La felicità sprigionata di Gianni Rodari: Alice Cascherina cascò dentro a una conchiglia, perché amava il mare

by Paola Manno

In un recente, bellissimo articolo di Marco Missiroli pubblicato su La lettura, dal titolo “La Luna si specchia sull’ago di Garda. Si pungerà il naso?” l’autore racconta il sentimento carsico che alcuni libri depositano dentro il lettore, e che viene fuori in momenti imprecisati. Per Missiroli, l’immagine letteraria ritrovata durante una passeggiata a Bologna, è quella del palazzo di gelato in Piazza Maggiore, e dei bambini che lo leccavano, immagine che viene da un racconto di Gianni Rodari contenuto in Favole al telefono. L’autore parla di una piccola “felicità sprigionata” riferendosi alla gioia di riconoscerne un gusto dell’infanzia.

Penso, come lui, che ci sono immagini, personaggi e parole che fanno parte della storia e dell’immaginario di un piccolo esercito di bambini, oggi diventati adulti. Penso alle epifanie letterarie della mia vita nelle quali i posti d’onore sono riservati a personaggi femminili: c’era una fiaba russa che si intitolava “La bambina che calpestò il pane” che non ho mai più ritrovato, con delle illustrazioni che mi facevano paura; poi il verso di una canzone che mi cantava mia nonna sulla “commare Furmiculicchia” che rifiutava tutti i suoi spasimanti perché non li riteneva degni di lei; infine, c’è Alice Cascherina, del mio amatissimo Rodari.

Alice è una bambina che cascava sempre dappertutto. Cascava dentro a una sveglia, cascava in una bottiglia, nel cassetto delle tovaglie, cascava nel taschino di suo padre. Che posto magnifico deve essere, il taschino di nostro padre, anche se ci si imbratta il viso con la penna sfera. Anzi, proprio perché ci si imbratta le guance. Ma quanto è divertente l’idea di una bambina in un taschino tutta sporca d’azzurro?

Una volta Alice Cascherina cascò dentro a una conchiglia, perché amava il mare.

Ma che silenzio, che fresca pace, laggiù e là dentro. Sarebbe stato bello restarci per sempre, vivere sul fondo del mare come le sirene d’una volta”.

Quanta poesia trasmettono dei versi come questi ad un bambino? Quanta fantasia sprigiona nella mente di un piccolo lettore un personaggio audace come Alice Cascherina?

Alice rappresenta la curiosità, la voglia di scoprire il mondo. Di più, Alice è coraggiosa. Non ha paura di affogare nella bottiglia perché l’estate scorsa ha imparato a nuotare a rana. Chiusa in un cassetto non teme il buio perché sa che prima o poi qualcuno lo aprirà per prendere le posate per la cena. Addirittura ci si addormenta nel cassetto. Alice non si stanca di esplorare, di fare domande. È fantasiosa, ama la natura. Durante le vacanze al mare, ogni sera si specchia per vedere se le sono spuntate le pinne sulla schiena. Alice vorrebbe diventare un pesce o una sirena. Ma Alice è anche una bambina affettuosa, responsabile. Dopo le avventure e le disavventure in mare pensa alla sua mamma e al suo papà: “Non posso lasciarli soli. Tornerò a casa, per questa volta”.

Ecco, questa bambina cascherina sbuca fuori ogni tanto in altri contesti. È nella bellezza della scoperta e della curiosità. Mia figlia l’ha cercata nella sveglia, la sera in cui le ho letto il racconto. Il disegno della follettina che nuota in una bottiglia che Elisa ha disegnato il giorno dopo, mi dice la potenza delle immagini. Chissà se tra 20 anni ritroverà Alice bevendo una bibita in bottiglia e penserà alla sua mamma con un libro in mano. Chissà se un giorno, di fronte al mare, raccogliendo una conchiglia speciale penserà che sarebbe bello vivere quella “fresca pace”, se quando conoscerà Ulisse penserà “alle sirene d’una volta”. Penso spesso ai voli che la letteratura, il cinema, l’arte in generale ci permettono di fare, ai nodi che si formano nel nostro sguardo e che ogni tanto si sciolgono e affiorano. Da dove vengono fuori i personaggi di chi scrive storie?

I versi di Rodari -grazie a Dio!- hanno raggiunto un numero enorme di bambini in tutto il mondo. Ho imparato sui banchi di scuola la ricchezza della diversità, grazie alle parole facili facili di un poeta che è stato un maestro. Ci sono parole che ritornano in quello che scrivo, nelle storie, persino nei dossier più tecnici. Parole che non vengono dalle letture recenti, ma proprio dalle prime letture, dalle prime storie ascoltate. Da grande, ancora, ho riscoperto la bellissima figura della cicala che “il suo canta non vende, regala”, che già mi era simpaticissima a 7 anni, figuriamoci adesso che le formiche mi circondano. E ancora, l’immagine di una donnina che faceva la marmellata più buona del mondo, che la faceva con le ortiche, persino, e a un certo punto il re condannò che le tagliassero le mani. Ecco, io non mi ricordo il suo nome come quello di Alice Cascherina che aveva, tra l’altro, un nome simpaticissimo, però ricordo che tutto il paese si ribellò perché un altro re si poteva trovare, ma mani d’oro come quelle delle signora della marmellata no, e allora lo cacciarono via. Tutti insieme. Già, la marmellata che era il simbolo della libertà. Come il canto della cicala. Come la conchiglia di Alice.

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