siano vissute nei primi decenni dell’Ottocento, in uno dei posti più sperduti della Gran Bretagna. Inevitabile, quindi, chiedersi cosa abbia mai potuto iniziarle a così tanta individualità, un femminismo ante litteram che ispira anche le donne contemporanee. Indubbiamente la brughiera: così fredda e brulla, coi cespugli di erica sferzati dal vento ma, allo stesso tempo, indomita e selvaggia, in poche parole un luogo che non si piega alle ‘normali’ consuetudini umane.

Libertà che nelle tre sorelle ricopre accezioni differenti: per Charlotte è libertà di essere indipendente e autonoma da qualsiasi autorità maschile, per Emily libertà di essere selvaggia e ribelle, forse è proprio lei ad incarnare meglio lo spirito della brughiera. Per Anne, invece, una libertà silenziosa, quella di essere se stessa, con tutte le sue fragilità.

Charlotte, Emily e Anne nacquero dal matrimonio di Patrick e Mary Brontë: il padre, di origini irlandesi, cambiò il suo cognome da Prunty in Brontë, in omaggio all’ammiraglio Nelson, nominato infatti duca di Bronte dal re Ferdinando IV di Borbone, al termine della repressione della Repubblica Partenopea. Mary Branwell, della Cornovaglia, era scrittrice e autrice di poemetti a tematica religiosa. Patrick, curato di campagna, ricevette il suo domicilio perpetuo ad Haworth e vi si trasferì con la famiglia. All’epoca, erano già nati a Thornton Mary, Elizabeth, Charlotte, Branwell, Emily e Anne. Mary Branwell lasciò orfani i figli poco dopo, nel 1821, così il reverendo si vide costretto a mandare le quattro figlie maggiori in collegio. Quell’esperienza servì a Charlotte da ispirazione per la terribile Lowood di Jane Eyre.

La permanenza in collegio durò poco, poiché a causa di scarsa igiene e malnutrizione, Mary ed Elizabeth tornarono a casa ammalate, dove moriranno, a distanza di pochi mesi l’una dall’altra, nel 1825. Lasciarono il collegio anche Charlotte ed Emily, così la famiglia si ricompose. Infatti, i ragazzi furono accuditi dalla zia Elizabeth Branwell, trasferitasi ad Haworth per aiutare il cognato, e dall’amata governante Tabby. I fratelli Brontë crescono molto uniti tra loro, un rapporto quasi di dipendenza: una nidiata di cuccioli che, già da piccoli, hanno dovuto imparare a bastare a se stessi, e a trovare forza nella vicinanza reciproca.

Sempre insieme, i Brontë scoprirono la passione per la scrittura, e l’iniziatore fu Branwell che diede vita ad un giornalino, a consumo del loro ristretto nucleo famigliare, e con le sorelle ideò le saghe di Glass Town e Gondal. Molti biografi pensano che il vero genio della famiglia Brontë fosse proprio Branwell, incostante e impetuoso, l’alter-ego maschile della sorella Emily. L’unico ritratto pervenutoci delle sorelle è proprio opera sua: avrebbe dovuto esserci anche lui in quel dipinto, infatti se si osserva bene si distingue una sagoma maschile tra le Brontë, poi cancellata. Come se Branwell, risucchiato nella spirale dell’alcolismo e dipendenza da oppio e laudano, avesse già presentito che la gloria, per lui, sarebbe stata troppo faticosa da gestire.

Charlotte ed Emily, nel 1842, si trasferirono a Bruxelles dove divennero allieve del Pensionnat Heger, dove impareranno francese, tedesco, musica, disegno, aritmetica e grammatica. Fu qui che studiarono per avviarsi alla carriera di istitutrici, e questi anni a Bruxelles sempre Charlotte li userà per costruire la trama del suo primo romanzo, Il professore. Un libro che narra non soltanto dei suoi anni in Belgio, ma anche del suo primo amore, quello per monsieur Heger, docente e marito della direttrice dell’istituto. L’amore per monsieur Heger accompagnò Charlotte per lungo tempo, i due si scriveranno anche quando la scrittrice farà ritorno a casa, ma il rapporto rimarrà esclusivamente platonico.

Dopo un anno a Bruxelles, le sorelle fecero ritorno ad Haworth per i funerali della zia Elizabeth. Emily decise di rimanere in Inghilterra, mentre Charlotte ripartì per il Belgio per insegnare proprio al Pensionnat Heger. Vi rimarrà fino al 1844, per poi tornare definitivamente ad Haworth. Nel 1845, fortuitamente, Charlotte scoprì un quaderno di Emily fittamente ricamato di poesie. Quello è l’inizio del mito delle sorelle Brontë: pubblicarono insieme il loro primo lavoro, una raccolta poetica, dietro gli pseudonimi di Currer, Ellis e Acton Bell. In un anno, venderà solo due copie. Soltanto le poesie di Emily ricevettero risalto, infatti la scrittrice di Cime tempestose nasce proprio come poetessa:

Non dovresti conoscere la disperazione

se le stelle scintillano ogni notte

se la rugiada scende silenziosa a sera

e il sole indora il mattino.

Il 1847 fu l’anno del loro successo, perché l’editore Newby di Londra decide di pubblicare i tre romanzi dei fantomatici Bell, sulla scia del successo di Jane Eyre, che fu dato alle stampe per primo. La storia di Jane e il signor Rochester fu quella che ebbe più successo, perché Cime tempestose, forse per l’epoca troppo moderno, non fu compreso e ritenuto scandaloso. Mentre l’Agnes Grey di Anne fu lodato per l’eccellente scrittura, ma accolto con tiepido entusiasmo. Cime tempestose di Emily, tra i tre, era il romanzo più controcorrente e innovativo, parla di amore come quelli delle sorelle, ma non è un amore canonico quello di Catherine ed Heathcliff: il loro è un sentimento totalizzante, pervasivo e misterioso, due anime libere che si amano fanno sempre paura. Specie nella bigotta Gran Bretagna vittoriana. Del romanzo di Emily, non fu una sostenitrice nemmeno la sorella Charlotte: “La forza di Cime tempestose mi colma di rinnovata ammirazione, tuttavia sono oppressa: al lettore non viene quasi mai concesso di gustare un piacere puro; ogni raggio di sole si fa largo tra nere sbarre di nubi massicce; ogni pagina è sovraccarica di una specie di elettricità morale”.

Quel che scrisse Virginia Woolf anni dopo, mettendo a confronto i romanzi delle due sorelle, è illuminante nel comprendere quanto Emily detenesse un’innata bravura per la scrittura, forse più della sorella maggiore:

«Cime tempestose è un libro più difficile da capire di Jane Eyre, perché Emily era più poeta di Charlotte. Scrivendo, Charlotte diceva con eloquenza e splendore e passione «io amo», «io odio», «io soffro». La sua esperienza, anche se più intensa, è allo stesso livello della nostra. Ma invece non c’è «io» in Cime tempestose. Non ci sono istitutrici. Non ci sono padroni. C’è l’amore, ma non è l’amore tra uomini e donne. Emily si ispirava a una concezione più generale. L’impulso che la spingeva a creare non erano le sue proprie sofferenze e offese. Rivolgeva lo sguardo a un mondo spaccato in due da un gigantesco disordine e sentiva in sé la facoltà di riunirlo in un libro. (…) Il suo è il più raro dei doni. Sapeva liberare la vita dalla sua dipendenza dai fatti.»

Seguirono altri romanzi, come Villette e Shirley per Charlotte e La signora di Wildfell Hall per Anne, quest’ultimo più maturo e vigoroso rispetto ad Agnes Grey. Purtroppo, la triste girandola di lutti nella famiglia Brontë riprese a girare nel 1848: prima Branwell a settembre, consumato dal suo mal di vivere. A dicembre, provata anche dalla morte del fratello oltre che dalla tubercolosi, morì Emily. Nel 1849, venne a mancare anche Anne. Charlotte e il padre Patrick rimangono soli; la maggiore delle Brontë, per anni aveva rifiutato pretendenti, preferendogli la libertà. Poi, nel 1854, decise di sposare il reverendo Nicholls, aiutante del padre ad Haworth. La felicità coniugale per Charlotte durò poco, poiché morì il 31 marzo del 1855, incinta del primo figlio.

Tre donne libere, che hanno un po’ atterrito l’epoca che le ha viste protagoniste. Oggi, invece, sono osannate e i loro libri sono diventati film, serie televisive e perfino canzoni. Le sorelle Brontë, forse, avevano solo sbagliato epoca. Oppure no, perché riflettendoci, senza di loro, le scrittrici che avrebbero seguito le loro orme nelle epoche successive, non sarebbero mai esistite.

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