Adolescenti e didattica a distanza: le storie di Vera, Remo e Felicia

by Michela Conoscitore

Si sta facendo un gran parlare di Didattica a Distanza: portata alla ribalta dalla pandemia da Covid-19, la scuola italiana ha ingaggiato, in quest’ultimo periodo, una sfida impegnativa non solo col virus ma anche con problemi strutturali e logistici, legati al confronto inaspettato con l’e-learning. Le difficoltà da superare sono numerose, e per comprenderle, analizzandone non solo gli aspetti cosiddetti tecnici, ma anche quelli emotivi perché la scuola, ricordiamolo, è fatta essenzialmente di persone che instaurano e coltivano rapporti fondamentali per la crescita di un individuo, ho seguito in una loro giornata scolastica, tre ragazzi di fasce d’età diverse, osservando attraverso le loro esperienze, ogni aspetto di quella che sarà, molto probabilmente, una componente rilevante della didattica del futuro.

Possiamo definirlo un grande esperimento collettivo, quello in atto nel nostro Paese attualmente, e che ha colto quasi tutte le scuole impreparate ad organizzare un sistema educativo, quello che si serve del supporto digitale di computer e altri dispositivi tecnologici. Ciò ha confermato, quindi, che la nazione è indietro in questo ambito. Dove, però, manca la preparazione logistica e didattica, sopperisce l’inventiva degli insegnanti, di ogni ordine e grado di scuola.

La campanella, quindi, è suonata anche per me: Felicia, Vera e Remo, tre fratelli che sono i nostri ‘ciceroni’ in questo viaggio nell’universo dei giovani italiani under 18 alle prese, per la prima volta, con la DAD, rappresentano un perfetto range di indagine perché si parte dai sedici anni della maggiore fino al più piccolo che ha nove anni. I ragazzi frequentano l’istituto comprensivo dei Padri Scolopi di Firenze, inoltre Felicia, violinista, porta avanti anche la sua passione musicale frequentando la Scuola di Musica di Fiesole. Scuola e impegni hanno subito un arresto forzato, rivoluzionando la loro quotidianità, ma in sinergia con docenti e genitori, stanno riuscendo a dare una certa consuetudine alla loro vita da reclusi, ormai da un mese, tra le mura domestiche.

La prima che contatto via Skype è Vera, all’ultimo anno delle scuole medie, ha un momento di pausa tra inglese e scienze perché per quanto siano previste dal suo piano di didattica a distanza quattro ore giornaliere di lezione, la tecnologia molto spesso fa le bizze, come mi ha spiegato: “Le lezioni stanno procedendo, e i professori ce la stanno mettendo tutta. Ma è una cosa nuova per loro e per noi, non è semplice. Spuntano problemi ogni giorno, cercano sempre di risolverli presto per permetterci di seguire le lezioni in tranquillità. Però le piattaforme, dove svolgiamo le lezioni a distanza, sono sovraccariche, dato che sono usate anche da altre scuole. Capita che non riesco a seguire per intero una lezione, perché va via l’audio o si interrompe la connessione.” Se a tutti noi sta mancando, in questo mese, il contatto umano, magari anche quello più frivolo con il parrucchiere o il barista, immaginate quanto possa incidere questo periodo sui rapporti, affettivi e di fiducia, tra docenti e alunni. Vera mi racconta: “Se migliorano e si risolvono i problemi, le lezioni a distanza possono andare, magari pensando che non potremo tornare a scuola nemmeno per settembre. Però sto sentendo la mancanza di alcuni professori, in questo periodo è venuto meno il rapporto che avevo con loro e il loro appoggio. La professoressa di italiano ci ha lasciato il suo indirizzo e-mail, così le possiamo scrivere. Ci ha raccontato che si sente sola anche lei, senza di noi”. La campanella virtuale di Vera la riporta sulla piattaforma Google Classroom, e io la lascio ai suoi doveri. Proprio per quanto riguarda gli esami di licenza media, il ministro del Miur Lucia Azzolina ha chiarito che saranno svolti in sicurezza, come quelli di maturità, il benessere degli alunni viene prima di tutto.

Ultima scoperta di questi giorni sono i gruppi Telegram, come Invadiamo le videolezioni che conta ben 1506 membri: qui i ragazzi si coordinano per intrufolarsi nelle lezioni online, supportati da alunni che forniscono loro dati d’accesso, e rendono disagevoli e disturbano le ore di lezione. Un ulteriore difficoltà che si aggiunge alle altre, già molteplici. Effettivamente, per vari motivi, la scuola digitale italiana sta arrancando dato che sta costringendo i docenti a rivedere le proprie metodologie didattiche, a cui si aggiunge l’interfacciarsi con lo schermo di un pc e non con dei volti, magari annoiati, però presenti.

Da un’indagine è emerso che nel sud Italia il 46% delle famiglie non ha il computer o altri dispositivi elettronici, il 33% invece non li possiede nel resto del Paese. Se l’istruzione è un diritto ed è garantita per tutti in Italia, allora questo periodo si spera venga visto come un banco di prova, per aggiornarsi e permettere a tutti di usufruire della didattica a distanza. In merito, sempre la ministra Azzolina ha assicurato di aver stanziato settanta milioni a supporto delle fasce più povere della popolazione, per garantire a tutti l’accesso all’istruzione digitale. Con tale provvedimento, si dovrebbero raggiungere ben 300.000 ragazzi impossibilitati ad usufruire della DAD. Inoltre, il 24 marzo la ministra ha siglato un accordo con la RAI che prevede lezioni in televisione, per i più piccoli.

Mentre mi documento su questo aspetto, Remo, il più piccolo, spunta sullo schermo del mio computer: ha appena terminato i compiti, a giorni attiveranno anche per la sua classe la DAD, per adesso le maestre stanno mantenendo i contatti con gli alunni e impartendo lezioni e compiti attraverso i famigerati gruppi Whatsapp, che se in tempi normali sono visti con sospetto e con un po’ di fastidio, ora si stanno rivelando estremamente utili. In mancanza della DAD, Remo vede la sua maestra grazie al cellulare della madre, e invia i compiti svolti via e-mail, sempre dietro la supervisione dei genitori. L’insegnante di italiano, ogni giorno, incontra i suoi alunni in modo virtuale attraverso dei video, dandogli il buongiorno e nel pomeriggio chiedendogli come è trascorsa la giornata, provando ad alimentare quel rapporto che sta venendo a mancare nel periodo di quarantena, e che è vitale per i bambini delle scuole elementari. Quando chiedo a Remo come trascorre solitamente la sua giornata, lui risponde: “Le maestre sono comunque molto presenti, nonostante la lontananza, quindi fanno parte della mia settimana. Dopo aver fatto i compiti che mi hanno assegnato, gioco. Mi mancano gli amici di classe e le maestre, vorrei tornare a scuola. E uscire, non vedo l’ora di poter tornare a far ginnastica alle Cascine.

Trascorsa la giornata scolastica virtuale, i ragazzi pranzano per poi dedicarsi ai compiti assegnati, ed è in questo momento che parlo con Felicia. Quando lo schermo mi fa entrare nella sua stanza, vedo che ha appena terminato di esercitarsi col violino, un allenamento costante e ancora più necessario, ora che non può frequentare i corsi alla Scuola di Musica. Parlare con lei fa emergere un altro aspetto interessante, da tenere in considerazione per quanto riguarda la DAD, ovvero l’esposizione prolungata e lo stress di una giornata passata davanti ad uno schermo: “La DAD sta funzionando ma è più faticoso del solito. Sicuramente è vantaggioso perché stiamo comunque portando avanti i programmi, e non ci troveremo indietro. Ma stare tutte quelle ore al pc, per me che ho anche la Scuola di Musica, è stressante. La DAD è fattibile, ma preferisco andare a scuola, la reputo molto più utile. E per il violino, sì ho il supporto dei maestri, quotidianamente, al computer o al telefono, ma esercitarsi così in solitaria con uno strumento non è il massimo.” Quando le chiedo quale sarà la prima cosa che vorrà fare, appena ritorneremo a condurre una vita quasi normale, Felicia non ha dubbi nel rispondermi ma aggiunge anche un’altra sostanziale riflessione, che accompagnerà la vita post pandemia, di adolescenti e non: “Sicuramente vorrò rivedere al più presto i miei amici, e tornare a suonare a Fiesole. Sinceramente, quando potrò uscire, sarò contenta ma sì avrò paura, soprattutto del contatto con gli altri e di rimanere in ambienti chiusi con più persone. Magari, dopo un anno, questo timore passerà ma nei prossimi mesi non credo vivrò normalmente le mie giornate, come prima della quarantena.” Lascio Felicia ai compiti, e concludo anche io la mia giornata ‘scolastica’ pensando che questo virus sta testando la caparbietà di tutti, dai professionisti della scuola agli alunni. Soprattutto i ragazzi, che hanno visto piombare nel loro mondo tranquillo e hi-tech, l’imprevedibilità della vita reale.

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.