25 aprile ad Ancona. La difesa della democrazia è dovere di tutti

by Alessandra Belviso

“Anche il 25 aprile del 1945 c’era un bel sole a Milano.  Ma allora non si stava festeggiando, quella fu una giornata di grandi combattimenti in cui molti patrioti persero la vita, quel giorno e nei giorni successivi. Spararono per strada, io c’ero, mi ricordo che ero sul balcone di casa finché arrivò mia mamma, chiuse le porte e abbassò le tapparelle e il bambino che ero capì che stava succedendo qualcosa di eccezionale proprio per il fatto che c’era il buio in camera di giorno”.

Guido Lorenzetti, figlio del vicesegretario del partito socialista clandestino Andrea Lorenzetti morto il 15 maggio del 1945 nel campo di sterminio di Mauthausen, ricorda così la giornata della liberazione dell’Italia dal nazifascismo. “Quella che noi chiamiamo la data della liberazione dovrebbe chiamarsi più precisamente la data dell’insurrezione – prosegue – Il 25 aprile del 1945 alle 8 del mattino il Comitato di Liberazione Nazionale riunito in via Copernico nel Collegio dei Salesiani emanò il famoso proclama: Cittadini, lavoratori, sciopero generale, contro l’occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case e delle nostre officine. Manifestate nelle strade sotto la bandiera tricolore del Comitato di Liberazione Nazionale come a Genova e a Torino ponete i tedeschi davanti al dilemma arrendersi o perire; viva lo sciopero generale viva l’insurrezione nazionale.

Nelle celebrazioni del 25 aprile ad Ancona una piazza gremita di gente ha voluto rendere onore alla memoria di quanti hanno dato la vita per restituire all’Italia libertà e democrazia, in un momento politico particolare, nel quale le dichiarazioni di alcuni politici sembrano voler mettere in discussione una pagina di storia così importante per il nostro Paese e per la nostra Costituzione. “Non è ammissibile che un ministro della Repubblica osi dire che non è indispensabile partecipare alle manifestazioni del 25 aprile – ha commentato la sindaca Valeria Mancinelli – la storia dell’Italia per la conquista della libertà e la democrazia appartiene a tutto il popolo italiano e su questo non possiamo dividerci”.

Partecipare attivamente alle vicende politiche, assumersi quel pezzetto di responsabilità individuale che ognuno di noi ha nei confronti della democrazia e della libertà, informarsi, non credere alle verità consegnate dagli altri ma cercarle, è il significato che oggi i partecipanti alle celebrazioni hanno voluto dare alla parola memoria. “La nostra memoria non è una bandiera o un monumento, è cosa viva, è un impasto di speranze, di lotte, di sofferenze, di eroismi, di vite dei nostri morti e dei nostri superstiti, essa produce conoscenza e consapevolezza, insegnamento e ammonimento” ha dichiarato Lorenzetti.

L’urgente necessità di chiedere a tutti un impegno morale e civile concreto per sollecitare le istituzioni, i partiti e le organizzazioni a combattere ogni forma di razzismo, odio, xenofobia e violenza è il senso di questa giornata del 25 aprile anche per Daniele Fancello, presidente provinciale dell’Anpi, che ha voluto rimarcare l’importanza della partecipazione dei cittadini con le parole di Andrea Lorenzetti “ Ci sono momenti della vita in cui dentro di noi la coscienza chiama e dice: questo è il tuo dovere. E non ci si può sottrarre senza perdere la stima di noi stessi”.

 Andrea Lorenzetti fu arrestato a Milano, prima portato nel carcere di San Vittore, poi trasportato al campo di concentramento di Fossoli, poi trasferito a un lager di Bolzano e infine deportato al campo di sterminio di Mauthasen in Austria. “Continuare a sentire politici tra cui il presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani che parlano di fascismo buono è un oltraggio alla memoria di quanti come Andrea, come Gino Tommasi e come centinaia di altri partigiani e partigiane non si sono piegati al fascismo ma hanno scelto di combatterlo. Oggi grazie al sacrificio di quegli eroi che sono stati protagonisti durante la resistenza non rischiamo più la nostra vita per professare le nostre idee” ha continuato Fancello.

Il 25 aprile del 1945 l’Italia aveva recuperato non solo la democrazia e la libertà, ma soprattutto la propria dignità di paese.  Nei lager nazisti la cui liberazione era imminente molti erano morenti a causa del lavoro schiavistico, delle percosse, delle privazioni e delle malattie e non sarebbero tornati. Ricordarli, riportare alla memoria i loro nomi, è indispensabile per recuperare la volontà di continuare a lottare per i valori e i principi della nostra Costituzione, che non sono dati una volta per tutte.

    Tra questi l’anconetano Gino Tommasi comunista, il leggendario comandante Annibale, medaglia d’oro della resistenza, morto nel campo di concentramento di Gusen, in Austria, 3 ore prima della liberazione il 5 maggio 1945; Tommasi aveva sopportato inenarrabili sofferenze, era sopravvissuto a torture, percosse, marce della morte a Gusen.  Con lui c’era anche Andrea Lorenzetti, vicesegretario del partito socialista clandestino, che prima di morire nel campo di sterminio mandò a un amico una lettera d’addio che si concludeva così: non mi pento di quello che ho fatto, malgrado tutto quello che ho sofferto sarei pronto a ricominciare perciò non mi compiango. I superstiti si riunirono nel cortile dell’ Appelplatz il 16 maggio e approvarono quello che è passato alla storia con il nome di giuramento di Mauthasen che iniziava così: si aprono le porte di uno dei campi più duri e sanguinari, il campo di Mauthasen, torneremo  in tutte le direzioni nei nostri paesi liberati dal fascismo, i prigionieri liberati, fino a ieri minacciati di morte dalle mani del boia della bestia nazista ringraziano dal profondo del cuore le nazioni alleate vincitrici per la liberazione e salutano tutti i popoli al grido della libertà riacquistata. La permanenza di tanti anni nei lager ha approfondito in noi la comprensione per i valori della fratellanza tra i popoli, fedeli a questi ideali giuriamo solidali e unanimi di continuare la lotta contro l’imperialismo e l’incitamento all’odio nazionale. Un’altra medaglia d’oro della resistenza delle Marche, il giovane Achille Barilatti, partigiano combattente con il nome di battaglia Gilberto della Valle, fu fucilato dai fascisti nel marzo 1944; è uno dei ben 1600 partigiani morti in questa regione. La resistenza delle Marche è costata un gran tributo di sangue della meglio gioventù, tra i quali i ventenni Alessandro Maggini e Carlo Sorcinelli, un giovane prete di 32 anni, Don Enrico Pocognoni, anch’egli medaglia d’oro al valore e tante donne il cui ruolo spesso è stato sottovalutato, che combatterono insieme agli uomini contro i nazifascisti: Ada Natali e la giovanissima staffetta Nunzia Cavarischia, la partigiana bambina chiamata Stella Rossa e poi Bianca Sardi.

“Ragazze e ragazzi che mi ascoltate, se tanti vostri coetanei hanno dato la vita per la democrazia e la libertà, vuol dire che ciò era terribilmente importante, voi non siete chiamati fortunatamente ad analoghi sacrifici, però vigilate perché la democrazia e la libertà sono sempre a rischio, per questo non c’è bisogno di avere una dittatura, la democrazia e la libertà si limitano anche con l’aumento delle diseguaglianze, con l’inquinamento dell’informazione, le notizie false, con la creazione di capri espiatori. Ricordate il motto dello scrittore dell’800 Tocqueville la democrazia è il potere del popolo informato, quindi studiate ed informatevi, diffidate di chi vi regala la verità, la libertà e la democrazia non sono acquisite per sempre e nessuno ve le regala per sempre” ha concluso infine Guido Lorenzetti.

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