Matteo Salvini e l’usurpazione della vacatio nel suo lungo beach tour

by redazione

C’è una usurpazione dei luoghi in questo girovagare meridionale per spiagge del Ministro dell’Interno Matteo Salvini. Lontane le feste dell’Unità, ancora più lontane quelle innocue e vane feste termali dei tempi di Casini e Mastella nel beneventano del Campanile e della vela, quando mai nessun leghista, pur alleato, scendeva sotto Roma, ladrona. Lontanissime le ferie blindate e dorate e dissolute del Cavaliere. Viviamo, con ritardo, gli anni dell’imitazione cheap di Ibiza.

“Prima non l’avrei mai votato, ma lui ha reso la Lega nazionale, le sue non sono chiacchiere” dice un anziano peschiciano seduto sugli scalini, nel corso del paese in attesa del vicepremier, che si sogna premier.

Il Capitano al trabucco, il Capitano sulla battigia, il Capitano nella piazzetta principale alla controra estiva, mentre alcuni turisti, che hanno disertato la spiaggia, bevono il caffè al ghiaccio.

In questa lunga “estate italiana” del leader in campagna elettorale perenne e adesso ancor di più verso la sua personale “marcia su Roma” d’ottobre, col 40% quasi in tasca, i suoi comizi, le sue parole, il suo staff eternamente in diretta ed illimitatamente entusiasta e dai toni sensazionalistici, appaiono come un’occupazione di luoghi e tempo della vacatio. Un portare parole sempre uguali, come sono tutti gli slogan, laddove si cerca silenzio, vuoto o divertimento o nuove immagini con cui ricaricarsi.

Già per Seneca l’otium, il tempo libero, non è perdita di tempo, come scriveva nel De brevitate vitae.

Persequi singulos longum est, quorum aut latrunculi aut pila aut excoquendi in sole corporis cura consumpsere vitam. Non sunt otiosi, quorum voluptates multum negotii habent (XIII, 1)

(Enumerarli uno per uno sarebbe troppo lungo, passano la vita a giocare a scacchi o a palla, oppure a dedicarsi alla cura del sole. Non sono oziosi, i loro piaceri costano tanta fatica).

Già. La vacanza, anche in tempi di disoccupazione, povertà che si allargano e di immobilità che rendono sempre più evidenti le differenze sociali tra chi può spostarsi ossessivamente e chi “si è sudato” un bagno nella località che sarà rivissuta sui social e nei racconti dei mesi successivi, è una conquista. Che neppure un Ministro ha diritto di riempire con la sua propaganda e il suo horror vacui.

Le tappe pugliesi, a Peschici, Mola e Polignano, hanno però iniziato a far scorgere qualcosa di nuovo. Si comincia ad intravedere una crepa: la sua popolarità, forse, non è indifferente al contesto di stabilità di cui il premier Giuseppe Conte e il contratto dei 5 Stelle sono garanti.

Forti contestazioni, benché routinarie nella loro infantile autorappresentazione nostalgica o semiartistica, derubricate dal leader come “zanzare fastidiose”, cominciano a serpeggiare. Unisce i ceti sociali, anziché dividerli il Capitano, questo è vero.

Ed è quasi commovente vedere la speranza fideistica di una mamma che gli porta addirittura tutti e tre i suoi figli piccoli per un selfie di gruppo. Come l’altro Matteo, anche per Salvini l’autoscatto col popolo è un lavoro nel lavoro.

“I politici alzano il culo e vanno in Parlamento come tutti gli altri italiani che lavorano a Ferragosto. Tornano dalle vacanze come fanno tutti gli altri lavoratori del mondo. Avrei potuto aspettare e far passare questi giorni, ma tengo all’Italia, l’Italia non aspetta”, dice a Peschici.

L’Italia aspetta, è la vita che non aspetta. È la vita che non può essere tormentata da questo vitalismo vuoto, che non ha né l’ardire del Vate né la provinciale lirica del Duce.

Nessuno ride, per ora. Eppure la risata arriverà, prima o poi. Insieme al gavettone.

Viene il dubbio: ma che lavoro è passare di spiaggia in spiaggia a svegliare ove non disturbare i villeggianti dalla loro vacatio? I porti, se devono esser chiusi nel Mezzogiorno, lo sono per tutti, anche per questa migrazione nonsense della politica balneare.

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.