“Bellissima”, i sogni comuni di tante madri e quel modo imperfetto, pericoloso e feroce di amare

by Paola Manno

Le immagini che aprono il film sembrano quelle di un provino del Grande Fratello. È il 1951 e molto poco pare essere cambiato da allora. La radio annuncia che il regista Blasetti è in cerca di una bambina tra i 6 e gli 8 anni, di “una bella bambina italiana” che sarà la protagonista del suo prossimo film. Alle porte di Cinecittà un’orda di madri accorre tenendo per mano decine di ragazzine sorridenti.

Nella calca Maddalena ha perduto sua figlia. La ritroverà dopo lunghi minuti, vicino a una fontana. “Non piangere” le dice “e non ti spettinare, altrimenti mamma te mena”. Teme che la figlia arrivi in disordine al provino, non sa che quello sarà solo l’inizio di un cammino faticoso verso un cambiamento importante. In una delle sue più intense interpretazioni, quella in “Bellissima”di Luchino Visconti, Anna Magnani racconta le certezze granitiche della maternità che si sgretolano di fronte alla realtà.

Il film nasce da un soggetto di Cesare Zavattini, in seguito pesantemente rielaborato, ispirato dalla storia vera di una madre che tormentò Blasetti per convincerlo a scegliere sua figlia come protagonista di un suo film, perché la considerava, appunto, “bellissima”.

Sulla pellicola, sul suo rapporto con il neorealismo, sul suo presunto abbandono da parte di Visconti, la critica ha molto discusso esprimendo opinioni profondamente differenti. Convinzione comune resta tuttavia quella che la forza della narrazione sia indissolubilmente legata all’interpretazione di Anna Magnani, una delle più celebri dive dell’epoca. La Magnani aveva interpretato più volte una donna del popolo, tra le quali l’indimenticabile Pina in Roma città aperta, nel 1945, e la combattiva Onorevole Angelina, nell’omonimo film diretto da Luigi Zampa nel 1947. Anche nel film di Visconti la protagonista è una popolana, una donna forte, sfacciata, caciarona, che sogna per la figlia Maria una vita diversa dalla propria. Vorrebbe vederla crescere libera e indipendente, felice, vorrebbe che diventasse una star del cinema per non esser costretta, come lei, a lavorare dalla mattina alla sera per poche lire e a subire, qualche volta, le botte del marito. Maddalena critica con sarcasmo le altre donne “Me fanno ridè le altre mamme, mia figlia qua, mia figlia lì” ma lei non è diversa, anche lei è convinta che sua figlia sia la più carina di tutte, lei pure venderebbe l’anima al diavolo per vederla protagonista del film. Così la vediamo girare per Roma a fare iniezioni a commendatori e ricche, annoiate signorine, felice che la gente si ammali e la chiami, perché lei ha bisogno di soldi per comprare un vestito nuovo per Maria e per pagarle il parrucchiere. Maddalena cede persino alla richiesta di una grossa somma di denaro da parte di un collaboratore del regista (interpretato da Walter Chiari) affinché possa garantirle una raccomandazione. È una donna che si muove con estrema sicurezza, riuscendo a mettere da parte anche i sensi di colpa verso il marito perché al centro di tutto, più forte di tutto, l’amore materno pare non doversi chinare di fronte a nessun ostacolo.

Anna Magnani riuscì a lavorare sul set con estrema libertà, riuscendo più volte a imporre scelte non discusse con il regista: resta celebre la scena in cui Maddalena, seduta sulla panchina del luna park, disperata dopo l’umiliazione subita dalla bambina durante il provino, grida “Aiuto!” in un pianto straziante e liberatorio, non previsto dal copione.

“Bellissima” è un film sulle grandi delusioni della piccola gente, è stato scritto in un articolo apparso su La Stampa. Ma è anche un film che racconta, nello specifico, i sogni comuni di tante madri che a me pare restino sempre gli stessi. Riguardo il film e riconosco l’ansia dei lunghi pomeriggi tra corsi di inglese e lezioni di danza, seguiti dalla dizione e dal nuoto sincronizzato, riconosco la preoccupazione per gli zaini pesanti e il rapporto con gli insegnanti, vedo le chat delle mamme piene di ostentate certezze, vedo i sacrifici per cose che forse, probabilmente, i nostri figli non ci chiedono, come la piccola protagonista del film sempre in lacrime, davanti al fotografo, dal parrucchiere che le taglia i capelli, Maria piange persino durante il secondo provino, tanto sognato dalla madre. Vedo, in Maddalena, la grande fatica di una madre ad accettare le proprie debolezze. Vedo in lei molte madri che, in piccoli o grandi obiettivi, ci mettono l’anima ogni giorno. Così, dopo 70 anni, lo stereotipo della mamma italiana, che tanto di noi ha raccontato al mondo attraverso il nostro cinema più celebre, continua a farci sorridere e pensare, e ad emozionare, naturalmente, per il modo imperfetto e pericoloso e feroce di amare.

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