Quale dolce mela

by Paola Manno

Da 25 anni, due volte al mese, vado a cena con le mie amiche. Prenotiamo quasi sempre nello stesso posto, ma ogni tanto osiamo il nuovo, e va bene così. Siamo sempre in quattro, dagli anni del liceo.

Oggi abbiamo quasi 40 anni, siamo madri, lavoratrici: Margherita è un’architetta che gli operai chiamano “signora”, Bianca è una giornalista che lavora 18 ore al giorno e che ha tenacemente difeso il suo diritto di scrivere, c’è Vi che nella vita le ha fatte proprio tutte, dall’organizzatrice di eventi all’insegnante di danza e l’anno scorso ha avuto il coraggio di iscriversi all’Università, e poi ci sono io. Eravamo 4 adolescenti affamate di vita e ora che la vita l’abbiamo presa a morsi abbiamo capito quanto bisogno abbiamo ancora di stare insieme, perché è certo che il piacere di stare insieme è una cosa che non è mai cambiata. I momenti tra donne, tra amiche, che trascorriamo insieme, sono sempre una ricarica importante di energia. Parliamo di tante cose, i discorsi cambiano a seconda dei periodi. Siamo state mesi a parlare di ecografie e poi di pannolini, della scelta della scuola e dei problemi delle nostre figlie e figli, parliamo dell’ultimo film visto al cinema e del romanzo che sogniamo di scrivere.

Ultimamente discutiamo di lavoro, di speranze. Sempre, parliamo di noi stesse. Durante il nostro ultimo incontro, la settimana scorsa, ho raccontato loro dell’idea di questo spazio. Daniela mi ha chiesto di scrivere in maniera più regolare, di tenere una rubrica, ed io ne sono felice, lusingata.

Cosa vorrei che ci fosse in questo luogo, cosa abbiamo voglia, bisogno di leggere? -mi sono chiesta. Di noi, di parlare di noi. Di parlare delle donne. 

Una cosa a cui penso spesso e sulla quale ho riflettuto insieme agli studenti e alle studentesse di alcune scuole superiori con i quali ho lavorato, è la questione dei modelli della nostra vita. Tutti abbiamo avuto dei “miti” che ci hanno ispirato, dei libri che abbiamo amato più di altri, delle persone senza le quali non saremmo stati quello che siamo, dei versi che ci tornano in mente quando ci sentiamo soli, che siano musica o poesia. Ho pensato ai miei modelli, politici, letterari, agli artisti e ai cantanti che ho ascoltato quando ero adolescente e che mi hanno formato negli anni: erano quasi tutti uomini. Il modello non deve per forza essere femminile! –mi ha detto un giorno una ragazza. Certo che no, penso, ma non deve essere neanche per forza maschile. A furia di conoscere, studiare, ascoltare solo uomini, è naturale che siano loro a diventare i nostri modelli. I libri sono pieni di guerrieri, di sovrani, di filosofi, di narratori. Ho scoperto molto tardi che anche le donne hanno scritto durante il Medioevo, che hanno fatto politica, che hanno dipinto, cantato, che hanno vinto gare motociclistiche. Erano pochissime, ma c’erano. Ho avuto voglia di andarle a cercare e mi si è spalancato un universo. 

A un certo punto mi sono ripromessa di comprare solo libri di autrici donne, non per fanatismo, ma per pareggiare i conti. E così tante, tantissime donne sono venute da me. Ho scoperto che la scrittura femminile ha un gusto diverso. In alcuni scritti mi sono sentita a casa. Il pozzo di Natalia Ginzburg. Il dolore di Toni Morrison. Il diritto alla passione urlato da Gioconda Belli. Il tocco di Doris Lessing. La bellezza dell’Agnese che va a morire. La tenacia di Lucia Berlin che non ha mai smesso di scrivere, come la mia amica Bianca. Anna Maria Ortese: perché non l’ho trovata sull’antologia del liceo? Tutti dovrebbero leggere Anna Maria Ortese! Ho capito che è vero che donne non si nasce, ma che lo si diventa. Era una frase incomprensibile, per me, ma poi si è fatta reale: Simone, ci ho messo un pezzo ma alla fine ora lo so. Ho capito che il confronto è un passo necessario. Quante donne hanno fatto cose meravigliose ed io non lo sapevo. Dove siete state in tutti questi anni? Come sarei stata se avessi letto “Una stanza tutta per sé” a 15 anni e non a 25, forse più combattiva, più consapevole, più forte? Come sarei stata se i miei modelli fossero stati delle eroine come Merida piuttosto che la Bella Addormentata, se avessi saputo che c’era una regista che si chiamava Alice Guy che ha girato più di 100 film ai tempi dei famosissimi Lumière, se non fossi cresciuta con le facce di Craxi e Berlusconi a riempire i telegiornali? 

Oggi le cose sono un pò cambiate ma io sento ancora l’esigenza, e la voglia, di restituire alle donne la loro voce. 

Ecco, io credo che è di questo che abbiamo bisogno di parlare: delle altre donne che ci hanno dato qualcosa. Donne che hanno fatto qualcosa di bello. Donne che oggi lavorano per rendere il mondo un posto migliore. Personaggi femminili nei quali amiamo riconoscerci. Una stanza con le porte spalancate in cui potrete entrare e in cui potremo raccontarci cosa abbiamo fatto, cosa facciamo, cosa faremo. Senza paura di sentirsi più fragili.

Come lo chiamiamo questo posto, ragazze? -ho chiesto alle mie amiche. Dopo lunghissime peregrinazioni mentali, abbiamo pensato all’immagine di una mela. La mela della conoscenza che Eva ha avuto il coraggio di addentare. La dolce mela di Saffo : Quale dolce mela che su alto/ramo rosseggia, alta sul più alto; /la dimenticarono i coglitori;/no, non fu dimenticata: invano/ tentarono di raggiungerla.

Le donne che racconterò in questo spazio: come dolci mele, titolo sdolcinato -temo- ma non devo avere paura di ricordarmi che noi donne abbiamo bisogno di pane, di diritti, ma anche di rose, di bellezza. 

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