Jane Goodall, “la bionda tra le scimmie” nel documentario di Brett Morgen

by Paola Manno

Quando nel 1960 lasciò l’Inghilterra per la Tanzania per raggiungere il Parco Nazionale del Gombe Stream, la giovane Jane Goodall non era certo la persona giusta per portare avanti quegli studi sugli scimpanzé.

Non ancora laureata, giovane ed inesperta, nei primi mesi fu sempre accompagnata da una guida (uomo) locale, perché una donna non poteva mai essere lasciata sola. “Una bionda tra le scimmie” avrebbero scritto di lei i giornali.

Lo scetticismo che accompagnava la comunità scientifica venne tuttavia spazzato via da quella che è la più importante dote di uno scienziato: la capacità di osservare.

All’inizio non sapevo bene cosa fare -racconta nel documentario biografico Jane, scritto e diretto nel 2017 da Brett MorgenLa cosa che mi sembrava più naturale, era restare in silenzio, e osservarli.


Sulle sue parole scorrono delle immagini di un gruppo di scimpanzé. Interagiscono tra loro, restano in disparte, scrutano l’essere umano che prende appunti su un taccuino, ogni giorno, per molti giorni.

E poi c’è lei, Jane, in queste bellissime immagini di repertorio ha 26 anni, gira in mezzo agli alberi nei suoi pantaloncini corti, le gambe sottili ma forti, gli occhi spalancati. A guardarle così, non hanno l’aria di essere immagini girate per lo studio o per la divulgazione, sembrano piuttosto immagini girate da uno sguardo innamorato. Moltissimi primi piani, il profilo di Jane, tanti sorrisi. Sono immagini piene d’amore. Hanno qualcosa di tenero e privato insieme. Le ha girate il fotografo Hugo Van Lawick e fanno parte delle oltre 100 ore di filmati inediti provenienti dagli archivi del National Geographic, del Jane Goodall Institute e della famiglia della scienziata.

Hugo aveva raggiunto la Tanzania per documentare il lavoro della primatologa e finì ben presto per innamorarsene. I due si sposarono ed ebbero un figlio, che crebbero per i primi anni in mezzo a una foresta. Aver girato e conservato le immagini di quello studio sugli scimpanzé, che è durato 40 anni, è davvero una grande fortuna. Lo sguardo di Hugo è prezioso perché è capace di raccogliere l’insegnamento di Jane dal suo punto di vista, che è poi quello di chi è lontanissimo da una cattedra.

Le immagini raccontano lo sguardo pulito, lontano da preconcetti che permise a Jane Goodall di vedere quello che quel gruppo di scimpanzé era: una comunità.

Il film parte dall’inizio della ricerca, dall’incontro con i primi scimpanzé, ripercorrendo le tappe di una storia entusiasmante: il primo animale che si avvicina all’accampamento in cerca di cibo, l’arrivo degli altri, episodi che raccontano che la prima barriera, quella della paura, era stata abbattuta. E poi la costruzione della fiducia, e poi l’amicizia, e poi l’amore per un gruppo di animali ognuno con le proprie caratteristiche: il vecchio, dolce capobranco, l’iroso giovanotto, la madre attenta, ognuno con un nome proprio. La nascita di un nuovo membro diventa motivo di estrema gioia perché offre la possibilità di studiare, sin dall’inizio, le cure parentali e la nascita di nuovi equilibri. –Gli scimpanzé sono simili a noi più di quanto si pensi. Ho imparato cosa significa essere una buona madre, perché anche nella loro specie ci sono buone e cattive madri. Le madri scimpanzé più vicine ai figli garantiscono ai maschi una posizione migliore nella gerarchia e alle femmine di diventare a loro volta buone madri – racconta Jane, che è considerata la più importante esperta al mondo di primati. Come a dire che il mondo animale ha caratteristiche comuni che spesso trascuriamo, e che abbiamo ancora molto da imparare.


Jane Goodall mostrò al mondo che gli scimpanzé manifestano comportamenti simili a quelli dell’uomo, che sono capaci di ragionare, risolvere semplici problemi, costruire utensili, ma soprattutto che sono capaci di provare emozioni. Facendo parte di una comunità, anche gli scimpanzé si relazionano con gli altri membri del gruppo attraverso un complesso sistema di relazioni. Per la studiosa gli scimpanzé posseggono dunque un certo grado di autocoscienza e, proprio come gli umani, si avvicinano e si allontanano, soffrono e reagiscono e hanno una predisposizione naturale per l’amore, ma anche per la guerra.

Tutto è appuntato, tutto è analizzato e ripreso: i momenti più belli come quelli più difficili, come l’epidemia di poliomelite che colpì la comunità di scimpanzé, debellandola.

Gli studi di Goodall permisero di approfondire la conoscenza dei nostri antenati, ma raccontano anche la bellezza del fare ricerca e l’importanza di offrire nuovi punti di vista.

Il suo giovane cuore non ha smesso di credere in un mondo migliore: oggi è una splendida attivista 86enne che viaggia per raccontare ai giovani l’importanza del rispetto del nostro pianeta.

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