Il 2019 dei cambiamenti climatici, l’anno terribile dell’apicoltura

by Rosalia Marcantonio

Il 2019 sarà ricordato come l’anno nero dell’apicoltura. La produzione annuale di miele è crollata, dimezzata. Le api, stressate dai repentini cambiamenti climatici non ce l’hanno fatta a continuare nel ciclo vitale, e quando hanno resistito lo hanno fatto a fatica.

E’ il risultato dell’incredibile, altalenante andamento climatico dei primi sei mesi dell’anno che ha prodotto danni gravi al comparto apistico, letteralmente in ginocchio in molte zone d’Italia. Secondo il report dell’Osservatorio Nazionale Miele le produzioni primaverili sono state azzerate dal maltempo in gran parte del Paese. Il miele, che tutti conosciamo ed apprezziamo, è solo parte di una filiera delicatissima e complessa, che ruota intorno alla vita delle api, e la primavera 2019 è stata particolarmente dura per gli imenotteri. Gli sbalzi termici, con freddo e addirittura nevischio in montagna a maggio, anche in Puglia, sono stati la causa delle morie di interi alveari. Una piccola ripresa si è registrata a giugno, ma la situazione resta critica, perché i continui sbalzi termici di giugno e luglio hanno peggiorato la già difficile situazione “Per un bilancio definitivo è necessario aspettare settembre – dice Vincenzo Pavone, apicoltore di Foggia, tra i più esperti “L’aumento delle temperature in giugno ha permesso un discreto recupero, ma la tendenza è a macchia di leopardo. Ci sono aree della Puglia che hanno perso oltre il 50% del raccolto di miele di agrumi e di ciliegio, ma sono riuscite a recuperare su altre fioriture, mentre la zona nord, il foggiano, Gargano e Monti Dauni, è quella messa peggio, si spera in una buona produzione del millefiori estivo. Scarso il raccolto anche su tiglio, rovo, trifoglio e coriandolo che hanno patito il repentino innalzamento delle temperature, spesso oltre la media stagionale. Oggi facciamo i conti con le due stagioni di fioriture più difficili degli ultimi anni. Dalle prime stime abbiamo un calo medio  del 50% fino a punte dell’80% della produzione di miele. A questo bisogna aggiungere la scarsa produzione di pappa reale, polline, sciami”.

Per le aziende apistiche significa fronteggiare perdite importanti, e per questo le associazioni di apicoltori hanno chiesto aiuto alla Regione “Ci aspettiamo un intervento a sostegno del settore sia economico, per chi ha subito perdite tali da mettere in crisi l’azienda, sia sotto il profilo sanitario e di qualità della produzione” aggiunge Pavone “Il calo della produzione crea vuoti nel mercato del miele che saranno colmati da quello estero, e che non sempre coincide con un prodotto sano o di qualità come quello italiano”. Secondo Coldiretti nel 2018 l’Italia ha importato 27,8 milioni di chili (da Ungheria e Cina) il 18% in più rispetto al 2017. E quest’anno la quantità che importeremo sarà maggiore. Non è solo il clima ad avere un ruolo fondamentale nella vita delle api e dell’attività apistica. E’ l’agricoltura ad avere una funzione determinante, lo sa bene Pavone, che nella sua azienda agricola  produce uno dei mieli biologici certificati migliori d’Italia “Pressati dalla grande industria l’agricoltura convenzionale ricorre all’uso di potenti diserbanti (glifosate in primis) e pesticidi che sono la principale causa di avvelenamento degli alveari (casi di morie per avvelenamento da fitofarmaci sono stati registrati anche nel foggiano).   

Come se non bastasse, sempre più spesso gli agricoltori sono costretti a coltivare varietà ibride perché produttive. Un esempio? Il girasole un tempo dava polline e nettare in abbondanza, e nella zona dei Monti Dauni si produceva un eccellente miele monoflora, ma oggi trovarne è una scommessa perché il girasole che si coltiva è ibrido, e non produce nettare dunque non è attrattivo per le api. In queste condizioni non faremo molta strada, e non parlo solo di noi apicoltori. Meno api significa calo dell’impollinazione e conseguente diminuzione  della produzione agricola”. Uso di pesticidi, sfruttamento intensivo dei terreni, cambiamenti climatici sono tra le cause principali della perdita di biodiversità, e di cibo per la fauna. E’ urgente, ora più che mai, mettere in atto pratiche agricole sostenibili, magari ripensare ai terreni del demanio, ai pascoli degli usi civici per destinarli a colture nettarifere in funzione dell’apicoltura e della vita stessa delle api. Seminiamo fiori, sarà un’opera di bene!

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