“Tu sei molto di più di quello che ti accade”. L’eredità di Maya Angelou

by Emiliana Erriquez
Maya Angelou

Maya Angelou è entrata nella mia vita in punta di piedi attraverso la lettura di un articolo che la riguardava, il video del momento in cui durante l’insediamento del presidente Bill Clinton alla Casa Bianca legge la sua poesia ‘On the pulse of morning’, la sua biografia. Quel suo carisma, la sua incrollabile determinazione, la scrittura ricca di passione e amarezza, rabbia e energia vitale, mi hanno fatto innamorare sempre più di questa straordinaria donna. Il desiderio di conoscerla, di approfondire la sua opera non mi ha più abbandonato.

Poetessa, scrittrice e attivista per i diritti civili degli afroamericani, soprattutto delle donne, nota per il suo temperamento d’acciaio e la sua ampia produzione letteraria che spazia dalle sceneggiature ai libri per bambini, dai drammi teatrali ai componimenti poetici fino ad arrivare ai programmi tv, Maya Angelou è diventata una figura iconica di rilievo, una donna dotata di grande sensibilità e forte tenacia, con una biografia così sapientemente articolata dal destino da far impallidire la fantasia di qualsiasi scrittore.

Nascere donna, e nascere nera, significa nel Missouri dei primi decenni del Novecento non contare nulla. La sua vita viene presto segnata da un dramma, una ferita profonda. Violentata dal compagno della madre all’età di sette anni, compagno che paga con la vita questo orribile crimine, Maya Angelou affronta il suo dolore in modo intimo, chiudendosi per sei lunghi anni in un mutismo difensivo che la porta a vivere in una realtà tutta sua. All’età di otto anni, però, la vita le fa un regalo che – Maya non lo sa – la salverà.

“È meraviglioso, per me, essere stata portata in una biblioteca quando avevo otto anni. Avevo subito abusi ed ero tornata in un piccolo villaggio dell’Arkansas. E una signora di colore… sapeva che io non parlavo – mi rifiutavo di parlare – per sei anni sono stata una muta volontaria. Mi portò nella biblioteca della scuola per persone di colore. La biblioteca forse aveva 300 libri. I libri erano stati donati alla scuola per persone di colore dalla scuola dei bianchi e, spesso, non c’erano i dorsi sui libri. Così prendemmo delle tegole, le tagliammo delle stesse dimensioni del libro, ci procurammo del cotone e un po’ di stoffa, e coprimmo le tegole e poi le legammo al posto dei dorsi, così i libri divennero bellissimi. E quelli erano i libri che lei mi portò a vedere. Disse: «Voglio che tu legga ogni libro di questa biblioteca». Mi sembravano migliaia di libri. Nella mia casa in North Carolina ora ho una biblioteca di circa 4000 libri. Ma all’epoca pensai «Posso farcela? Vivrò abbastanza a lungo?». Non dico che compresi quei libri, ma leggevo ogni libro, e ogni volta che andavo in biblioteca mi sentivo al sicuro. Non può succederti niente di male in una biblioteca.”

Soffre sulla sua pelle una condizione di povertà assoluta e presto viene avviata alla prostituzione, diventando madre all’età di diciassette anni. Per mantenersi svolge i lavori più disparati, dalla cameriera, al tramviere (fu la prima donna a guidare un tram in Missouri) all’insegnante, all’attrice, alla ballerina, alla giornalista. Vittima delle terribili discriminazioni razziali, riesce a riaffermare la propria dignità attraverso la scrittura e grazie a una ferrea volontà di ottenere il tanto agognato riscatto sociale. Affianca persone del calibro di Martin Luther King e Malcom X nella lotta per i diritti civili senza mai smettere di riversare sul foglio le proprie emozioni, le proprie sensazioni (in un’intervista disse: ‘Probabilmente starò scrivendo quando il Signore dirà “Maya, Maya Angelou, è ora’”).

Indimenticabile è la sua autobiografia ‘Io so perché canta l’uccello in gabbia’ (precedentemente tradotta come ‘Il canto del silenzio’), affascinante romanzo di formazione che racconta le difficoltà che una giovane donna nera incontra sul suo cammino. Ogni suo romanzo, in realtà, ha tratti autobiografici incentrati essenzialmente sui temi del razzismo e dell’identità, sui privilegi dei bianchi e sul desiderio di rivendicare un proprio spazio nel mondo.

“Se crescere è doloroso per una bambina nera del Sud, rendersi conto di essere fuori posto è la ruggine sul rasoio puntato alla gola. È un insulto superfluo.”

È stata insignita durante la sua vita di numerosi dottorati, lauree ad honoris causa, premi letterari e importanti riconoscimenti civili, tra cui la Medal of Freedom (Medaglia presidenziale della libertà) ricevuta da Obama nel 2011, conferita a coloro che hanno dato: “un contributo meritorio speciale per la sicurezza o per gli interessi nazionali degli Stati Uniti, per la pace nel mondo, per la cultura o per altra significativa iniziativa pubblica o privata“.

Poco conosciuta in Italia, Maya Angelou diventa in America la paladina della difesa dei diritti delle donne e degli afroamericani. Una figura, la sua, la cui forza e determinazione sono capaci di ispirare ogni giorno molte donne nel mondo.

“Potrai incontrare molte sconfitte, ma non devi essere sconfitto. La verità è che sarà necessario affrontare le sconfitte per conoscere chi sei, il tuo potere di rialzarti, e capire che puoi sempre rialzarti, ancora una volta.”

Maya Angelou è morta il 28 maggio del 2014 all’età di 86 anni. Di lei ci resta la sua consistente produzione letteraria, tesoro inestimabile, e l’urgente desiderio di continuare a condurre un’infaticabile lotta per i diritti delle donne, lotta quanto mai attuale.

Spicca, tra i suoi componimenti poetici, la poesia ‘Still I rise’, un inno alla capacità di rialzarsi, una efficace sintesi della sua natura combattiva e resiliente.

Ancora mi solleverò (Still I rise)

Tu puoi scrivere di me nella storia,
con le tue bugie amare e contorte.
Puoi calpestarmi nel fango
ma io, come la polvere, mi solleverò.

La mia impertinenza ti irrita?
Perché sei così cupo?
Perché io cammino come se avessi pozzi di petrolio
che sgorgano nel mio salotto.

Proprio come le lune e come i soli,
con la certezza delle maree,
proprio come speranze liberate,
di nuovo io mi solleverò.

Volevi vedermi spezzata?
Con la testa china e gli occhi bassi?
Le spalle cadenti come lacrime.
Indebolita dalle grida dell’anima.

La mia superbia ti offende?
Non prenderla a male.
Perché io rido come se avessi miniere d’oro
Nel mio cortile.

Puoi spararmi con le parole.
Puoi ferirmi con gli occhi.
Puoi uccidermi con l’odio,
ma io, come l’aria, mi solleverò.

La mia sensualità ti disturba?
É una sorpresa
ch’ io danzi come se avessi diamanti
all’ incrocio delle cosce?

Fuori dalle capanne dell’ignominia della storia,
mi sollevo.
In alto, da un passato radicato nel dolore,
mi sollevo.
Sono un oceano nero, immenso nel balzo,
scrosciando e ingrossando, dò frutti nella marea.
Lasciando alle spalle notti di terrore e angoscia,
mi sollevo.
In un’alba meravigliosamente chiara,
mi sollevo.
Portando i doni che i miei antenati mi diedero,
Io sono il sogno e la speranza dello schiavo.

Mi sollevo.
Mi sollevo.
Mi sollevo.

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