“Io sono io, e me ne vanto”, la storia di Virginia Oldoini, contessa di Castiglione

by Michela Conoscitore

Una bella contessa è stata arruolata nella diplomazia piemontese. Io l’ho invitata a civettare, se le riesce, a sedurre l’imperatore. In caso di successo, le ho promesso che chiederò, per suo fratello, l’incarico di segretario a Pietroburgo. Ieri con discrezione ha cominciato la sua missione, al concerto delle Tuileries.

A scrivere questa breve annotazione nel suo diario fu il conte di Cavour, Camillo Benso: si era agli albori del progetto che prevedeva l’unificazione dell’Italia voluta dal Piemonte e dal re Vittorio Emanuele II, ad ostacolare i piani dei Savoia oltre i Borbone di Napoli nel Meridione, anche l’Austria potenza egemone nel nord del Paese. Il Regno di Sardegna aveva bisogno di alleati forti, che potessero contrastare diplomaticamente e in guerra l’impero Austro-Ungarico. Per i piemontesi, questa speranza era rappresentata dalla Francia e da Napoleone III. Corteggiato da Cavour e dai sovrani austriaci, l’imperatore non decideva ancora da quale parte stare. Così, Cavour giocò la propria ‘regina di cuori’: Virginia Oldoini, contessa di Castiglione.

La contessa, sposa del cugino del primo ministro piemontese, non fu una semplice pedina nello scacchiere internazionale dell’epoca ma un’attenta stratega che accanto alla fedeltà verso il cugino acquisito, affiancò i suoi interessi e una buona dose di narcisismo.

Virginia nacque nel 1837, a Firenze anche se originaria de La Spezia. La sua personalità fin dall’inizio non lasciò adito a illusioni quando il padre, ancora giovanissima, trovò tra la sua corrispondenza dei bigliettini licenziosi. La giovane fu inviata per un periodo in convento, ma ovviamente ne uscì ancora più agguerrita e disinvolta.

A soli diciotto anni sposò il conte di Castiglione Francesco Verasis Asinari, ufficiale e primo scudiero del re Vittorio Emanuele II: Virginia fu chiara col futuro marito, non lo amava. Lo sposava per ottenere libertà e un patrimonio personale. Il conte accettò lo ‘scambio’, e fu così condannato ad amare la moglie senza speranza e condividendola con gli altri suoi illustri amanti. Infatti, è in questo momento che entrò in gioco Cavour nella vita di Virginia; l’Italia si trovava in grosse difficoltà e con pochi mezzi per convincere l’imperatore dei francesi ad appoggiare il Piemonte contro l’Austria.

Eppure, da abile conoscitore della natura umana, Cavour non sottovalutò le debolezze del sovrano: seppur sposato con la cattolicissima Eugenia Montijno, era particolarmente sensibile al fascino femminile. Quindi, lo statista piemontese camuffò il trasferimento del cugino conte in Francia per affari diplomatici con la missione di Virginia: la diplomazia efficace il Piemonte la spostò dai tavoli del potere al talamo reale. “Cerca di riuscire, cara cugina, con il mezzo che più vi sembrerà adatto, ma riuscite!”, scrisse in una delle prime lettere inviate al nuovo indirizzo francese della cugina.

Il primo incontro tra il sovrano e la contessa non andò come sperato, Napoleone stranamente non fece molto caso alla bellezza fuori dal comune di Virginia; ma al secondo incontro, Virginia strategicamente arrivò in ritardo alla festa a cui partecipò anche l’imperatore. I due si incontrarono sullo scalone, Napoleone la notò e le rivolse la parola: “Arrivate troppo tardi, madame”. Lei gli rispose: “No Sire, siete voi che ve ne andate troppo presto.” Lì cominciò la loro relazione, coronata dalla prima notte trascorsa insieme a Compiegne nel 1856.

Divenne l’amante ufficiale dell’imperatore, scandalizzando l’imperatrice Eugenia per la sua audacia e arroganza, la corte francese e avverando il desiderio del cugino Cavour: la Francia appoggiò l’Italia nella battaglia per l’indipendenza contro l’Austria e, in effetti, quella notte con Napoleone segnò il passo più importante verso l’unificazione della nazione. Non a caso, qualche anno dopo, Virginia scrisse nel suo diario: “La mia camicia da notte dovrebbe sventolare assieme al tricolore per celebrare l’Unità d’Italia”.

Questa la storia ufficiale, ma chi era davvero Virginia Oldoini?

Io sono io, e me ne vanto; non voglio niente dalle altre e per le altre. Io valgo molto più di loro. Riconosco che posso non sembrare buona, dato il mio carattere fiero, franco e libero, che mi fa essere talvolta cruda e dura. Così qualcuno mi detesta; ma ciò non mi importa, non ci tengo a piacere a tutti..



In queste poche parole è riassunta la sua essenza: Virginia fu una donna molto in vista nella seconda metà dell’Ottocento, legò a sé nomi importanti perché non si fermò all’imperatore Napoleone III, la sua lista di amanti è lunga, alcuni dicono consti di quarantatrè conquiste (leggenda vuole che riuscì a portare avanti dodici relazioni contemporaneamente).

Oltre all’ambasciatore del Regno di Sardegna, Costantino Nigra, che la favorì sempre nei suoi ritorni in Francia dopo che l’imperatore si stancò di lei e con un’abile mossa dell’imperatrice Eugenia, le fu chiesto di abbandonare la Francia, il suo carnet di amanti annoverò anche re Vittorio Emanuele II, che disse di lei: “Era una giumenta araba, che bisognava tenere a freno, ma riusciva in ogni caso a buttarvi per terra”.

La contessa amava profondamente se stessa, sono almeno quattrocento i ritratti che la raffigurano giunti fino a noi, e ci rimandano l’immagine di una donna diversa dalle altre, non soltanto fisicamente: la contessa di Castiglione aveva la facoltà di poter essere spregiudicata perché sapeva di potersi distinguere, per il suo fisico, era alta e con un portamento regale, aspetto che la distingueva dalle donne dell’epoca piuttosto basse e rotondette; sapeva usare e osare con la moda, i suoi abiti non si allinearono mai al gusto castigato, vittoriano, dell’epoca ma Virginia indossò immancabilmente outfit che lasciavano tassativamente le spalle scoperte, i capelli sciolti che le ricadevano sul petto e gioielli favolosi. In un’occasione, era ancora l’amante di Napoleone, si presentò ad un ballo vestita solo di una sottoveste trasparente; incontrò l’imperatrice Eugenia che la redarguì. Virginia, semplicemente, in risposta le sorrise.

Le eguaglio per nascita. Le supero per bellezza. Le giudico per ingegno”, amava ripetere, mentre rifletteva sulle altre donne. Si percepiva unica, un’entità quasi soprannaturale. Questo atteggiamento, tuttavia, ferì le persone a lei più vicine: il marito, esasperato dai continui e disinvolti tradimenti della consorte, chiese il divorzio. Mentre l’unico figlio della contessa e del conte di Castiglione, Giorgio, che coinvolse nelle sue pantomime fotografiche, odiò la madre nella sua breve vita che si concluse, prematuramente, a venticinque anni.

Per quanto potesse apparire dura e fredda, Virginia fu sconvolta dalla morte del figlio, e si avviò verso il declino. La sua leggendaria bellezza cominciò a sfiorire, tra il 1860 e il 1870 fu un’apolide che visse in varie nazioni non riuscendo a trovare una sua stabile collocazione. Ritornò a Parigi, poco dopo sarebbe morto Napoleone III; nella sua casa di rue Cambon fece coprire tutti gli specchi con dei panni, non voleva vedere le sue sembianze così amate invecchiare e dissolversi. I parigini raccontavano che uscisse solo a notte tarda, quando le strade erano deserte e nessuno poteva cogliere sul suo viso i segni del decadimento.

Nel testamento scrisse di voler essere sepolta nella sua città natale, La Spezia, con la famosa chemise de nuit con cui trascorse la sua prima notte con Napoleone III: la sua volontà, però, non fu rispettata poiché il testamento fu ritrovato tempo dopo la sua morte, avvenuta a Parigi nel 1899, insieme alle scottanti missive che per decenni Virginia aveva inviato a teste coronate e personalità di spicco di quegli anni.

I servizi segreti bruciarono tutto, tranne la fama da femme fatale di Virginia che, attraverso la fascinazione esercitata sugli altri, aveva conquistato tutta l’Europa.

Mi sono sempre sentita fuori posto dappertutto. Non mi sento bene se non quando sono accanto a esseri superiori oppure in mezzo a gente semplice e primitiva. I vecchi barcaioli della Spezia mi adorano! Quando vivevo in città sono stata giudicata altera e superba con i miei uguali, o meglio, con quelli che le leggi sociali mi hanno costretta a trattare come tali..

Virginia Oldoini, contessa di Castiglione

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