Landella vs Cavaliere: il confronto ai chiari di Luna

by Felice Sblendorio

Serviva la luna o, meglio, i chiari di luna di Micky de Finis per offrire al pubblico dell’etere televisivo foggiano il primo (vero) confronto fra i candidati alla carica di sindaco della città di Foggia. 

Dopo il primo duello liquido in casa Tele Dauna, ingarbugliato e parecchio scomposto, fra tempi poco rispettati e una tendenza molto debole nell’orientare e arginare il confronto, ieri sera Tele Foggia ha messo su un momento degno della sfida elettorale che si concluderà domenica 9 giugno con il turno di ballottaggio. 

Accanto a de Finis, poliedrico mattatore del piccolo schermo di Capitanata nelle vesti più di metronomo del match che di conduttore barocco, il direttore del Tg Carmine Troisi e i giornalisti Paola Lucino e Michele Loffredo. A dominare la scena, però, fra una luna calante e una crescente i due sfidanti: Franco Landella e Pippo Cavaliere

Un confronto televisivo a pochi giorni dal voto è un po’ una fenomenologia del mood foggiano, di quello stile che entra in un contatto viscerale con il proprio popolo di riferimento per orientare, evocare e indirizzare il voto. 

Se “il passato è tutto, e siamo suoi”, come scriveva un poeta, la prova è certa sul campo di battaglia dello scontro cittadino: più che di futuro, della città che verrà, lo sguardo è ritornato molto spesso al passato, in una cronologia dei tempi che furono che ha toccato Mongelli, Ciliberti, Agostinacchio, Chirolli: mancavano solo de Luca e Barone, amministratori del Regno di Napoli, oramai troppo stagionati per suscitare evocazioni di fastidio o disturbo. 

A cavalcare la scena su questo tema è stato proprio Franco Landella, sindaco uscente e candidato della coalizione di centro-destra, che ha centrato l’obiettivo e il target di riferimento con una serie di simboli, intercalari, frecciatine indifferenti e fintamente estemporanee che hanno colpito l’avversario. 

Landella ha studiato (bene) il copione, ha assimilato una narrazione radicale e un principale storytelling sul suo personaggio e sul sentimento da opporre al suo competitor. La sua è la città della rinascita, del sorriso, di Fausto Leali e il galluccio, del 24 dicembre, dell’isola pedonale, del Foggia Calcio, emblema di vita o di morte, che Landella rivendica come un simbolo da difendere e proteggere: cosa ne vuoi sapere del Foggia, o caro Pippo, se tu tifi Napoli, ricorda a favore di telecamera con un sorriso sornione. Il resto è costruzione di agenda e priorità da difendere: il passato ereditato, i debiti fuori bilancio che espone con un faldone di carte (l’evocazione berlusconiana con i fogli in mano funziona solo con una manciata lucidissima di risma), l’accozzaglia della coalizione opposta e il leitmotiv continuo: ricondurre Cavaliere al centro-sinistra, al Pd, nel micro a Mongelli e ai tempi bui della spazzatura fra le strade di Foggia alla vigilia di Natale, nel macro a Renzi, l’immigrazione clandestina, l’insicurezza favorita con l’apertura delle frontiere. 

Cavaliere gioca sul terreno opposto: più pacato, serio ma non serioso, attento agli spazi e ai limiti delle regole del dibattito. Aiutato dalla moderazione più ferrea del secondo confronto, ha ripreso la carica giusta e si è permesso qualche piccolo lusso ironico, come quello di contare quante volte è stata pronunciata da Landella la parola “centrosinistra”. Il profilo qui è radicalmente diverso: più che le polemiche, più che le storie del passato, Cavaliere ha cercato di confrontarsi opponendo la sua storia e la sua persona contro quella di Landella, per far passare il messaggio che sono soprattutto i valori di chi ha il massimo grado di responsabilità ad indirizzare il corso di una stagione politica. 

Sicuramente non in possesso della grinta sprezzante di Landella, Cavaliere ha dimostrato un rigore e uno stile di garbo educato non indifferente, che non l’ha fatto cadere nelle trappole suicide, abbastanza noiose e controproducenti, che in passato hanno ridicolizzato la cultura, la dizione e le parole del competitor. Cavaliere lo sa, quelli sono punti in meno che non coinvolgono emotivamente neppure l’odiata categoria delle maestrine con la penna rossa: meglio sorvolare. Così, svolta bene sull’essenziale e parla di etica, legalità e trasparenza, per ricordare che non c’è futuro, nella città centro e vortice della quarta mafia, se non si parte seriamente da qui. 

Alla fine della fiera, quando la luce rossa della telecamera finisce il suo turno, la sensazione è sempre quella: questi esercizi di confronto, in larga parte, sposteranno ben poca cosa. In uno spettro politico così polarizzato, è difficile conquistare l’opinione, l’analisi, il senso delle cose, la misura. È ancor più difficile, inoltre, per le maschere dei competitors, per la loro narrazione, che in una sfida puramente maggioritaria deve opporre un contrasto, far notare le molteplici sfumature che abitano i fatti della vita pubblica di una città complessa e difficile come quella di Foggia. 

La politica è soprattutto fatta da sfumature, di emozioni intermedie. Va bene tutto, quindi. Però, due piccole annotazioni centrali: a Cavaliere il consiglio di creare empatia, di sostenere quel sogno di città che vuole, di stringere un rapporto emozionale con i suoi elettori, capace anche di suscitare un po’ di sano attaccamento verso alcuni simboli “pop”, cioè popolari, della città. A Landella di parlare maggiormente dei risultati ottenuti e di politica, che è l’arte di quello che non è ancora stato fatto, non ripetendo più alcune parole con quei ritmi così antipatici e assillanti: quella tecnica, che danneggia la sua grintosa e vitale forza comunicativa, è utilizzata con i bambini. Ce la risparmi!

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