Bellezza addio!

by Roberto Pertosa

PROLOGO: Porto sempre con me le scarpe da corsa perché, ovunque io sia, la mattina presto vado a correre.

All’alba le città si scoprono e si conoscono meglio, e nella mia continua corsa a ostacoli conosco il valore della vita.

Camminare fa bene alla salute. E’ un toccasana.

Camminare e pensare simultaneamente è la mia medicina contro il tempo e contro ogni malessere.

Camminare, pensare e osservare per apprendere mi aiuta a sopravvivere.

Dovunque voi siate, “rubate” un’ora del vostro tempo, uscite all’aperto e osservate qualsiasi cosa vi circondi.

Provate ad apprezzare o disprezzare, a seconda dei casi, ciò che vi capiterà di vedere.

Imparate a distinguere in maniera netta ciò che vi piace da ciò che non vi piace.

Fate anche una lista, come a scuola, quando si distinguevano i buoni dai cattivi, e appuntatela in un luogo ben in vista della vostra casa.

Decidete voi i criteri delle vostre scelte, e gli “oggetti” da analizzare. Scegliete voi dove guardare, se in alto o in basso, a destra o a sinistra, con il sole o con la pioggia.

Abbiate solo l’accortezza di verificare se vi sia luce nei vostri occhi e sensibilità per distinguere. Possederle non è connaturato, ma occorre fatica immane, e dolore latente, e solo col tempo e la consapevolezza.

Ieri io ho camminato, per l’ennesima volta. E la mia lista è lunga un miglio, talmente lunga da calpestarla, con sottile perfidia, quando mi aggiro per casa, tanto lunga da sovvertire qualsiasi senso delle proporzioni.

E’ banalmente agevole assuefarsi alla Bellezza, ma è altrettanto agevole sopravvivere inconsapevolmente nell’oscurità della sua assenza.

Che la bellezza non fosse più di questo mondo io me ne sono accorto ormai da tempo!

LA CITTA’ DI CARTONE (EPILOGO)

Nonostante la meta fosse lontana, anche oggi sono uscito a piedi per poter osservare meglio, munito come al solito della mia borsa a tracolla, colma come non mai di sogni dal freno a mano tirato, di forza d’animo e del mio farmaco salva-stomaco che il medico mi prescrisse quando cominciai a esercitare la professione di architetto.

Ingredienti necessari ogni qualvolta mi reco nella fantomatica città X, della quale, per amor di patria (e per pudore), non citerò mai il nome; anche perché chiunque abbia cognizione di causa, e abbia avuto la compiacenza di fare un giro di ricognizione, come a me capita per lavoro, comprenderà quanto sto scrivendo.

Prima destinazione del giorno un agglomerato urbano, uno dei tanti, ahimè, ancora in fase di futura espansione, denominato ”città giardino“…. dovrò farmi forza, perché provo sdegno e compassione nel citare, utilizzando il nome assegnatogli dai suoi “ideatori”, questo luogo “ameno”, accozzaglia di soffocanti e orribili metri cubi tramutati in pseudo fabbricati abitativi, parcheggiati come un lotto di macchine da rottamare in un parcheggio abusivo, e nei quali la sostenibilità, termine e concetto inverosimilmente concepito da noi italiani, è solo il modo con cui un fabbricato poggia sull’altro, rubandogli luce, aria e futuro.

D’accordo, forse, prima di incamminarmi lungo un nuovo percorso che non risparmierà altrettante orribili sorprese, urge un buon caffè, nel mio bar preferito, come anestetico all’amarezza che mi attende; e, nell’attesa di essere servito, sfogliando il giornale locale, ecco l’articolo che improvvisamente potrà “aggiustarmi” la giornata: “Ancora a picco il mercato delle case“.

BENEDETTA CRISI !! Non tutti i mali vengono per nuocere. Benvenuta la crisi che “convince” i cittadini a limitare la compravendita di case (inverosimilmente numerose e oltre la domanda) nella città X … e che case! …. e per giunta a prezzi paradossalmente ancora fuori mercato, valorizzando immobili che in altri contesti verrebbero derisi, e facendo la fortuna di “costruttori” (non certo di sogni) “assecondati” da politici assoluti benefattori di demanio pubblico.

Eppure, costruire il bello e il tecnicamente corretto costerebbe medesima fatica anche in termini economici.

Ma in certi contesti culturalmente degradati la Bellezza assume un valore irrilevante solo perché non viene riconosciuta. E quando quelle volte risulta apparentemente riconoscibile, si trasforma in arma di potere in quanto viene erroneamente attribuita come espressione soggettiva.

Ma la Bellezza ha una valenza indiscutibilmente oggettiva traducibile in armonia, equilibrio, proporzione, inquadrabili secondo prospettive infinite, e incute timore perché incontrollabile e sempre sopra le parti.

Perché la Bellezza non è mai un’idea frivola, ma è una costante filosofia senza tempo.

“Essa non è altro che l’inizio di un terrore che tuttora siamo appena in grado di sopportare; ne siamo così intimoriti perché serenamente non si cura di annientarci”.

Elenco dei primi dieci motivi per cui si costruisce “mala architettura” nella strana e fantomatica città X:

1° Negazione di armonia dei gesti architettonici (e non solo);

2° Assenza di cultura estetica e di confronto;

3° Oscurantismo di validi termini di paragone;

4° Appiattimento culturale;

5° Rozzezza mentale anche e soprattutto nelle nuove generazioni (nessun salto generazionale);

6° Assenza di sperimentazione (mai a danno dei committenti), sinonimo di originalità che è nemica della produzione ripetitiva, banale ed oppressiva, e del becero conformismo;

7° Mancanza di criteri di proporzione;

8° Aridità (mancanza) di sogni;

9° Irreversibilità del contesto urbano (?);

10° (ma non ultimo) negazione mentale congenita di ciò che si chiama “esperienza sensoriale”.

La buona architettura nasce sempre dalla sinergia assoluta tra committente e progettista.

Purtroppo, entrambi dovranno essere necessariamente illuminati.

L’immagine è un’opera di Daniel Cuello

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