L’essenza voluttuosa di donna Franca Florio, l’irresistibile seduzione della Sicilia Liberty dal «ritmo divino»

by Michela Conoscitore

La signora era appena andata via. Giovanni Boldini, al culmine del suo successo come ritrattista dell’élite europea, al termine di ogni seduta di posa si sentiva allo stesso tempo euforico e frustrato. Perché godeva di lei per un giorno, ma poi tornava alla realtà. Quella sera si lasciò andare ad una fantasia. Il ritratto castigato, commissionatogli dal marito, non esprimeva bene per il pittore la seduzione irresistibile di donna Franca Florio. Così sul suo taccuino decise di ritrarla come meritava la sua bellezza, le lunghe gambe coperte da calze nere e le giarrettiere a tenerle su, a margine appuntò: “Giornata memorabile”.

Il ritratto di donna Franca Florio, così ben descritto nelle pagine di Stefania Auci e terminato dal pittore ferrarese nel 1927, è uno dei suoi più famosi ma i committenti non ne entreranno mai davvero in possesso, a causa del dissesto economico che colpì duramente la famiglia più potente della Sicilia. C’è sempre un inizio e una fine per le vicende umane, anche se per i Florio sembrava che la fortuna gli avrebbe sempre arriso, benedicendo ogni loro impresa. Tutto cominciò nel Settecento quando Paolo e Ignazio Florio lasciarono Bagnara Calabra con le loro famiglie per trasferirsi a Palermo e aprire una spezieria, al mercato della Vucciria. Da lì, fu un crescendo grazie all’audacia e alla spregiudicata sorte che decise in quegli anni di sostenere sempre i Florio. Prosperarono enormemente in terra sicula, superarono le loro più rosee speranze fino a dare vita alla Società Italiana di Navigazione, tra le più imponenti d’Europa con una flotta di ben cento navi, quella a cui il re Umberto I concesse l’appalto per le spedizioni postali e i collegamenti con il continente, nel 1893.

Il 1893 oltre a quest’onore regale, fu anche l’anno del matrimonio di Ignazio Jr. con Francesca Jacona della Motta di San Giuliano, di antica nobiltà siciliana e con ascendenze dai vicerè spagnoli. I genitori di Franca non accondiscesero subito al volere della figlia di sposare quel Florio, che oltre a rimanere il nipote di un droghiere, era anche un fimminaro, malato di donne. Eppure Franca fu irremovibile, lo amava e seppur appena ventenne, sentiva che quello fosse il suo destino. L’11 febbraio la coppia convolò a nozze, ed entrò nella leggenda. Affiatati, innamorati e ricchi, i Florio con l’arrivo di Franca divennero la famiglia regnante di Sicilia. Al passo coi tempi, all’avanguardia e membri attivi del jet set internazionale, la coppia aveva come obiettivo di europeizzare Palermo. Dove il marito Ignazio capitalizzava, lei addolciva e migliorava: la regina di Palermo, come iniziarono a chiamarla, si dedicò moltissimo agli umili e dotò le aziende del marito di asili, rivelandosi una precorritrice dei tempi, permettendo così alle madri lavoratrici di poter mantenere il lavoro, sapendo i figli al sicuro.

Dal teatro Massimo al Politeama, molto di Palermo ancora oggi reca la firma dei Florio che la abbellirono col Liberty, trasformandola in una capitale dove teste coronate, intellettuali e politici facevano a gara per contendersi un invito della carismatica e affascinante donna Franca. La lista degli uomini che erano rimasti colpiti dalla bellezza della nobildonna era infinita, tra i tanti il poeta Gabriele D’Annunzio, che così la descrive:

“…alta, snella, flessuosa, ondeggiante. Ella è bruna, dorata, aquilina e indolente. Un’essenza voluttuosa, volatile e penetrante, emana dal suo corpo regale. Ella è svogliata e ardente, con uno sguardo che promette e delude.

Per il Vate era ‘l’Unica’, per il Kaiser Guglielmo IILa Stella d’Italia’, l’imperatore austriaco Francesco Giuseppe le fece dono di un regalo particolare, un clacson per autovettura che Franca appose alla sua macchina. Quando lei si recava a Vienna, il suo autista suonando il clacson aveva non soltanto la strada immediatamente sgombra ma anche riverenze e ossequi perché quel suono era il medesimo della macchina dell’imperatore. Poi arrivò Giovanni Boldini, i Florio lo conobbero a St. Moritz nel 1898, e Ignazio volle un ritratto della moglie firmato dal più celebre pittore del momento. Boldini si trasferì da Parigi a Palermo, ospite dei suoi committenti, e si mise all’opera. Il dipinto ebbe una storia travagliata, conobbe varie versioni di cui la prima che ritraeva donna Franca in un lungo vestito nero fasciante fino ai piedi e che copriva tutto il corpo. In seguito, Boldini la ‘denudò’, eliminando quella mise castigata e rendendo donna Franca leggendaria, nel ritratto come lo possiamo ammirare oggi, di proprietà dei marchesi Berlingieri che lo hanno fatto tornare a Palermo dopo un lungo viaggio.

L’incarnato diafano, lo sguardo trasognato e perso in qualche pensiero, e poi al collo l’iconica collana di ben 365 perle, lunga sette metri, uno degli innumerevoli doni di Ignazio che andarono ad affollare la cassaforte di famiglia ma non ad alleviare il cuore tradito della moglie. Donnaiolo, Ignazio, lo rimase sempre e dopo ogni tradimento, contrito, donava alla moglie un gioiello, immancabilmente Cartier o Lalique. Ignazio sapeva che quei doni a Franca non bastavano, ma non riusciva a fare a meno di conquistare donne. Franca tenne sempre dentro quel dolore, tranne una volta quando diede libero sfogo alla sua vendetta. Ignazio si era invaghito della bella attrice Lina Cavalieri, tramite le sue amicizie influenti la fece scritturare come protagonista per La Bohème di Puccini sia a La Scala di Milano che al Massimo di Palermo. Qui, donna Franca organizzò una claque che fischiò senza remore l’attrice, la quale abbandonò il palcoscenico tra le lacrime. Non serve aggiungere che la storia clandestina con Ignazio terminò dopo quell’evento.

Ignazio e Franca ebbero cinque figli, la loro gioia e il dolore più grandi: la primogenita Giovanna morì a nove anni, pochi mesi dopo la raggiunse a tre anni anche il terzogenito Ignazio, l’erede maschio della dinastia Florio. Donna Franca rimase nuovamente incinta, nacque Giacobina che, a causa di un destino che continuava ad infierire, spirò poche ore dopo la nascita. Alla coppia rimasero le figlie Igea e Giulia.

La fine dei Florio giunse negli anni Venti, quando lo Stato italiano tolse l’appalto alla Società Italiana di Navigazione, spostando la propria attenzione sul porto di Genova. Uno dopo l’altro, dalla tonnara alla Fonderia Orotea, dall’azienda di ceramiche a quella vinicola di Marsala, i Florio dovettero vendere e pagare i debiti, lasciando sul lastrico ben sedicimila famiglie. In questo crudele capovolgimento una parte considerevole rivestì la fortuna, ma anche l’incapacità di Ignazio che non riuscì ad eguagliare in arguzia chi lo aveva preceduto. Così, i Florio dimenticati da tutti si ritirarono a vita privata. La coppia si divise, donna Franca preferì vivere con la figlia Igea a Migliarino Pisano. Ignazio scelse Roma. Quando Franca morì nel 1950, a 77 anni, il marito si rifiutò di vedere la salma, profondamente scosso dalla morte della moglie. Ultra ottantenne tornò a Palermo, ospite di un nipote, e quando anche lui lasciò questo mondo, la città tutta partecipò ai suoi funerali, tributandogli non solo affetto ma anche l’onore dovuto ad un uomo che, seppur con i propri errori, aveva reso grande la Sicilia nel mondo.

Sempre D’Annunzio scrisse di donna Franca: “Una creatura che svela in ogni suo movimento un ritmo divino”, e fu così che lei visse la sua vita, con uguale levità nei momenti felici e in quelli di dolore, quasi un essere soprannaturale, un astro fulgente che aveva illuminato la Belle Époque siciliana.

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