Compie 25 anni Un posto al sole, la soap che da Napoli accompagna le generazioni

by Paola Manno

In un post pubblicato il 21 ottobre, il Presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, ha fatto i complimenti e gli auguri agli attori e ai protagonisti di Un posto al Sole: “una produzione televisiva che ha saputo trasmettere, in tutti questi anni, un’immagine realistica di Napoli e del nostro territorio. 25 anni di Un Posto al Sole sono la dimostrazione della grande capacità organizzativa, della professionalità e del rigore nel lavoro che Napoli sa esprimere. La Regione Campania sosterrà e difenderà questa importante esperienza che crea lavoro e promuove l’immagine di Napoli in Italia e a livello internazionale. ”

La prima puntata della soap opera più longeva d’Italia, infatti, venne trasmessa il 21 ottobre del 1996 e dopo un quarto di secolo è più in forma che mai. Sono circa 1,6 milioni gli spettatori che ogni sera lo seguono e il programma vanta numeri da capogiro: 5.799 sono le puntate andate in onda, per un totale di 104.382 scene girate.

Seguo la diretta FB che celebra il traguardo raggiunto e dopo appena 3 minuti dall’inizio i commenti raggiungono quota 2.000. Peppe Zarbo, attore storico che interpreta il tenebroso Franco Boschi, riporta con orgoglio altri numeri che raccontano il successo: 17.000 gli attori provinati e oltre 100.000 le comparse impiegate. Nell’allegra diretta gli attori raccontano il dietro le quinte, qualcuno ricorda la propria esperienza ultraventennale (l’attore Luca Turco, che interpreta Niko Poggi dal 1999 e che ha iniziato a recitare a 9 anni, parla di un suo personale “Truman show”), ma quasi tutti sottolineano l’importanza della scelta della location ai fini del successo e della longevità. “Napoli è un’ambientazione che offre infiniti racconti” sostiene Nina Soldano (Marina).

La Napoli di Un posto al sole è una città viva, autentica, che mostra le bellezze del territorio e il calore dei suoi abitanti senza aver paura di raccontare anche le sue criticità. Negli anni, le storie che quotidianamente sono entrate nelle case di migliaia di italiani hanno affrontato tematiche quali i bullismo e il cyberbullismo, la violenza sulle donne, la disoccupazione, la mafia. Simpatici siparietti si alternano a storie di amicizia, di amore, di famiglia, ed è proprio così che i personaggi della soap vengono percepiti, e amati, dal grande pubblico: “come membri di famiglia”. Basta leggere i commenti sui social per accorgersi quanto siano seguiti e quanto il pubblico, sia femminile che maschile, si immedesimi nella fiction. Sulle pagine dei social perfetti sconosciuti disquisiscono di eutanasia e tradimento, discutono di mafia e di fecondazione assistita, di coming out e anoressia, d’accoglienza degli stranieri e di diritto alla felicità.

Leggo i commenti con rispetto e curiosità, e quando mi chiedono cosa ci trovi di tanto interessante in “Un posto al sole”, non rispondo mai che è il mio modo di rilassarmi con qualcosa di poco impegnativo, perché mi pare che una risposta del genere tenda soprattutto a sottolineare la leggerezza di un prodotto che, invece, di poco valore non è.

Da sempre considerate un genere minore, le soap opera hanno potenzialità creative inimmaginabili. Degne sostitute dei feuilleton, le soap opera accompagnano da generazioni i pomeriggi e le prime serate di molte e molti appassionati spettatori che per anni hanno seguito le storie e gli intrighi amorosi di famiglie in perenne conflitto. Penso a “Dallas” a “ Beautiful”, a “Sentieri” (nata negli anni ’30 e durata per ben 72 anni!).

Ricordo con affetto i lunghi pomeriggi davanti alla tv a vedere “Rosa Selvaggia”, insieme a mia nonna che era moglie di un minatore e leggeva i classici. La protagonista di quella soap messicana, interpretata da Veronica Castro, è stato il mio primo modello di donna libera. La simpatia per la selvatica, poco istruita Rosa non mi ha certo impedito di conoscere e innamorarmi di Antigone. Tutt’altro, mi ha ricordato, per certi aspetti, molte altre donne libere di romanzi che avrei letto da adolescente. La cultura popolare e quella aulica sono spesso facce della stessa, preziosa medaglia, dove il sacro e il profano si avvicinano senza paura.

Così Un posto al sole è un prodotto che con un linguaggio accessibile a tutti si fa portavoce di messaggi importanti, offre spunti di riflessione e intrattiene con garbo. Non è un caso, io credo, che vada in onda in prima serata su quello che da sempre è considerato il canale dei programmi culturalmente più interessanti, per alcuni snob e radical chic, quale è Rai Tre. E se oggi, dopo 25 anni, le storie degli stessi personaggi non hanno ancora stancato, vuol dire che hanno ancora qualcosa da dire, e non si può far altro che gioire per un traguardo così importante.

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