“Mollo tutto! Mi metto a birrificare in Fiera del Levante”. La storia di Paola

by Fabrizio Stagnani

Informatrice scientifica, è partita così la sua carriera. Lavorava per la multinazionale farmaceutica francese Stroder srl. Chiaramente napoletana, tanto dice il suo cognome, con quartier generale a Firenze, ma dislocata in Puglia. Oltre che partenopea, lei nasce biologa, formazione che, grazie anche e sopratutto alla sua forza d’animo, le aprirà più di una strada. In diciotto anni di attività sempre con la stessa azienda, in uno dei settori con il più alto tasso di turnover, ha fatto strada sino ad essere nominata capo area, prima per la Puglia, poi anche per Basilicata ed il nord della Calabria.

L’aver acquisito, circa sei anni fa, responsabilità anche sulle regioni vicine al tacco dell’Italia in realtà nasconde la crisi del settore farmaceutico. Quindi di fatto molte più responsabilità in cambio di non altrettanti riconoscimenti. Nel frattempo, fra le sue tante peregrinazioni, a Bari Cupido aveva fatto breccia, a quanto pare però non aveva usato una freccia ma bensì una forchetta. Malelingue dicono che l’amore sarebbe sbocciato non tanto che per il buon Mimmo Loiacono, ma quanto per il riso, patate e cozze che prepara sua madre. Pochi ci credono di fatto, ma resta la curiosità di assaggiare quanto la suocera sappia cucinare.
Si parla di Paola Sorrentino che in un giorno, probabilmente più disordinato di altri, fra gli impegni con la famiglia, le più sedi di lavoro e tutte le crescenti responsabilità che ne derivavano, si sia fermata e abbia preso il coraggio di gridare: “MOLLO TUUUTTO!”, il nome della prima birra che ha deciso di iniziare a produrre.

Per strutturare il suo percorso di cambiamento Paola alla Laurea in Biologia dopo anni è tornata all’Università, quella di Perugia, per specializzarsi con un corso in agraria. Non paga di questo ha fatto praticantato ad Ostuni insieme ad un maestro birraio tedesco. Cambiare vita è possibile, basta volerlo! E poi il “Birrificio Bari”, uno degli insediamenti permanenti della Fiera del Levante. Non se ne dovrebbe fare menzione, ma proprio per questo è ancora più divertente parlarne, ricorda Loiacono, commercialista ed estimatore in prima persona di birra, che ai sopralluoghi iniziali per il quartiere fieristico uno degli incaricati, farne il nome sarebbe veramente poco corretto, sembra che chiese alla coppia di imprenditori: “Ma quando verrete a fare voi la birra qua si sentirà la puzza come quando sulla tangenziale si passa davanti alla Peroni?”. I neo birrai si tapparono il naso per la battuta, più che per l’idea del “mal odore” e proseguirono per l’impresa. Comunque effettivamente chi passa con frequenza nel tratto di strada statale fra Poggiofranco e Picone sa che è probabile imbattersi nei risultati gassosi della lavorazione della birra. Ed è proprio così anche a due passi dalla fontana della Fiera del Levante per chi ha la fortuna di trovarsi li nei giorni di birrificazione, aroma di malto, lievito e luppolo in fermentazione fresca. 

La Peroni, si sa, è riconosciuta per eccellenza come la bionda simbolo del capoluogo pugliese, ma di fatto non è barese. Della proprietà si è persa traccia prima in Africa, ora in Oriente. Il Birrificio Bari però è il solo che ha il diritto di chiamarsi tale, ovviamente per tempistica nella registrazione del marchio, ma sopratutto per effettiva peculiare unicità territoriale di settore. In concorrenza amichevole in città ci sono brew pub, due, ma per definizione producono al fine di consumo interno. Mentre il Birrificio Bari, birrifica, consuma ed esporta. E negli anni la gamma di prodotti si è anche ampiamente variegata, IPA, lemon golgen ale, lager, dopple bock, pilsner, coffee stout. 

L’artigianalità da Paola, vuole essere una filosofia di vita, basta pensare che già prima lei la birra non si tratteneva a prodursela in casa con due tegami ed i tre alchemici ingredienti. Sostiene che lontani dai disciplinari della grande distribuzione si è liberi, in grado di applicare estro, fantasia e creatività. In questo universo delle birre artigianali serve una bussola però. 

In un mercato che dal 1995 ad oggi conta oltre 800 competitor come ci si riesce a distinguere avendo solo tre ingredienti? “Arricchendo il proprio prodotto con caratteristiche peculiari riconducibili al territorio di appartenenza. Per esempio personalmente ho avuto modo di avviare una collaborazione con la Saicaf per la nostra ‘San Nicola 1087 Arabica’, per la ‘Meridionale’ con il Consorzio degli agrumi del Gargano e la VeeTaste di Santo Spirito per i germogli di borragine. E’ anche in arrivo la partnership con le Cantine Botromagno per quella che sarà una birra aromatizzata al mosto d’uva.”

Sotto il geniale logo raffigurante una caravella dalle vele spiegate che rimandano all’acronimo di Birrificio Bari, sempre tutto li in Fiera del Levante, anche l’unico Museo della Birra in Italia, considerato che gli altri hanno nette connotazioni aziendali, un punto ristoro e tanti corsi di formazione. Insomma tanta buona e sana imprenditorialità meridionale al femminile. Cheers! 

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