Elif Şafak, Istanbul la città femmina e l’umanità ostrica della sua scrittura, che cela nel cuore la propria perla

by Paola Manno

C’è qualcosa di magnetico nella scrittura di Elif Şafak, qualcosa a metà tra il racconto ancestrale e quello delle grandi verità, che non hanno tempo.

Leggere i romanzi della celebre scrittrice è come fare un viaggio in un posto lontano, ritrovandoci un pezzo della propria storia, per quanto diversa, per quanto unica. Non è un caso che Elif Şafak sia una delle autrici turche più lette: i suoi libri sono tradotti in più di 30 lingue.

Nata nel cuore dell’Europa, a Strasburgo, da genitori turchi, Elif Şafak è cresciuta in un ambiente culturale stimolante, viaggiando sin da bambina tra Spagna e Giordania. Laureata ad Ankara in Relazioni Internazionali, ha vissuto diversi anni negli Stati Uniti dove ha insegnato all’Università del Michigan e in Arizona, per ritornare poi a lavorare presso l’Università di Istanbul. Decisa, appassionata, la sua penna libera ha raccontato storie che hanno spesso come protagoniste donne che non hanno paura di vivere appieno la propria vita.

Nel suo romanzo più famoso, “La bastarda di Istanbul”, la giovane Armanoush, cresciuta a San Francisco, sente il bisogno di raggiungere la Turchia in cerca delle proprie origini armene ed è qui che incontra la cugina Asya (la “bastarda” del titolo) con la quale scoprirà che l’amore, a volte, è più forte di antichissimi risentimenti. A seguito della pubblicazione e del successo del romanzo, l’autrice ha subito un processo perché ha osato, in una battuta messa in bocca ad un personaggio, denunciare il genocidio armeno. In “Black Milk”, Şafak ha invece affrontato il tema difficile della depressione post-partum, in un libro autobiografico scritto a seguito della nascita della figlia, nel 2006. Il “latte nero” del titolo è l’immagine che denuncia il mito di una maternità felice a tutti i costi, ma è anche la metafora dell’inchiostro che scorre con forza per raccontare il dolore e insieme il suo superamento.

Nell’intenso “I miei ultimi 10 minuti e 38 secondi in questo strano mondo”, pubblicato in Italia da Rizzoli nel 2019, la protagonista è Leila Tequila, una prostituta che viene ammazzata e che ripercorre, negli ultimi istanti, alcuni episodi importanti della propria vita. Dedicato “Alle donne di Istanbul e alla città di Istanbul che è, ed è sempre stata, una città femmina”, il romanzo è un vero e proprio inno all’amore: nonostante il racconto di una morte, è la vita brulicante che vien fuori in tutta la sua potenza perché anche i cadaveri “traboccano di vita”.

Leila è una donna che ha subito molte violenze ma che non ha mai smesso di lottare, alter ego della città nella quale vive e che è molto diversa da quella che il Ministero del Turismo desidera mostrare ai visitatori stranieri: la città sul Bosforo che ha un sonno turchese e fa grandi sbadigli. Una città in cui la gente va sempre di corsa perché in ritardo per qualche altrove, una città nata sull’acqua proprio come Leila, che per tutta la vita si è portata il sale addosso, come una maledizione e insieme una corazza. La città di Istanbul ha una vita propria, con un passato antichissimo e pieno di riti, credenze, tradizioni che si scontrano con il desiderio di chi vuole cambiare, di chi urla nelle università parole nuove come uguaglianza e laicità, o da un corridoio di un bordello parole come diritto e felicità.

Così nei romanzi di Şafak il nuovo e il vecchio si intrecciano nelle numerose voci femminili delle giovani, delle madri, delle prostitute, delle levatrici, delle studentesse, dei travestiti, di tutta un’umanità che come un’ostrica cela nel cuore la propria perla.

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