Teresa Filangieri Ravaneschi, la contessa caritatevole che si dedicò agli ultimi e fondò il primo ospedale pediatrico

by Caterina Del Grande
Teresa Filangieri Ravaneschi

L’arte non è diversa dalla carità. Non vorrei una carità scabra, arcigna e fredda. La carità è amore e non può fare a meno della bellezza.”

Donna molto rispettata e stimata per la sua grande generosità, è passata alla storia per le sue attività socio-assistenziali e le opere umanitarie diventando un riferimento nella Napoli dell’800 e per aver fondato il primo ospedale chirurgico per bambini in memoria della figlioletta perduta tragicamente a 12 anni.

Nipote del celebre filosofo Gaetano Filangieri, figlia del generale Carlo Filangieri e sorella minore di Gaetano Filangieri, principe di Satriano, la contessa Teresa Filangieri,  nata a Napoli nel 1826, divenne una celebre scrittrice, giornalista e protagonista dei salotti nobiliari in un Ottocento maschilista e per lo più chiuso alle donne.

Sposata nel 1847 con il duca Vincenzo Ravaschieri Fieschi, da cui prese quel cognome con cui oggi la conosciamo, Teresa Filangieri Ravaschieri in città tutti la rispettavano per il suo buon cuore: raccoglieva per strada gli indigenti assumendoli in casa come domestici o mantenendoli economicamente.

Dopo l’Unità, la filantropia di Teresa esce però dalla sua sfera privata per imporsi sulla scena istituzionale.

Negli anni Sessanta dell’Ottocento Leopoldo Rodinò la nomina patrona della scuola-convitto per fanciulle cieche fondata da Lady Strachan. Più tardi, il prefetto Mordini la incarica di condurre, con altre benefattrici, un’inchiesta sui reali educandati, e, durante il colera del 1873, il Comitato organizzato per i soccorsi le affida l’organizzazione di cucine popolari gratuite.

Per i ragazzi senza tetto, contribuì ad allestire un dormitorio. Nel 1884, a fianco delle Suore della Carità, ha assistito le vittime del colera. Teresa Filangieri è stata anche una scrittrice, nel 1879 viene pubblicata la sua monumentale Storia della carità napoletana in quattro volumi.

Per tutto il corso della sua vita, continuò a scrivere incessantemente studi, ricerche, saggi, memorie e lettere.

Finché, con questo suo spirito caritatevole, fonda  il primo ospedale chirurgico per bambini in Italia, sorto sul corpo di fabbrica di un antico edificio seicentesco, nel cuore di Chiaia.

Un ospedale dedicato alla memoria della sua unica sua figlia, l’adorata Lina, che morì l’1 settembre 1860 ad appena 12 anni, dopo sei anni di malattia: «Si teneva la testa fra i piedini raccogliendosi su se stessa come un anello… Ritornarono i dolori con la febbre e la mia Lina, mettendosi a letto, mi disse: Mamma mia, la felicità non è per me… Di giorno non mostrava il suo dolore ma di notte la sentivo piangere. Mentre cresceva il suo amore per me, in me cresceva il dolore di vederla soffrire. Di giorno e di notte non voleva che me, eravamo unite da un amore così forte da sembrare che luna prendesse vita dall’altra… Lina, Lina mia – le dicevo – sei stata e sarai sempre la vita della vita mia» è scritto nel libro Io, Teresa Ravaschieri della studiosa Valeria Jacobacci (Fiorentino editore).

Diciotto anni dopo la morte della figlia, Teresa trova questo edificio a Chiaia, un ricovero cadente per le vedove e le orfane di militari borbonici. Ma, per l’esposizione al sole, per quella necessità insaziabile di mantenere vivo il ricordo di Lina, decide che quello era il posto ideale per far sorgere un ospedale, per curare i bambini da quelle malattie infettive che le avevano portato via la sua creatura.

A Napoli, come del resto altrove in quegli anni, l’infanzia era afflitta da rachitismo e deformità osteoarticolari, causata da tubercolosi, sifilide, poliomielite, malnutrizione, difetti di norme igieniche. Lei, quell’ospedale, lo sente come un’urgenza. Ma per ricordare la sua Lina, non vuole un luogo tetro: contatta lo scultore Francesco Jerace e gli affida il compito di realizzare altorilievi e stucchi per dare sollievo ai piccoli infermi.

Il 25 giugno 1879 l’ospedale di Lina Ravaschieri vede la luce e Il «Ravaschieri di via Croce Rossa» come viene chiamato dai napoletani, diventa viatico per una serie di tante altre iniziative assistenziali.

Nel 1903 in Come nacque il mio ospedale, racconta le vicende e la rete di relazioni attraverso cui divenne una figura di primo piano nella filantropia e nella società napoletane.

In quello stesso anno, nel 1903, muore a Posillipo il 10 settembre.

Una figura, la sua, di riferimento e Napoli da poco le ha dedicato una strada in quella che era via Croce Rossa.

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