Linda Burfield Hazzard, la “dottoressa fame” che prometteva salute e bellezza per derubare le ricche ereditiere

by Germana Zappatore

Linda Burfield Hazzard ufficialmente era una infermiera, ma impiegò poco tempo per diventare un vero e proprio guru della filosofia “la bellezza a tutti i costi”. Merito soprattutto di ricche ereditiere inglesi e americane che all’inizio del Novecento erano disposte a tutto pur di rimanere eternamente belle e giovinette. Anche a seguire la “terapia miracolosa” della “specialista del digiuno”, anche a costo di morire (di fame).

Linda Burfield Hazzard, in realtà, non predicava nulla di nuovo. Già nel Settecento Peter Veniaminov dell’Università di Mosca aveva scritto un trattato sul rapporto tra il digiuno e la prevenzione delle malattie dando così l’input nel secolo successivo allo studio e alla pratica della privazione del cibo a fini terapeutici e salutistici. Ma per la maggior parte dei medici quella del digiuno era una cura medica da “ciarlatani” e “maniaci della salute”. Ma la bella infermiera americana cambiò le carte in tavola dando alla “terapia dell’affamamento” un valore (quasi) scientifico che quasi nessuno osò mettere in dubbio. Questo perché, secondo i pettegolezzi del tempo, la Burfield Hazzard si era circondata di amanti politicamente potenti che le avevano permesso di esercitare la professione medica pur non essendo laureata e di pubblicare diversi libri tra cui ‘Fasting For The Cure of Disease” (1908) in cui parlava del digiuno come cura per diverse malattie tra cui il cancro. Ma il fine della sua terapia era tutt’altro che nobile o scientifico.

Primogenita di sette figli, Linda Burfield nacque nel 1867 e appena raggiunta la maggiore età fuggì di casa approfittando del matrimonio con un uomo più grande di lei di quattordici anni da cui ebbe due figli. La sua indole indipendente e la voglia di riscatto sociale ed economico ben presto iniziarono a cozzare contro la vita da mamma e moglie alla quale sembrava che il matrimonio l’avesse relegata (contrariamente alle sue aspettative). Così nel 1898 lasciò marito e prole (nel 1902 ottenne il divorzio) e studiò per diventare infermiera in osteopatia, anche se si fece sempre chiamare dottoressa pur non avendo conseguito alcuna laurea, e sposò Sam Hazzard che rimase al suo fianco fino al 1938, anno della sua morte.

Proprio in quel periodo la donna si lasciò affascinare dalle teorie del dottor Edward Hooker Dewey che nel 1895 aveva affermato nel libro ‘The True Science of Living’ che “ogni malattia che affligge il genere umano (si sviluppa da) un’alimentazione più o meno abituale in eccesso rispetto alla fornitura di succhi gastrici”. Così rispolverò il regime alimentare vegetariano dei genitori ed elaborò la sua famosa digiunoterapia che consisteva nella somministrazione esclusiva di succhi di pomodoro e asparagi accompagnati talvolta da un cucchiaino di succo d’arancia, e dalla pratica quotidiana di clisteri. Questo regime alimentare prometteva miracoli: disintossicazione dei tessuti con conseguente rigenerazione e guarigione da malattie. Ben presto arrivarono i primi pazienti che erano prevalentemente persone con diabete in fase avanzata, gravi degenerazioni epatiche, sifilitici e paralitici. Poi si fecero avanti anche ricche donne alla ricerca dell’elisir di eterna giovinezza. E la “dottoressa fame” (così come era stata ribattezzata dai suoi pazienti) nel 1908 decise di aprire nella cittadina di Olalla (distretto di Washinghton) una clinica dedicata alla “terapia dell’affamamento” e dall’eloquente nome ‘Wilderness Heights’, ovvero cime solitarie così come soli erano i suoi ricchissimi ospiti che non potevano ricevere alcuna visita durante il periodo del trattamento. In pochi anni, però, nella sua clinica avvennero circa quaranta decessi e tutti di persone dei cui beni Linda era stata nominata unica amministratrice. Ufficialmente sui certificati di morte l’ex infermiera scrisse che i decessi erano stati causati da malattie come cancro e cirrosi epatica, ma probabilmente non era esattamente così. Uno dei suoi pazienti, un certo conte Edward Erdman (che morì dopo due mesi di terapia), tenne un diario giornaliero in cui annotò quello che mangiava (“solo brodo vegetale e un’arancia”) e le pene che soffriva (“testa abbastanza stordita, occhi gialli striati rossi, mal di schiena”) a Wilderness Heights.

Il sistema criminale che aveva messo su con il marito venne alla luce nel 1912 quando a morire nella sua clinica fu Claire Williamson, una facoltosa donna britannica che al momento del decesso pesava una ventina di chili, ma che a detta di Linda era morta perché aveva ricevuto trattamenti farmacologici da bambina che le avevano causato danni irreparabili al fegato che nessuna cura avrebbe mai potuto sanare. Ad accusare Linda di omicidio fu Dora Williamson, sorella della vittima sopravvissuta miracolosamente alla terapia della dottoressa fame grazie ad un amico di famiglia che l’aveva portata via da ‘Wilderness Heights’ e l’aveva fatta rinsavire. Durante il processo, infatti, venne alla luce che la Burfield Hazzard plagiava i pazienti affinchè praticassero la digiunoterapia e le intestassero i loro beni, mentre i medici nominati dal tribunale confermarono che la morte della Williamson era stata causata dalla fame.

Linda si difese affermando di essere stata vittima di una persecuzione organizzata da parte dei medici tradizionali che erano gelosi di lei perché – disse – curava i pazienti che loro non erano in grado di guarire. La giuria non le credette e la condannò a 20 anni di carcere per omicidio colposo. La donna, però, ne scontò soltanto due perché nel 1915 fu rilasciata sulla parola e l’anno seguente ebbe l’indulto. Riavuta la libertà, lei e il marito sparirono per un po’ rifugiandosi in Nuova Zelanda dove lavorò come dietista e osteopata, tuttavia il desiderio di riprendere il vecchio lavoro era talmente forte che nel 1920 la coppia ritornò a Olalla per aprire una nuova clinica con annesso ateneo per formare nuovi digiunoterapeuti. Ma un incendio nel 1935 distrusse la sua ‘scuola della salute’ mettendo la parola fine ai suoi sogni.

Lei, invece, morì tre anni dopo. Non si sentiva bene e cercò di curarsi con la sua stessa terapia, che, ironia della sorte, la portò alla morte.

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