La Maschera della Morte Rossa, il racconto di un’epidemia di Edgar Allan Poe

by Claudia Pellicano

Nel 1845 Edgar A. Poe pubblica una serie di racconti di rara suggestione, tra cui uno dei più celebri è sicuramente La Maschera della Morte Rossa. La storia narra di un’epidemia che decima il regno del principe Prospero il quale, per sfuggirle, si rifugia in un castello assieme a un migliaio di amici vigorosi e di ilare cuore.


Dopo svariati mesi di isolamento, per intrattenere gli ospiti, viene bandito un ballo che si svolge in una teoria di sette magnifici saloni, ognuno diverso dall’altro. I cortigiani si riversano in ogni angolo del maniero, tranne in una stanza dalle tende nere e le finestre rosse, che le conferiscono un aspetto particolarmente sinistro. A mezzanotte fa la sua apparizione un personaggio che fino ad allora nessuno sembrava aver notato e che desta dapprima stupore, poi un autentico disgusto nei presenti. Prospero non pone freni alla fantasia dei travestimenti, ma l’intruso sembra aver peccato di cattivo gusto: il suo costume pare un sudario, e la maschera presenta una straordinaria verosimiglianza con il volto di un cadavere vinto dalla Morte Rossa.  Il principe, in preda a un accesso di collera, si scaglia contro l’ospite indesiderato, ma ne viene sopraffatto, e cade a terra senza vita. La stessa sorte, poco dopo, tocca a tutti i presenti.

L’epidemia che occupa attualmente le prime pagine di cronaca di tutto il mondo non somiglia alla Morte Rossa descritta di Poe, se non per la scompostezza delle reazioni e l’ondata di timori che ha generato.

Ci sono nel cuore dei più spensierati delle corde che non possono esser toccate senza produrre emozione.

Per certi versi la paura è un sentimento adulto, maturo, consapevole. Solo un folle o uno sprovveduto ne sono completamente sprovvisti. Siamo tutti esposti alle nostre emozioni, il discrimine è tra chi le governa e chi ne è governato. La paura cede il passo al panico quando perdiamo il contatto con la realtà. Il panico è irrazionale e porta a vedere anche quello che non esiste. Ci conduce ad attribuire la fisionomia di una pestilenza ad una sia pur contagiosa e, in determinate, ma circoscritte condizioni, perniciosa influenza. 
Prospero ha ragione ad aver paura, ma a nulla porta il suo isolamento. Presto si comprende che il controllo assoluto è un’illusione. L’unico imperio sperabile è quello che esercitiamo su noi stessi, e l’unico baluardo al panico è la prevenzione che deriva dalla conoscenza. Temiamo quello che non conosciamo. Ci corre un brivido lungo la schiena se di notte incorriamo in uno sconosciuto, ma ci rincuoriamo se ravvisiamo un volto noto.

L’abbazia fu abbondantemente approvvigionata. Grazie a queste precauzioni i cortigiani potevano sfidare il contagio. Al di fuori il mondo si sarebbe aggiustato come possibile. Intanto sarebbe stata una pazzia affliggersi e darsi pensiero. Il principe aveva pensato a tutti i mezzi del piacere. C’erano dei buffoni, degl’improvvisatori, dei ballerini, dei musicisti, il bello sotto tutte le forme e il vino. Dentro dunque, tutte queste belle cose e la sicurezza. Di fuori, la Morte Rossa.

Una delle riflessioni più ricorrenti di questi giorni, volta a rassicurare gli animi, è che il virus sarebbe particolarmente pericoloso solo in persone anziane, con scarse difese immunitarie o con una patologia pregressa. Quello che sgomenta è l’assenza di empatia, un senso quasi di sollievo che accompagna la trasmissione di  un’informazione di carattere scientifico come questa. Come se anziani e malati fossero dati di una statistica. Come se un loro contagio risultasse meno grave.

Le difficoltà spesso rappresentano una cartina di tornasole su chi siamo. Uno degli imperativi della vita è conoscere se stessi, e il modo più efficace per farlo è mettersi alla prova. È davanti alle emergenze che scopriamo se, sia come singoli, che come comunità, siamo capaci di insipienza o intelligenza.

Un altro grande della letteratura ha scritto che quando il mare è calmo, tutte le navi mostrano uguale maestria nel navigare. Questi mesi saranno una verifica anche per le nostre istituzioni, che potranno scegliere se dimostrare senso di responsabilità o una propensione allo sciacallaggio.
Come sempre, abbiamo dinanzi a noi la possibilità di una scelta. Possiamo mostrare il nostro volto migliore o quello peggiore. Per una volta, proviamo a tendere al meglio.  

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