Salvare il proprio Paese con i libri o almeno se stessi

by redazione

Amazon ha reso nota la classifica delle città italiane – tra quelle con popolazione superiore ai 90.000 abitanti – in cui vende più libri. È una classifica parziale, ma dice già qualcosa di significativo, qualcosa di tristemente atteso e qualcosa di sorprendente. Sul totale di vendite di libri cartacei e digitali, Foggia è ultima.

Andiamo nei dettagli del genere.

Libri di cucina: ultimo posto. A Foggia regalare un libro di cucina immagino sia la cosa più offensiva che si possa fare, sarebbe come dire che il destinatario del libro non sappia cucinare. Un po’ come quando si regala un profumo o qualche altro prodotto per l’igiene della persona e una delle battute di rito da parte del destinatario è: “Che vuoi dire? Che non mi lavo? Puzzo?”.

Libri di fantascienza: ultimo posto.

Libri motivazionali: ultimo posto (“Ma cosa vuoi motivare?”, potreste obiettare in molti).

Romanzi rosa: penultimo posto. Incredibile. Una città in grande difficoltà, strozzata dalla criminalità organizzata (nel novembre 2020 l’operazione Decima Bis ha portato all’arresto di 40 persone con accuse a vario titolo dall’estorsione, usura, e altro repertorio criminale, in alcuni casi con l’aggravante del metodo mafioso, nda) ma che nonostante ciò, non ci sta a essere la meno romantica d’Italia.

Business: quartultimo posto. Credo perché i libri e i manuali di questo settore possono divulgare solo materiale che si occupi di economia e finanza legale.

Viaggi: quartultimo posto.

Mi è stato fatto notare che molti foggiani (e più in generale molti meridionali) vivono lontani dalla propria città d’origine e acquistano i libri nelle città in cui risiedono. Il fatto che molti di loro siano costretti a vivere fuori e non sia una libera scelta –  ingrossando le statistiche di vendita di libri, di presenze nei cinema, nei teatri, nei musei e ai concerti nelle loro zone di residenza –  rappresenta comunque un problema.

Dunque a Foggia si comprano pochi libri. Per me che affido buona parte del mio reddito dalle vendite dei libri che scrivo è un bel problema. Però non voglio stare qui a lamentarmi della situazione. Voglio anzi tenere fede ad uno dei più consolidati modi di dire e di pensare in uso a Foggia: “Pensa a chi sta peggio”, invocato più spesso per infondere una sorta di meschina rassegnazione che per incoraggiare uno spirito di solidarietà. Ma chi sta peggio?

Ci ho pensato a lungo, ho scelto l’Afghanistan. L’Afghanistan non è uno di quei paesi che i libri di geografia ci dicono ricchi di coltivazioni di barbabietola da zucchero, con industrie manifatturiere, siderurgiche e tessili. L’Afghanistan ha le sue ricchezze, s’intende, ma è un paese fatto principalmente di roccia. E così com’è duro il suo suolo, così sono duri anche i suoi abitanti.

In Italia il politico Guicciardini 400 anni fa introdusse un modo di dire ancora oggi con il maggior valore intrinseco universalmente riconosciuto: “Di Francia o di Spagna purché se magna”, a sottolineare la capacità ad adattarci e a cavarcela nei secoli sotto qualsiasi dominazione. In Afghanistan invece si usa dire: “Finché nasceranno afgani, nessun invasore ci renderà schiavi”. Due presupposti fondanti molto diversi, converrete.

Nell’ultimo ventennio purtroppo si sta associando questo Paese al terrorismo islamico, all’Isis, ad Al Qaeda, ai talebani, a Bin Laden. Ma io voglio parlarvi di un’altra persona, di un’altra versione dell’Afghanistan. Questa persona è Ahmad Shah Mas’ud, conosciuto come  Massud l’amer-sahib ovvero il comandante-signore e soprannominato Il leone del Panshir, dalla regione in cui le sue gesta sono diventate mito.

Massud è stato un capo politico, militare ed intellettuale di una guerriglia formata da contadini rimasti senza terra, allevatori senza gregge, studenti senza scuole e semplici cittadini senza arti né parti, proprio nel senso che gli mancavano gli arti e alcune parti del corpo, mutilate dalle mine antiuomo gettate in tutto il paese dagli elicotteri sovietici. Il grande merito di Massud fu quello di riuscire a coordinare la miriade di piccoli gruppi che volevano reagire al tentativo di invasione russa e grazie alle sue capacità carismatiche, politiche e diplomatiche è riuscito a respingere dal 1979 al 1989 le offensive dell’Armata Rossa, un esercito con un nome ridicolo che sembra quello di un cocktail da disco beach, ma che non fa ridere nessuno ora come allora visto che si trattava di uno dei due eserciti più grandi, potenti ed aggressivi del mondo, basta guardare Rocky IV per farvi un’idea geopolitica abbastanza precisa dell’epoca. Bene, Massud, assieme agli abitanti della valle del Panshir da lui addestrati, ha respinto l’Armata Rossa, contribuendo in modo decisivo a rendere il fallimento afgano della Russia quello che è stato il Vietnam per gli Stati Uniti e che, probabilmente, unitamente al disastro nucleare di Chernobyl, ha contribuito in modo decisivo alla fine dell’Unione Sovietica così come la rievocano certe t-shirt goliardiche.

Considerato dai suoi sostenitori d’Occidente un Che Guevara mediorientale (a volte paragonato anche a Bob Dylan per una effettiva somiglianza del volto e per l’amore per la poesia), Massud dopo i russi cercò di contrastare il fondamentalismo islamico dei talebani che negavano i diritti umani e qualsiasi tipo di emancipazione per le donne, negando per loro finanche il diritto fondamentale alle cure mediche. L’esatto opposto del tipo di Repubblica indipendente che Massud sognava per il suo paese e per la quale aveva combattuto.

Al Qaeda ha ucciso Massud. Bin Laden diede mandato a due suoi uomini della cellula algerina. Si finsero giornalisti, nascosero un ordigno esplosivo nella loro telecamera e aspettarono di farlo esplodere non appena si fossero trovati di fronte a Massud, dopo giorni e giorni di insistenze per intervistarlo. Per Massud, che aveva alzato il livello della guerriglia antisovietica grazie alla scelta vincente di  usare le comunicazioni radio (la stazione radio gli fu fatta recapitare dai giornalisti Bernard-Henry Levy e Marek Alter) invece del vecchio sistema facilmente sopprimibile dei messaggeri a cavallo, l’ironia della sorte ha riservato una telecamera bomba. Se mai vi fossero ancora dubbi che video killed the radio star.

Il reporter di guerra italiano Ettore Mo divenne amico di Massud ed è riuscito a raccogliere il racconto del suo braccio destro su come passarono la notte prima della sua morte: “Erano le quattro del mattino e il comandante ancora parlava, parlava, non la smetteva mai. A un certo punto gli ho detto ‘Comandante io sono sfinito. Domani ci aspetta un’altra dura giornata. Vado a dormire”. Allora Ettore Mo, curioso, gli chiese di cosa Massud gli avesse parlato fino alle quattro del mattino, aspettandosi di sentire di piani strategici, tattiche di difesa o di attacco, di cospirazioni e alleanze internazionali, rifornimenti di armi e tutto quello che abbiamo imparato dalla ferrea grammatica della narrazione bellica. Invece il braccio destro Massud gli svelò di aver conversato con lui di Victor Hugo e Dante (dalle facce sorprese degli studenti a cui ho rivolto questo discorso mi venne da pensare che qualcuno dei presenti avrebbe barattato senza pensarci troppo a lungo un periodo sul campo di battaglia in supporto alle forze di liberazione afgane con l’esame su Dante, nda).

Vi prego di non pensare a questo personaggio come qualcosa di lontano da noi. Massud, esattamente come voi, era uno studente universitario che, però, dovette interrompere bruscamente il suo percorso di studi a causa del peggioramento delle condizioni del suo Paese, e questo è rimasto per sempre il suo più grande rammarico. Nonostante questo studente interrotto di architettura con una forza iniziale di duecento uomini armati di fucili e tre lanciarazzi fu in grado di respingere un esercito che al massimo del suo sforzo portò nel suo Paese decine di migliaia di uomini e mezzi, ripensando agli studi universitari non completati era solito ripetere con amarezza: “Non ho concluso niente nella vita”. Breznev, Andropov, Chernenko, Giorbaciov ed Eltsin succedutisi a gestire il disastro della campagna afgana 1979-1989 probabilmente avrebbero preferito si dedicasse esclusivamente agli studi.

L’aneddoto della conversazione letteraria in piena guerra venne raccolto da Ettore Mo nel 2002, quando si recò nella valle del Panshir per la commemorazione del secondo anniversario della scomparsa di Massud. Colui che Bin Laden vedeva come il peggior nemico per i suoi piani di conquista oscurantista del medio oriente venne ucciso nel 2001, il 9 settembre, due giorni prima dell’attentato alle Torri Gemelle. Forse anche per questo se ne parlò così poco.

Perché ho raccontato questa storia? Perché Massud con il tempo è diventato un capo di grande esperienza ma  le sue prime tecniche di guerriglia le ha sorprendentemente apprese dai libri. Leggendo. Leggere per imparare a difendere il proprio Paese e i propri ideali, non male considerando che è una cosa che si può fare anche in pigiama.

Massud resta una figura controversa, come chiunque cerchi di instaurare valori democratici tramite guerra o guerriglia che sia. È stato candidato al Nobel per la Pace nel 2002 e a Premio Sakharov, istituito dal Parlamento Europeo per chi si batte per la libertà di pensiero. Però è stato anche protagonista di quasi 20 anni di guerra contro gli invasori e contro i suoi connazionali che collaboravano con i russi o convertirsi al fondamentalismo armato islamico, mostrando però sempre clemenza per i prigionieri.

DI CHE COLORE È IL LATTE IN PAKISTAN?

Per capire quanto in vita e in morte la sua figura fosse – ed è – fonte di contrasti e malintesi creati ad arte, può essere utile l’esperienza diretta del più influente intellettuale islamista arabo che si trovava in Pakistan, il palestinese ‘Abdullah ‘Ezram, che si recò di persona nel Panshir deciso a incontrare Massud per capirci qualcosa in più. Era un tipo di viaggio che poteva rivelarsi molto pericoloso, bisognava avere davvero una forte motivazione per intraprenderlo. Le sue conclusioni furono queste:

“In passato, io, ‘Abdullah ‘Ezram, consideravo lei, Massud, come uno dei principali nemici, perché qui a Peshawar la descrivevano, di fronte a me, come un maoista e un agente dell’Occidente. Più tardi, quando alcuni fratelli arabi della cui fede non dubito l’hanno incontrata, ho iniziato a pensare che mi ingannavo. Ora, dopo averla incontrata di persona, ho capito quanto grande fosse il mio errore. Ormai diffido a tal punto delle voci che girano a Peshawar, che se qualcuno là mi dicesse che il latte è bianco, non gli crederei senza prima aver controllato di persona”

Quello che voglio dire è che leggere non farà mai di nessuno di noi una persona migliore, ma di certo ci renderà la versione migliore della persona che già siamo. Siete brave persone? Leggendo diventerete delle persone eccellenti. Siete dei poco di buono? Leggendo troverete il modo di peggiorare.

Massud era già un rivoluzionario ma dopo l’eclatante fallimento della sua prima missione dovette rifugiarsi miseramente in Pakistan. In tutto il tempo passato lì, invece di litigare con i suoi per addossarsi colpe a vicenda si impose una clausura fatta di letture e studio. Tecniche di guerriglia e letteratura, poesia, le biografie e il pensiero dei grandi politici. Victor Hugo e Mao, Giap, Che Guevara, Dante e De Gaulle, il suo scopo era aumentare la sua levatura di uomo militare, ma anche di intellettuale e pensatore. Quando tornò nel suo paese riuscì a fare quello che ha fatto non imponendo terrore o paura, ma riuscendo a farsi seguire da una quantità di popolazione sempre maggiore. Di quel periodo di letture forsennate si dice che leggesse fino a tre libri al giorno. Anche se è difficile da credere bisogna considerare che all’epoca non c’erano i social come fonte di distrazione.

Il problema della promozione della lettura è che spesso si parte da obiettivi troppo ambiziosi che spaventano il non lettore. Immagino possa sembrare così nel sentirvi consigliare di leggere nel caso in cui dovreste far fronte all’esercito russo. Allora si potrebbe pensare di partire dal salvare una sola persona per volta, voi stessi. Andrea Camilleri raccontò di aver ricevuto una volta una lettera da un aspirante suicida. Si trattava di un infermiere che, deciso a togliersi la vita, aveva trafugato dall’ospedale di Bari, dove lavorava, un veleno e l’occorrente per allestire una flebo. Il farmaco, era spiegato nella lettera, avrebbe agito lentamente, ci sarebbe voluto del tempo. Per cui, in attesa della morte, l’aspirante suicida prese da uno scaffale un libro che aveva comprato ma non aveva mai letto. Era un libro di Camilleri. A un tratto, suo malgrado, si sorprese a ridere. Allora si aggrappò a quel sorriso, chiuse l’erogatore della flebo letale e continuò a leggere. Finito di leggere, chiuse il libro e gettò nel gabinetto l’intruglio che avrebbe dovuto avvelenarlo. La lettera che l’uomo mandò al grande scrittore siciliano era corredata di una foto che lo ritraeva in compagnia della moglie e delle loro due bambine e iniziava con la frase: “Lei non lo sa ma mi ha salvato la vita”. Questo fatto risale al 2001, lo stesso anno in cui Massud veniva ritenuto il più grande ostacolo all’ascesa di Al Qaeda in Afghanistan e per questo veniva ucciso, e io venivo bocciato all’Istituto Tecnico per Ragionieri Programmatori Blaise Pascal di Foggia. Di questi ultimi due avvenimenti non si è parlato ancora abbastanza presso la comunità internazionale.

Ammetto che anche se abbiamo ridotto le vite che i libri possono salvare da quelle di un intero paese e alla sola vita del lettore, anche in questo caso l’esempio che vi ho portato potrà sembrare troppo impegnativo. Ma, mettiamola così: leggere, oltre a rendevi la versione migliore delle persone che già siete, potrà non salvarvi la vita, ma almeno da qualche giorno di noia sicuramente sì, permettendovi di imparare anche qualche bella storiella da raccontare.

Grazie a tutti e buone letture.

Adelmo Monachese

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