In ricordo di Martina Di Tommaso

by Paola Manno

Non riesco a trovare le parole per descrivere il dolore, l’ingiustizia e la rabbia che si provano quando due occhi attenti si chiudono per sempre sulle cose che un sensibilità rara ha raccontato. 

Qualche giorno fa si è spenta la voce di una giovanissima, talentuosa cineasta, Martina Di Tommaso, ed io non riesco a non pensare alla fragilità delle nostre vite, al senso delle storie che abbiamo raccontato -che poi sono quelle che ci restano-, alle cose che rimangono in sospeso, a tutto quello che non verrà raccontato. 

Non riesco a trovare le parole per dire il vuoto che notizie come questa ci lasciano dentro, al buco che una persona come Martina lascia nella vita delle persone che l’hanno amata, ma anche nel cinema che verrà.

Penso al film sull’esperienza della Casa delle donne di Roma che stava scrivendo, che aveva ottenuto un finanziamento importante e che non vedremo mai. Penso a Via della felicità, il documentario che me l’ha fatto conoscere, ricordo la lunga telefonata che ha preceduto l’organizzazione della proiezione a Lecce, nell’ambito del festival “Alice e le altre”, dedicato alle opere di registe nazionali e internazionali.

Ricordo l’entusiasmo col quale mi disse “Certo che verrò a presentarlo!”, il fatto che rifiutò di dormire in hotel, perché aveva già un “appoggio” in città e sarebbe stato un peccato per noi organizzatrici del festival “sprecare”(disse proprio così!) risorse per lei. Ricordo l’appassionata presentazione del suo film, uno scambio intenso di riflessioni sul cinema fatto dalle donne, sulla difficoltà di fare cultura in Italia, l’amore per il personaggio della sua opera.

Il documentario racconta infatti la vita di Elisa, una donna che decide di lasciare Bari per la Germania in cerca di una vita migliore per sé e per i propri figli. Il soggetto vinse il Premio Solinas e partecipò al Festival dei popoli nel 2017 e il documentario è riuscito davvero a trasmettere preziose riflessioni. Un lavoro senza fronzoli, senza retorica, poetico e duro, un po’ denuncia e un po’ lirismo: il ritratto di una donna coraggiosa che non ha perso la speranza.

E anche Martina è stata una donna coraggiosa, che non ha perso la speranza. Diplomata al Centro Sperimentale di cinematografia di Roma, aveva deciso di rientrare in Puglia, a Bari, la sua città, dove insegnava all’Accademia del Cinema di Enziteto, una scuola di cinema che ha l’obiettivo di formare giovani studenti grazie a un team di professionisti ma anche di coinvolgere e far interagire gli abitanti del quartiere San Pio con il resto della popolazione cittadina. Una donna che, insomma, credeva che l’arte e lo studio siano un diritto di tutti e che la bellezza si trovi soprattutto nell’intenso brulicare delle persone. Una donna che ha esplorato le periferie, che ha raccontato con delicatezza la vita di chi è lontanissimo dai luoghi che oggi riempiono le storie ambientate in Puglia, quasi tutte concentrate a mostrare con orgoglio splendidi mari ed enormi masserie ristrutturate, dimenticando- o tralasciando apposta- che la Puglia è anche tanto altro.  

E invece per fortuna Martina Di Tommaso ci ha raccontato quell’ “altro”, lo ha fatto senza mai cadere nel facile stereotipo che riguardano i meno abbienti o le donne,  perché il suo obiettivo era quello di raccontare la verità, perché Martina è stata una documentarista vera.

Penso alla sua determinazione, al suo modo così pacato e dolce di esprimersi, alla sua professionalità attenta, alle parole che di certo avranno aperto orizzonti ai suoi giovani alunni. Penso, con il cuore a pezzi, alle storie che Martina non racconterà. Penso che dovremmo riproporre i suoi lavori ancora a lungo, portarli nelle piazze e farli vivere, per far rivivere lei, ma soprattutto per ricordare a tutti che ci sono altri modi di fare cinema: con attenzione, passione e fede. Anche lontano dai circuiti del grande pubblico, perché abbiamo ancora tanta strada da fare per raccontare il mondo così come è davvero ed anche, soprattutto, così come lo vorremmo. 

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