La Foggia livida delle periferie di Fortarezza scuote le coscienze. Il caso del bene confiscato

by redazione

Un auditorium Santa Chiara gremito ha osservato l’illegalità che pesa su tutti, come è stata definita dal procuratore della Repubblica Ludovico Vaccaro, attraverso gli occhi e la sensibilità di Antonio Fortarezza e del suo “La Città Ideale. Le mani nella città”.

Il lungometraggio ha mostrato una Foggia livida, percorsa da ignavia e rassegnazione, contrapposta alla città ideale che potrebbe essere se fosse scossa dall’orgoglio e dal riscatto dei suoi beni archeologici e culturali dismessi, abbandonati, violentati. Come abbiamo già scritto, il film maker riesce a dare nuovo pathos a storie tragiche che i foggiani conoscono, gli assassinii di mafia di Giovanni Panunzio e Francesco Marcone, inframezzando quei lutti e quelle violenze collettive fatte alla comunità oltre che alla famiglie delle vittime con un viaggio nel mondo del volontariato cittadino. Dalla Fondazione Antiusura Buon Samaritano ai Fratelli della Stazione, passando per il Filo di Arianna e per la mensa dei poveri di San Pio X e il dormitorio di Sant’Alfonso.

Il pubblico si ritrova rannicchiato insieme a Giovanna Belluna e al marito Panunzio nella panda nella quale fu ammazzato l’imprenditore edile, in un tratto di strada, dal Comune dove ci fu il consiglio comunale sul Prg Benevolo al luogo degli spari, in Via Napoli, che strazia e commuove. Un pugno nello stomaco fortissimo la testimonianza di Mario Nero, testimone di giustizia di quella violenta sera d’autunno del 6 novembre 1992.

Interviste dopo la proiezione by Vanni Natola

Degrado sociale, delinquenza, quarta mafia. “Abbiamo visto gli invisibili di Foggia, è a scuola che dobbiamo gettare dei semi di legalità”, hanno detto alcuni spettatori intervistati ai microfoni del nostro Vanni Natola.

Daniela MarconeDimitri Cavallaro Lioi, Pippo Cavaliere e Giuliano Volpe sono intervenuti a margine della proiezione. Hanno fatto scalpore soprattutto le parole del presidente dell’Associazione Panunzio. Da mesi sta cercando di organizzare un evento simbolico sul bene confiscato che sarà oggetto di un progetto di antimafia sociale al Salice, intitolato Un uliveto per Foggia, ma tutto tace dall’amministrazione. Come se si avesse paura di dare visibilità all’occupazione del terreno che fu delle famiglie mafiose.

I nomi e i cognomi, come ha detto il Prefetto di Foggia Raffaele Grassi, si conoscono da decenni. Serve solo coraggio. Il lavoro di Fortarezza serve anche questo, al di là della bellezza stilistica. A dare nome e cognome alle periferie e al loro brodo di coltura mafioso.

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