Mai più fascismi, la lectio di Luciano Canfora a Bari

by Ines Pierucci

“Mai più fascismi” è il titolo dell’iniziativa organizzata questa mattina a Bari dalla CGIL in occasione delle celebrazioni del 25 aprile. Le poche sedie della saletta della Fondazione Rita Maierotti non bastano per i tanti che vogliono ascoltare la lectio del Professor Canfora e si crea subito un “disagio bellissimo”, così lo chiama la segreteria della CGIL Bari Gigia Bucci quando si decide di scendere in piazza e con un po’ di ritardo e l’amplificazione sulle scale della fondazione, la festa inizia con una folla di 500 persone che canta “Bella ciao”.

Se per il Presidente Sergio Mattarella fu un secondo risorgimento, per il Professor Canfora il 25 aprile è uno dei pilastri fondamentali che oggi viene messo in discussione e vilipeso e che, dunque, vale la pena ricordare.

Diventata festa civile nel maggio del 1949, delle celebrazioni del giorno della Liberazione si discusse nel parlamento del governo del Movimento Sociale italiano contestualmente all’anniversario della nascita di Guglielmo Marconi.

Tra le pagine di un quotidiano milanese di oggi torna la radice della divisione, ovvero la proposta di cancellare il 25 aprile e sostituirlo con il 18 aprile del 1848. Secondo alcuni il vero coronamento della liberazione fu rappresentato dalle elezioni del 48’ perché sconfissero il fronte democratico popolare.

“Invece la resistenza fu un processo corale ricorda il Professor Canfora. L’accusa ai comunisti di aver monopolizzato la resistenza è ridicola perché la guerra di liberazione è stata fondata da formazioni militari spontaneamente formatesi e guidate da molte forze politiche. C’erano ad esempio le numerose formazioni Garibaldi, ben organizzate, disciplinate nonché consapevoli dei limiti dell’azione che si svolgeva, così come le formazioni cattoliche e la brigata ebraica, le formazioni Matteotti del Partito Socialista italiano e quelle di Giustizia e libertà che rispecchiavano il piccolo partito d’azione ma che diedero un enorme contributo.

La capacità organizzativa fu straordinaria e consentì al popolo di insorgere spontaneamente, il Paese che aveva saputo alzare la testa. L’insurrezione nazionale è talmente importante che chi dice che è inutile o che il fascismo non esista più è un qualunquista e un ignorante”.

Nelle pagine conclusive del libro “Aldo dice 26×1” (titolo che ricorda la parola d’ordine dell’insurrezione nazionale nonché lo pseudonimo che ha scelto lo scrittore Aldo Nove) l’autore Pietro Secchia, capo delle Brigate Garibaldi, spiega bene che tra i loro obiettivi non c’era l’imposizione delle vedute di una parte, dice che senza l’aiuto delle truppe alleate “non ce l’avremmo fatta” ma che senza il contributo delle Brigate la campagna di Italia sarebbe stata certamente più lunga e sanguinosa. Per capire la nascita delle nuove destre il professore torna sulla storia ricordando la forza maggioritaria della prima Repubblica, rappresentata dalla Democrazia Cristiana. “Un animale strano perché formata da un vertice antifascista e dalla base che aveva accettato e subito passivamente il fascismo, i dirigenti democristiani hanno preso posizioni antifasciste in molte occasioni. La DC è stata sostituita dalle destre nuove, aggressive e arroganti, la prima incarnata dal partito del Cavaliere e quella attuale di questo straripante movimento xenofobo e oscurantista della Lega, che ha cambiato i connotati: prima ce l’aveva con Garibaldi adesso ha occupato lo spazio della destra ed è una forza cospicua. Dire che il fascismo non esiste significa essere complici di un disegno perverso che può mettere in pericolo il nostro paese in tempi molto rapidi, per questo da domani mattina abbiamo il compito di vigilare, insegnare, contrastare, spiegare, parlare e non piegare la testa”.

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