È sempre una bella cosa quando la realtà sorprende i nostri pregiudizi. La vicenda di Biella, con la cittadinanza onoraria negata a Liliana Segre da un’Amministrazione Comunale miope e odiosa e concessa all’attore ed enterteiner Ezio Greggio aveva messo quest’ultimo nella luce di eroe negativo.
Molte cose contribuivano
a questo facile gioco: il comico paragonato alla testimone delle tragedie del
secolo scorso, la frivolezza un po’ trash alla Veline comparata alla ieratica drammaticità della sopravvissuta
all’orrore, l’essere Greggio un simbolo della tv berlusconiana (conduttore del
mito fondativo della sua saga, il programma Drive
In).
A questo si aggiunge la ciliegina sulla torta della tabe morale dell’evasione
fiscale, utile carburante per la già naturale invidia verso un personaggio
ricco e famoso. Le pietre per il linciaggio erano là, allineate in bell’ordine,
e molti non si sono fatti pregare per utilizzarle.
Poi accade quello che non ti aspetti: non solo il comico si mostra serio come pochi, e rifiuta il riconoscimento; ma spiega come suo padre, Nereo (nome di antico e nobile lignaggio e di grande diffusione nei ceti più poveri del Nord) sia stato per “più di tre anni” (i conti non mi tornano, ma è un dettaglio) involontario ospite di un campo di concentramento tedesco.
Perché è così importante che la ripulsa di Greggio sia dovuta anche all’esperienza di babbo Nereo? Perché in un mondo di plastica, che fa della storia una pantomima deteriore da usare per l’una o per l’altra convenienza d’occasione, ricorda una banale verità.
Questo (la guerra, i lager, lo sterminio) è avvenuto davvero. Non a una insondabile specie aliena, a qualche figura mitologica o leggendaria: è avvenuto qui, è avvenuto a noi; è nelle nostre famiglie, nella nostra memoria, nel nostro retaggio. Qualsiasi astratta proclamazione di valori, qualsiasi Carta o Trattato o Dichiarazione sarebbe un filo di paglia sull’acqua se non fosse fondato su realtà e verità effettuali, riscontrabili, visibili.
Per questo il
negazionismo (cosa diversa dalla sempre meritoria discussione e revisione
storica) è il nemico mortale della civiltà: perché trasforma la memoria in
opinione e l’opinione in vaniloquio. Si dice che Eisenhower ordinasse ai suoi
ufficiali di far filmare quanto gli statunitensi avevano trovato nei lager,
compresi i dettagli più scabrosi. Lo fece “perché
un domani ci sarà qualche idiota che negherà che questo sia avvenuto.”
D’altronde lo aveva previsto lo stesso regime nazista, che, quando nel 1942
a Praga decise la soluzione finale,
si preoccupò di preparare alibi e falsificazioni a futura memoria. Ma per
fortuna ci sono state o ci sono le Liliana, i Nereo, le Anna Frank. È per
questo che a tutti loro dobbiamo intitolare vie, concedere onorificenze,
dedicare scuole. Perché nulla è più labile della memoria umana, specialmente se
è tanto bello e consolatorio credere che sia stato tutto null’altro che un
brutto sogno, un incubo che non può tornare. Tornerà, se dimenticheremo.
Annoto a margine un dettaglio non trascurabile. Greggio ha rifiutato
un’onorificenza proposta dai suoi conterranei (è nato a Cozzato, in provincia
di Biella). Ha dovuto scegliere fra una gloria domestica, notoriamente le più
difficili e le più dolci, e un principio più largo, Nell’Italia del particulare
e del familismo amorale, tutto avrebbe deposto per la prima opzione.
È davvero bello che, assestando un sonoro ceffone ai nostri preconcetti e alle nostre amare previsioni, abbia invece optato per la seconda. Attestando fra l’altro la bontà e l’efficacia dei valori trasmessigli da Papà Nereo.