Vive le cinéma!, Alba Rohrwacher immensamente lontana dal divismo a Lecce

by Paola Manno

Sul palco del festival Vive le cinéma!, a Lecce, durante la masterclass a cura di Bruno Roberti e Luca Bandirali, Alba Rohrwacher parla a voce bassa dentro al microfono, sembra una ragazzina che sta chiedendo il permesso di intervenire in un dibattito.

E invece è una delle attrici italiane più apprezzate del momento, 2 David di Donatello, 2 Globi d’oro, la Coppia Volpi per la miglior interpretazione femminile nel 2014, il Nastro d’argento nel 2016, 3 Ciak d’oro e 3 Premi Pasinetti alla Mostra internazionale del cinema di Venezia, interprete di numerosi film di fama nazionale ed internazionale.

 Nella sua larga t-shirt bianca, coi capelli tirati su, è diversa dalle altre attrici italiane, immensamente lontana dal divismo di tanti e tante che fanno cinema. Le sue risposte alle domande dei relatori lo confermano, a me è sembrata una bellissima conversazione sincera. “Lavorare con Bellocchio è stato facile. E per me il facile è arte”. Utilizza proprio questo aggettivo, legandolo alla naturalezza del fare, alla spontaneità, alla semplicità di arrivare al cuore di un personaggio, di un lavoro, se si è accompagnati da un maestro. A me ha fatto pensare ai versi di Saba “mi incantò la rima amore-fiore/la più antica, difficile del mondo”.

Bruno Roberti afferma che Alba lo fa pensare agli anni ’30, ad Antonioni, a Monica Vitti, l’attrice attraverso il cui corpo passa il movimento del reale. In Alba, lui dice, c’è un aurea antica che tuttavia non impedisce all’attrice di interpretare personaggi moderni in maniera impeccabile. Pensa alle donne dei film di Soldini, ad esempio. Alba racconta il lavoro quasi maniacale del regista attorno ai suoi personaggi, al lavoro intenso con gli attori, all’attenzione per ogni dettaglio che però, davanti alla cinepresa, non si percepisce, e, di nuovo, diventa facile. “Devo a Silvio (Soldini) la capacità di vedermi diversa”.

Si parla poi del rapporto con il cinema francese, che l’attrice dice di seguire ed amare; racconta della sua esperienza con Desplechin, “un autore che ha nutrito i miei sogni”. Per Alba, avere a che fare con il regista francese le ha restituito un enorme senso di libertà, le ha permesso, per lunghissimi giorni, di dimenticare se stessa.

Un film in cui non ha certamente dimenticato se stessa è invece “Le meraviglie”, scritto e diretto dalla sorella Alice nel 2014, che racconta la storia, ispirata alla propria infanzia, di una famiglia di apicoltori. E’ un film in cui si percepisce la sorellanza, in cui il paesaggio ha un ruolo dominante. “Lavorare con Alice è più che essere attrice. Conoscevo il film in maniera approfondita, l’ho visto nascere… trasformarsi attraverso le vari fasi della sceneggiatura, ho assistito ai cambiamenti di azioni, scene e carattere dei personaggi, è stata per me un’esperienza profonda, e dunque…facile”.

Ritorna, la parola “facile”, ed è questo quello che mi resta di questa piacevole serata nel cortile della biblioteca provinciale Bernardini: questa donna dalla bellezza semplice, dai discorsi semplici: stasera mi pare di capirne il successo. Alba Rohrwacher è il volto normale di una donna italiana in cui ci si ritrova, che somiglia a molte altre donne: sensibile, imperfetta, una consapevolezza assodata, un talento non urlato, ma insieme una donna appassionata, che è arrivata sugli schermi di tutta Europa ed è rimasta, mi pare, una persona che non deve dimostrare nulla, e che serenamente racconta che quello dell’attore è un lavoro bellissimo.

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