Una stanza tutta per sé per “giovani affamate ma coraggiose”

by Paola Manno

“Ma, direte. Le abbiamo chiesto di parlare delle donne e il romanzo – cosa c’entra avere una stanza tutta per sé?” è il famoso incipit del saggio “A Room of One’s Own”, scritto da Virginia Woolf nel 1929.

Mi piace che cominci con un “ma”, a dispetto di tutte le regole grammaticali. È una scrittura libera, la sua, specchio del suo pensiero illuminato, e illuminante. Il saggio – un vero e proprio manifesto femminista, è una luce accesa nel buio che ti costringe a guardare la tua vita con altri occhi.

Ho sempre pensato che una delle fortune più grandi, durante l’adolescenza, sia l’incontro con la letteratura. La lettura da adulti non ha solo un altro sapore, ma un altro senso. Ciò che a 15 anni accende un fuoco, a 40 accompagna e illumina il pensiero. Per questo le ragazze, ma anche i ragazzi, dovrebbero leggere Virginia Woolf molto presto. Certamente la mia vita sarebbe stata diversa se avessi letto “Una stanza tutta per sé” qualche anno prima.

Ho pensato spesso alla stanza di Virginia, che era una donna agiata, acculturata: doveva essere piena di libri, di certo c’era una scrivania, molti fogli, un calamaio. Deve aver chiuso la porta di quella stanza molte volte, per restare sola, senza le voci degli altri, senza il rumore della casa, senza il richiamo delle responsabilità, degli impegni, dei doveri. Sarebbe bello sapere quale era il panorama fuori dalla sua finestra. Pioveva spesso? C’era un passerotto che le faceva compagnia? Dove volavano i suoi pensieri? 


La storia di Virginia Woolf, della sua vita tormentata, è molto nota. La scrittrice ci ha lasciato pagine meravigliose di alta letteratura, ma anche diari, scritti personali, pensieri, e questo importante saggio, frutto della rielaborazione di due conferenze che tenne nel 1928 di fronte alle studentesse del Newnham e del Girton College di Cambridge (il titolo originale era Le donne e il romanzo, Women and Fiction).


A seguito delle conferenze, Virginia aveva scritto nel suo diario “Torno ora da Girton dove sono andata a parlare sotto a una pioggia torrenziale. Giovani affamate ma coraggiose, questa è la mia impressione. Intelligenti, avide, povere, destinate a diventare nugoli di maestre. Ho detto loro pacatamente di bere vino e di procurarsi una stanza tutta per sé”.

Perché le sue parole sono, innanzitutto, una lunga lettera d’amore a tutte le donne del mondo. Ma l’opera è anche un vero e proprio atto di denuncia: “Avete idea di quanti libri si scrivono sulle donne? Sapete di essere l’animale più discusso dell’universo?” chiede Virginia alle studentesse. Gli uomini hanno sempre parlato delle donne, le hanno descritte in molti modi, considerate inferiori, divine, streghe, ma la verità, dice l’autrice a gran voce, è che tutti questi libri sono privi di valore, perché scritti alla luce rossa dell’emozione e non alla luce bianca della verità. Per secoli, infatti, le donne hanno avuto la funzione di specchi, dal potere magico e delizioso di riflettere raddoppiata la figura dell’uomo. Perché gli specchi sono essenziali ad ogni azione violenta ed eroica, per ingigantire le loro figure. “La visione allo specchio è immensamente importante, perché carica la vitalità. Se gliela toglie, l’uomo può morire”.

Pochissime sono state le donne che hanno scritto. Woolf ripercorre la vita e le opere di alcune scrittrici, alcune talentuose, coraggiose, altre con uno stile “da donna, ma da donna che ha dimenticato di essere donna”, autrici che hanno scritto con leggerezza, altre con un peso sul cuore. Ne cita diverse, una dopo l’altra, come perline di una collana sottile nascoste in uno scrigno di tesori luccicanti. Perché sono state così poche? Celebre resta la figura della sorella di Shakespeare, che Virginia Woolf chiama Judith: se il famoso scrittore avesse avuto una sorella con il suo stesso talento, quel dono sarebbe stato schiacciato sul nascere -sostiene- perché quella bambina non avrebbe mai imparato a scrivere, ma solo a governare una casa e a crescere bambini, perché l’ignoranza delle donne era una questione culturale. Tuttavia, per quelle poche che avevano avuto accesso ad un’educazione strutturata, dotate di una sensibilità artistica e di una mente aperta, vi era un ulteriore scoglio, che porta l’autrice ad una straordinaria riflessione sulla creazione dell’opera.

Scrivere, dice Woolf, è un’impresa di prodigiosa difficoltà. Bisogna, naturalmente, saper padroneggiare la scrittura, ma anche avere il tempo.


Ecco dunque che la stanza rappresenta un requisito fondamentale per poter essere, davvero, una scrittrice: il tempo in uno spazio proprio. La scrittura richiede un lavoro continuo e ininterrotto, ma di interruzioni ce ne saranno sempre – ripete l’autrice- se il nostro piccolo spazio è un tavolo di una cucina, e il sottofondo il vociare dei bambini. Penso a tutti gli angeli del focolare – il nome fa sembrare dolce la fatica – a tutte le parole che avrebbero voluto dire e non hanno detto, a tutto il sapere che non è stato tramandato, ai pensieri di mille e mille donne che non conosceremo mai. Perché la casa è un posto in cui sentirsi sicure, ma può essere anche una prigione. E, pure, può essere una roccaforte. In quella stanza tutta nostra, noi ragazzine scriviamo su un taccuino i primi versi fragili, che potranno diventare forti, camminare sulle proprie gambe se avremo la costanza, il tempo e lo spazio per poterci lavorare. 


Datele una stanza tutta per sé e 500 sterline l’anno, lasciatela parlare liberamente e cancellare la metà di quel che include ora, e uno di questi giorni scriverà un libro migliore” scrive ancora Virginia Woolf. Rendete la Judith che vive in tante giovani scrittrici una donna economicamente indipendente, e libera di scrivere, e verranno fuori opere straordinarie!

Virginia Woolf è concreta, diretta, propositiva e nonostante i tormenti che l’hanno spinta alla morte, io credo sia stata una donna che ha pensato che le cose si possano cambiare, insieme. Tra i suoi scritti, a me pare che quest’opera sia la più potente, quella in cui la sua voce raggiunge con immediatezza le menti aperte di tutti coloro che hanno, e avranno, la fortuna di incontrarla.

Monk’s House

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