Lady Hamilton, dai bassifondi inglesi a icona fashion: la storia della donna che amò e perse tutto per Horatio Nelson

by Michela Conoscitore

Donna, povera e di uno sperduto villaggio nella campagna inglese. Questo significa essere in fondo alla classifica, ultima degli ultimi in un’epoca come quella Regency, tra fine Settecento e inizi Ottocento, quando in Gran Bretagna la ricchezza sfrenata, per nobiltà e mercantile, o anche una piccola rendita ti ammettevano ai livelli più alti della società e ti garantivano, soprattutto, rispettabilità. Ebbene, della rispettabilità Emma Amy Lyon non se n’è mai preoccupata, dovendo provvedere a se stessa fin da piccola anche semplicemente per poter mangiare ogni giorno. Dalla sua aveva l’avvenenza, un candido velo dietro cui celava un’acuta intelligenza, che la condusse a corte e in letti più o meno vantaggiosi.

Emma nacque nel 1765 in una delle meno rinomate contee inglesi, il Cheshire. Il padre era un fabbro, che morì quando lei aveva appena due mesi. La madre si arrangiò come potette, ma riuscì a garantire alla figlia, con le misere entrate, soltanto una vita per strada. Molto giovane, intorno ai quindici anni, Emma decise di trasferirsi a Londra. Il primo lavoro che riuscì a trovare fu presso Thomas Linley come cameriera. Linley era il direttore di un teatro a Covent Garden, ma allora l’attività artistica non era quella che assicurava celebrità al West End, erano i bordelli ad essere piuttosto rinomati. Dopo aver lasciato casa Linley, infatti, Emma per sopravvivere a Londra si vide costretta a prostituirsi presso la casa di Madame Kelly. Tra i suoi clienti, un giorno giunse sir Henry Fetherstonhaugh che la volle solo per sé e la portò nella sua tenuta ad Uppark. Amato trastullo di sir Harry, testimoni affermarono di aver visto Emma ballare nuda per lui e i suoi ospiti sul tavolo della sala da pranzo, quando la giovane scoprì di essere incinta fu accompagnata alla porta.

Tra i convitati di sir Harry, un altro rampollo dell’aristocrazia londinese era rimasto irretito dal fascino di Emma, Charles Francis Greville, figlio del conte di Warwick. Talmente innamorato di Emma, Charles si assunse l’onere di badare a lei e al nascituro, purchè la ragazza andasse a vivere con lui. Dal villaggio sperduto del Cheshire a mantenuta di un conte, Emma poteva ritenersi soddisfatta, d’altronde con un figlio in arrivo, buttata in strada da Fetherstonhaugh, non sarebbe sopravvissuta a lungo. Nacque una bambina, fu registrata all’anagrafe come Emma Carew, ma di lei la madre, economicamente e affettivamente non si occuperà tanto, delegando le sue cure agli uomini che, a loro volta, le furono vicino. Del tutto analfabeta, la relazione con Greville elevò Emma anche culturalmente, facendola entrare in contatto con la créme della società londinese tra cui pittori, intellettuali e collezionisti d’arte come lo zio di Greville, sir William Hamilton, ambasciatore del Regno Unito presso i Borbone a Napoli. George Romney, un pittore della cerchia di Greville, chiese a Charles di poter avere Emma come sua musa, e Greville non vedendoci nulla di male, acconsentì. Fu così che Emma divenne un’icona fashion dell’epoca Regency, grazie ai dipinti di Romney che la ritrasse come dea greca o della mitologia celtica.

Con Charles tutto procedeva splendidamente, fin quando l’uomo non si vide costretto a sposare un’ereditiera per rimpinguare le sue finanze. La scelta cadde su Henrietta Middeton, appena diciottenne, ma a Charles si presentava il problema di piazzare Emma, che se avesse saputo del matrimonio imminente sarebbe potuta diventare molesta e gettare discredito sul suo onore, mandandolo del tutto in rovina. La mentalità maschilista si tradusse in un inganno e in uno scambio: Greville disse ad Emma che sarebbe stato via per lavoro per lungo tempo, e non volendola lasciare sola aveva chiesto allo zio William a Napoli di accogliere lei e la madre, per trascorrere in compagnia quei mesi fino al suo ritorno. In realtà, Charles si era accordato con lo zio, già fortemente impressionato da Emma in passato, di tenerla a Napoli come sua mantenuta. Sir William accettò la proposta del nipote con entusiasmo, non sapendo che l’uomo aveva anche un secondo fine: se il cinquantacinquenne sir William non si fosse risposato, distratto dalla bellezza di Emma, lui sarebbe stato il suo unico erede così avrebbe aggiunto al patrimonio di Henrietta, anche quello dello zio.

Charles, tuttavia, non aveva tenuto in conto l’astuzia della sua ex amata ma pure l’imprevedibilità dei cuori di Emma e dello zio. Preso possesso di Palazzo Sessa a Pizzofalcone, e scoperto l’inganno di Charles, Emma non si perse d’animo, adattandosi alla situazione. Provò ad essere amabile con quell’attempato di sir William tanto da farlo innamorare. Anche Emma si era affezionata a lui così quando le propose di sposarlo, nel 1791, lei accettò senza batter ciglio. La coppia si sposò a Londra, al matrimonio partecipò perfino Charles, e ‘zia’ Emma lo guardò dall’alto in basso: giustizia era fatta. Dopo due giorni tornarono a Napoli, e come moglie dell’ambasciatore e nuova lady Hamilton, Emma dovette industriarsi per progredire nella sua preparazione culturale. I contatti con la famiglia reale erano frequenti per sir William, e fu così che l’ex prostituta Emma entrò nel cuore della regina Maria Carolina, moglie del re Ferdinando di Borbone e sorella della decapitata Maria Antonietta di Francia. Tra le due scattò subito un grande feeling, e ad Emma furono concessi molti privilegi sul cerimoniale di corte, tanto che era ospite fissa sia a Palazzo Reale a Napoli che alla Reggia di Caserta. In quel periodo girarono pettegolezzi sulla natura presumibilmente omosessuale del rapporto tra Emma e la regina, ma nulla ha mai confermato questi sospetti.

Confidente della regina, moglie dell’ambasciatore britannico a Napoli, e iniziatrice della moda delle sciarade che Emma chiamava attitudes, per cui prese spunto dai suoi pomeriggi di posa interminabili nello studio di Romney. Lo stesso Goethe, nel suo viaggio in Italia, ospite di Hamilton, assistette alla rappresentazione di Emma e ne rimase folgorato. Cos’altro poteva desiderare di più l’orfana del Cheshire? Un eroe, il suo personale eroe. Il loro primo incontro fu troppo veloce, anche se ad Horatio Nelson bastò per rendere Emma indimenticabile nella propria memoria. Di ritorno a Napoli, cinque anni dopo, quarantenne precocemente invecchiato senza un braccio, vincitore della battaglia del Nilo ad Aboukir, l’ammiraglio inglese si rivolse ai reali partenopei per avere aiuto contro i francesi. Era il 1798, Nelson era una leggenda vivente e tra i suoi ammiratori compariva anche Emma. I due iniziarono a scriversi, poi insieme col marito decisero di accogliere l’ammiraglio a Palazzo Sessa e, in breve, i due cominciarono una relazione. Dopo quattro anni di matrimonio e nessun figlio, Emma aveva compreso che William era sterile ma, soprattutto, a lui era legata da un profondo affetto ma non dall’amore, quello che provava per Horatio.

I venti rivoluzionari dalla Francia giunsero fino a Napoli, così nel 1799 un gruppo di nobili depose i Borbone e dichiarò la Repubblica Partenopea. L’avventura fu breve, anche grazie all’ammiraglio Nelson e al lavoro diplomatico che, sottobanco, Emma condusse tra lui e la regina. L’ultima richiesta dei reali napoletani a Nelson, prima del loro ritorno a corte dalla Sicilia dove si erano recati in esilio, fu quella di far giustiziare tutti i traditori della corona. La richiesta fu inoltrata a voce dalla stessa Emma, arrivata in extremis sulla nave di Nelson in partenza dal Golfo, perchè gli inglesi avevano deciso di risparmiare la vita ai rivoluzionari della Repubblica. Emma e la regina Maria Carolina riuscirono a spuntarla, così 124 nobili ed intellettuali, tra cui Eleonora Pimentel Fonseca, furono condannati a morte per tradimento.

Nel 1800 Nelson fu richiamato in Gran Bretagna, ed Hamilton chiese di essere dispensato dal suo incarico a Napoli per età avanzata, così i tre tornarono a Londra. La relazione con Nelson procedeva anche con la benedizione di Hamilton. Andarono a vivere insieme prima in una villa a Piccadilly affittata da sir William dove nacque anche la prima figlia della coppia, Horatia. Poi Nelson acquistò Merton Place, dove si trasferirono tutti. Se sir William sembrava avesse accettato di buon grado questo ménage à trois, non era dello stesso parere la moglie legittima dell’ammiraglio che prese le distanze dal marito.

La parabola fortunata di Emma stava per terminare. Dapprima la morte nel 1803 di sir William che, contrariamente a quanto si sarebbe aspettata, le lasciò in eredità solo una modestissima rendita. L’ammiraglio Nelson tornò per mare, nominato comandante in capo della flotta inglese nel mar Mediterraneo. Non avrebbe assistito nemmeno alla venuta al mondo della seconda figlia avuta da Emma, che morì pochi mesi dopo la nascita. Poi ci fu la battaglia di Trafalgar contro la flotta napoleonica, nella quale gravemente ferito, Horatio Nelson perse la vita. Le sue ultime parole furono per Emma e la figlia, e aveva fatto apporre nel suo testamento un codicillo in cui lasciava ad Emma Merton Place e chiedeva al fratello William, erede di tutte le sue fortune, e alla corona britannica di provvedere ad Emma ed Horatia, come favore personale ad un eroe di guerra, fautore della grandezza britannica nel mondo in quel momento. Le sue ultime volontà, comunque, non furono rispettate ed Emma fu estromessa anche dal partecipare ai grandiosi funerali di stato del compagno.

La donna, fagocitata dai debiti e dalla disperazione per la morte di Nelson, lasciò con la figlia l’Inghilterra. Iniziò a bere e a drogarsi col laudano, morendo di cirrosi epatica a Calais a quarantanove anni, dimenticata da tutti.

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