Le storie, la Storia

by Davide Leccese

Rubo il titolo di questa riflessione da Paolo Mieli, che così titolò, qualche anno fa, un suo libro, perché lo ritrovo utile a sintetizzare questa mia riflessione che scrivo “a bocce ferme” – come suol dirsi – dopo l’ennesima polemica sul significato della shoah e di tutte le carneficine che siamo costretti a ricordare; quelle compiute nel passato e quelle che ancora “la cronaca” deve citare.

I negazionisti, cioè quelli che rifiutano di credere che i campi di sterminio siano avvenuti, quelli che addirittura – se pur sono critici verso la “soluzione-pulizia etnica” operata dal nazismo – non si lasciano sfuggire l’occasione per schifarsi dei rom, degli omosessuali, dei malati di mente che vennero gasati assieme agli avversari politici e agli appartenenti alla razza ebraica.

Accanto a quelli ci metto “gli smemorati”, quelli che non ricordano, che ignorano, che tacciono altre vergogne dei regimi totalitari del passato – vera ignominia dell’umanità – che pure la storia narrata ha tentato in mille modi di tacere, guidata dalla colpevole mano di chi mette un sasso sul verminaio dei comportamenti umani. I Gulag, ad esempio, in cui Stalin e successori hanno violentato la vita e la dignità di milioni di persone.

E i campi di concentramento dei civili europei durante l’ultimo conflitto mondiale? Cosa abbiamo combinato noi italiani nelle colonie d’Africa? Perché dobbiamo insegnare ai giovani che le crudeltà degli altri sono esecrabili e le nostre sono da tacere, da nascondere?

Abbiamo dimenticato quel che è avvenuto in Cile, in Argentina sotto le dittature militari? Vogliamo ancora tacere sulle brutture della dittatura castrista a Cuba? Vogliamo dimenticare gli orrendi massacri perpetrati, da ambo le parti, nelle guerre del disfacimento della Jugoslavia? Dobbiamo tacere – perché fuori dagli interessi territoriali di questa benpensante Europa – quanto sta avvenendo in Africa?

Un’onesta memoria, un insegnamento eticamente significativo denuncia ogni forma di violenza contro la dignità della persona, dovunque sia stata commessa e da chiunque sia stata perpetrata.

Ha imparato l’umanità la lezione? Nient’affatto. Si continua sulla scia della perversione; anzi se prima si usavano le camere a gas, oggi si mettono in atto non solo vecchi congegni di tortura ma sofisticati strumenti di crudeltà per far soffrire prima di uccidere. Guantanamo, Campi di contenzione in Libia, la tragedia palestinese, le prigioni dei Paesi dell’Estremo Oriente, Cina compresa; solo per citarne alcuni.

E, in questo elenco di aguzzini per le proprie ragioni, ci mettiamo tutti, di ogni schieramento, avvertendo – chi ci vuole “partigiani delle ragioni da difendere” – che non si può essere “pacifisti” se non si è interiormente “pacifici”, nemici in assoluto della violenza, rispettosi in assoluto della dignità della vita.

Ci torna a mente quanto scrisse Eugenio Montale: “…La storia non è magistra di niente che ci riguardi”. Siamo noi indifferenti agli insegnamenti alla Storia o ci viene mistificata la Storia da chi ce l’ammannisce sotto l’etichetta della verità ufficiale del “farsi degli accadimenti”?

La pigrizia di questi tempi si concretizza nell’abbandono al fatto che “corre oggi”, alla cronaca distruttrice del pensiero che s’interroga sul passato e si impegna sul futuro. Aveva ragione George Santayana quando diceva: “Chi non conosce la storia è condannato a ripeterla”.

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