L’Europa, nonostante tutto. Settant’anni di pace ci sembrano pochi?

by Antonella Soccio

È opinione diffusa che direttive, regolamenti, comunicazioni dell’Unione Europea costituiscano un torrente straripante che impatta in ogni momento sulla vita quotidiana, regolamentando persino le dimensioni degli ortaggi. Eppure “più Europa” per i padri fondatori non ha mai significato più norme.

Con le lacrime odierne di Theresa May, che ha annunciato le sue dimissioni in giugno, si chiude la fase della Brexit. L’architettura dell’Unione Europea, incorporata nei trattati, è oggi oggetto di contestazione da parte dei populismi di destra e di sinistra in tutta Europa. Ma se qualche tempo fa, tutti si proclamavano sostenitori incalliti del fuori dall’Euro e fuori dall’Europa, oggi, dopo il fallimento della Brexit, nessuno è così tanto antieuropeo da sognare uno Stato autarchico, benché domini il Nation First. Prima l’Italia, Prima l’Ungheria, Prima la Polonia. Prima lo stato nazionale.

Il professor Romano Prodi, ex premier ed ex presidente della Commissione Europa, a Foggia per un incontro in Conservatorio Umberto Giordano sull’importanza dei progetti Erasmus e per discutere dei temi presenti nel pamphlet “Europa nonostante tutto” edito da La nave di Teseo ha cercato di nominare i motivi di successo dei sovranismi europei. Anche in Polonia, una nazione che non è mai stata così ricca e che ha utilizzato efficacemente i fondi europei per lo sviluppo e l’innovazione, soffia il vento di destra della chiusura dei confini nazionali.

La sovranità assoluta degli Stati nazionali ha portato alla volontà di dominio di ciascuno di essi, poiché ciascuno si sente minacciato dalla potenza degli altri e considera suo “spazio vitale” territori sempre più vasti, che gli permettano di muoversi liberamente e di assicurarsi i mezzi di esistenza senza dipendere da alcuno. Questa volontà di dominio non potrebbe acquietarsi che nella egemonia dello stato più forte su tutti gli altri asserviti.
Il Manifesto di Ventotene

Il professor Romano Prodi a Foggia intervistato dal giornalista Enrico Ciccarelli

Sono gli equilibri sociali, le tendenze e i progressi di lungo periodo, come l’indice di concentrazione di Gini a muovere le coscienze e a fomentare i nazionalismi. Tuttavia la formula suggerita dall’ideologo Steve Bannon di una alleanza di liberi Stati-nazione, lungi dall’essere innovativa come si pretende, la cosiddetta “Europa dei Popoli” salviniana, è per Prodi soltanto la vecchia ideologia dell’Europa di ieri, quella che sin dal 1897 un giovanissimo Luigi Einaudi condannava come “il concerto delle grandi potenze”.

La Commissione, l’euro, l’allargamento ad Est. Di certo l’Europa si è interrotta con il flop del progetto di Costituzione europea discussa per due anni e poi bocciata dalla Francia per motivi di politica interna, con la campagna di propaganda contro l’idraulico polacco (anche allora concausa delle politiche migratorie) salvo poi scoprire che mai in Francia esisteva un idraulico polacco.

La forza evocativa della paura per il diverso, per lo straniero, ha distrutto la Costituzione europea, la sua bocciatura è un fatto storico, cui è seguito l’indebolimento di oggi.

“Vogliamo davvero non lasciar niente ai nostri figli? L’Europa è come un pane mezzo cotto e mezzo crudo, lo cuociamo bene e ci nutriamo o lo buttiamo via? Senza una politica fiscale insieme, non potremo avere un’Europa vera. Serve un collante sociale e un forte investimento in tre capitoli di spesa: sanità, perché c’è la paura del regresso del sistema sanitario, scuola e case popolari. Esiste già pronto un grande progetto, preparato dalle Casse Depositi e Prestiti e dalle Banche Pubbliche di tutti i 28 membri dell’Unione Europea per fornire alle esauste risorse nazionali, regionali e comunali dei diversi paesi oltre 100 miliardi di euro all’anno per la sanità, la scuola e l’edilizia popolare”, ha osservato Prodi.

Nel testo Piergaetano Marchetti introduce il tema della pace. “Settant’anni e più di pace, settant’anni e più senza che alcuna famiglia abbia pianto un marito, un figlio caduto in guerra. Ci pare poco? Forse sì, con gli occhi di una generazione che in questo clima è nata. Molti, moltissimi settant’anni di pace per chi ricorda i propri genitori, i propri nonni, i loro racconti, per chi trova in qualche parte cornici logore con ritratti sfuocati di giovani”. È la costruzione dell’Europa che ha impedito che ci fossero i “morti per la Patria”.

L’Europa è una Patria, immaginata dai visionari Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni con manifesto del confino a Ventotene, che ha vietato di allungare gli elenchi dei morti e di aggiungerne dei nuovi.

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