Lucrezia Borgia, la femme fatale, a cui negarono il diritto di scegliere e di amare

by Michela Conoscitore

Trasformarla in un Cesare in gonnella o in una Frine del Rinascimento, orditrice di tranelli, propinatrice di veleni, divoratrice di uomini è falso. Se non fu una santa, non fu nemmeno un mostro. Quel che fece, soprattutto nel male, le fu sempre imposto.

Roberto Gervaso

Tutto ciò che è fatto per amore è sempre al di là del bene e del male”, diceva Friedrich Nietzsche, e di amore è piena la vita di Lucrezia Borgia, una delle protagoniste femminili più celebri del Rinascimento italiano. Non l’amore maledetto e incestuoso tramandatoci dalla tragedia scritta da Victor Hugo e dall’opera di Gaetano Donizetti, ma un amore filiale, sottomesso al volere di due degli uomini più influenti e ingombranti dell’epoca, il pontefice Alessandro VI e Cesare Borgia, rispettivamente padre e fratello di Lucrezia che la usarono per instaurare alleanze con le famiglie più vicine al potere e assicurarsi sempre maggior controllo sull’Italia.

La leggenda nera che avvolge da sempre la vita di Lucrezia è il riflesso della famiglia a cui era legata da pesanti vincoli di sangue, invidia e avversione sono state il pane quotidiano che hanno reso i Borgia più forti ma che, di contro, hanno messo in cattiva luce Lucrezia che, in fondo, aspirava ad una vita tranquilla. Le ‘stranezze’ per lei sono cominciate quando, da piccola, a casa della madre Vannozza Cattanei arrivava, col favore della notte, un misterioso porporato. Ogni volta, prima del suo arrivo, il papà di Lucrezia andava via per tornare la mattina successiva. Lei, poco più che bambina, chiudeva gli occhi presa dal sonno, e non sapeva: la relazione tra il cardinale Borgia e Vannozza durò tutta la vita, e fu coronata da quattro figli, Cesare, Juan, Joffrè e la piccola Lucrezia. Lo ‘zio’ cardinale dava sostentamento a tutta la famiglia, incluso il marito di facciata che proteggeva il buon nome di Vannozza e il suo, anche se i pettegolezzi abbondavano e tutti conoscevano la verità. Tutti tranne i figli della coppia. Poco prima di salire al soglio pontificio, nel 1492, Rodrigo Borgia decise di svelare la sua identità, e fu così che iniziò quel rapporto particolare con l’unica figlia, la prediletta.

Le vicende di Lucrezia Borgia l’avvelenatrice

Lucrezia fu sconvolta dalla notizia, ma l’amore del padre pontefice mise a tacere ogni suo timore. Ben presto i rampolli Borgia, in modo diverso, presero posizione nella personale scacchiera del potere del padre. Cesare lo avrebbe affiancato, quasi spodestandolo in arroganza e avidità. Intanto Lucrezia, a soli tredici anni, fu promessa in matrimonio al ventisettenne Giovanni Sforza, signore di Pesaro, la cui famiglia aveva supportato Rodrigo nell’ascesa al papato. Il rito fu celebrato a Roma nel 1493, con festeggiamenti fastosi in cui la figlia adolescente del pontefice si sentì spaesata ma seppe gestire con maturità il compito che le era stato affidato. Qualche mese dopo raggiunse il consorte a Pesaro, non sapendo che ben presto sarebbe cambiato tutto per lei. Nel 1494, complice la discesa in Italia del re di Francia, Carlo VIII, papa Borgia decise che l’alleanza con gli Sforza non era più vantaggiosa: Giovanni fu accusato di impotenza, il matrimonio con Lucrezia non era mai stato consumato, e quindi da considerare nullo. Lo Sforza, comprendendo le mire della famiglia Borgia, rigettò le accuse e infangò la famiglia, in primis proprio il pontefice affermando che la fine del matrimonio con Lucrezia era stata decisa proprio da lui “per altro che per usar con lei”. L’accusa di incesto non solo mise fine all’alleanza con gli Sforza ma fu anche difficile da metabolizzare per la quindicenne Lucrezia, che decise di rifugiarsi a Roma.

Più vicina al padre, e circondata dagli intrighi della sua famiglia che portarono all’uccisione del fratello Juan da parte dello stesso Cesare, la giovane si innamorò. Lui si chiamava Pedro Calderon, uno degli uomini spagnoli al servizio del papa, che svolgeva funzione di messo tra Rodrigo e la figlia. Il loro rapporto crebbe col tempo, tanto che Lucrezia rimase incinta. La gravidanza fu scoperta presto dal papa e dal fratello Cesare, che decisero per una soluzione drastica: Pedro e la dama di compagnia più vicina a Lucrezia, Pentesilea, furono uccisi e gettati nel Tevere, la ragazza invece partorì, si racconta un bimbo deforme, che fu affidato alle cure di Cesare e che non rivide mai più. Per mettere a tacere le voci, i Borgia ricominciarono la ricerca di un pretendente per Lucrezia e che, soprattutto, portasse vantaggi alla famiglia. Nel frattempo, anche il mondo intellettuale si accorse della giovane Borgia, da Pontano a Sannazaro, gli scrittori decantarono la sua natura poco incline alla buona condotta e più portata al meretricio.

Fu deciso di puntare al figlio illegittimo del re di Napoli, Alfonso d’Aragona, che il padre aveva reso duca di Bisceglie. Considerato uno dei più bei rampolli dell’epoca, tra i due ragazzi fu amore a prima vista. Pochi mesi dopo il matrimonio, Lucrezia era incinta. Dalla Francia, nel 1499, giunse la notizia che Cesare, smessa la porpora cardinalizia, aveva preso in moglie la figlia del re di Navarra. Nuovi stravolgimenti delle alleanze europee compromisero la felicità di Lucrezia: gli Aragona, presi di mira dai francesi nella conquista del Regno di Napoli, ben presto intuirono che i Borgia avrebbero cambiato schieramento, mettendo in guardia il giovane Alfonso. Il duca di Bisceglie, tuttavia, decise di non stare zitto, di protestare col suocero e di riavere la moglie vicino a sé, impegnata a Spoleto per un incarico affidatole dal pontefice. Alfonso la raggiunse, e da lì i due tornarono a Roma, dove nacque il piccolo Rodrigo. La felicità durò poco, tornato dalla Francia e deciso a liberarsi dell’alleanza con gli Aragona, Cesare con un tranello attirò Alfonso in un’imboscata, dopo una cena col papa in Vaticano, sicuramente messo al corrente dal figlio del piano. Per lui non ci fu scampo, e ancora una volta la felicità di Lucrezia fu sacrificata agli interessi della famiglia.

La donna era stanca di sottostare alla volontà del padre e del fratello, insaziabili nella loro sete di potere e vendetta, e poco dopo l’assassinio dell’amato Alfonso decise, seppur malvolentieri, di sposare Alfonso d’Este. Condusse con il padre le contrattazioni pre-matrimoniali e pur di liberarsi della maledizione dei Borgia, acconsentì a lasciare il piccolo Rodrigo a Roma. Il papa, per convincere gli Este della preparazione anche politica della figlia, affidò a lei il governo dello stato della Chiesa quando partì per un viaggio, prima e unica volta in cui il potere temporale ecclesiastico fu concesso, seppur per breve tempo, ad una donna. Le trattative andarono in porto, e così Lucrezia partì per Ferrara, dove gli Este, tra le famiglie più illuminate e in vista del Rinascimento, l’accolsero con sospetto. Eppure Lucrezia, a dispetto della fama che la precedette, diede prova di un carattere mite, molto lontano da quel che si raccontava di lei, tanto che il suocero Ercole le si affezionò moltissimo così come il marito Alfonso, seppur fosse una Borgia. Dopo la morte di Ercole d’Este, Lucrezia e il marito diedero vita ad una corte ritrovo di intellettuali come Pietro Bembo, che dalla giovane duchessa rimase affascinato e a cui dedicò gli Asolani. Lucrezia, che nel ruolo di mecenate si sentiva suo agio, per ringraziarlo gli donò una sua treccia di capelli dorata che lo scrittore serbò gelosamente. Furono anni felici quelli ferraresi, durante i quali Lucrezia fu davvero padrona della sua vita.

Anni dopo visse la morte del padre e del fratello Cesare, i due uomini che più le avevano condizionato la vita e che lei, mettendosi al loro servizio, aveva sempre provato ad aiutare. Dovette affrontare numerosi aborti, la perdita improvvisa del primogenito Rodrigo, la sua ricerca spirituale divenne più intensa, entrò nel terzo ordine francescano e decise di indossare il cilicio. Più che somministrare pozioni e sortilegi, l’avvelenatrice Lucrezia ebbe la vita avvelenata dai miasmi del potere. Nel 1519, qualche ora dopo la nascita dell’ultima figlia, Isabella Maria, Lucrezia fu colpita da febbre puerperale e morì a soli trentanove anni. Definita da tutti per secoli una femme fatale, in realtà fu una donna a cui negarono il diritto di scegliere e di amare.

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