Guendalina sta bene. Per fortuna è rimasta poco tempo invischiata nelle reti

by Fabrizio Stagnani

Il da farsi per le amiche pinnute certo non si ferma ad una mera registrazione sugli albi e database.

I ragazzi le traghettano una per una dal furgone del Centro recupero tartarughe marine Wwf Molfetta al reparto di radiologia del Dipartimento di medicina veterinaria di Valenzano. Nascosto in un angolino del quattro ruote un bel pacchetto di alici fresche regalate dai pescatori per le degenti, ai futuri veterinari il compito di prenderle in consegna e dispensarle nelle vasche.

Come se avessero la prenotazione del CUP, le Caretta caretta, aspettano il loro turno in fila per passare ai raggi x, cosa non facile riuscire a tenerle ferme durante questa operazione, neanche fossero dei ragazzetti discoli con una dolorante slogatura alla caviglia. Tutta l’equipe si raccoglie attorno ai monitor dai quali vengono diffuse le immagini risultanti e si sentenzia la prognosi. Guendalina sta bene. Per fortuna è una di quelle che è rimasta poco tempo invischiata nelle reti. Può essere liberata subito. Sul furgone si carica lei e le sue colleghe in dimissione dal percorso di cure e si riparte alla volta di Bisceglie. Tempo per parlare.

Nell’interazione uomo animale, cosa fa cortocircuito?

E’ bene dire ed è bene precisare che la pesca è uno dei fattori più incidenti. C’è sempre stata e sempre ci sarà. Abbiamo la certezza che i pescatori ne catturano tante in questo periodo, soprattutto nel medio basso Adriatico. Sappiamo bene che non possiamo decidere la chiusura di questa attività. Considerato che è l’introito economico per tante famiglie. Quindi il nostro obbiettivo principale è quello di collaborare. Di creare sinergie importanti con le marinerie, con i pescatori. Educarli e sensibilizzarli. Loro cercheranno di alleggerire i metodi di pesca, alleggerire le pressioni di cattura, mentre noi dobbiamo essere bravi a dialogare con loro.

Se si pensa che fra i pescatori girava, tempi addietro, la leggenda secondo la quale trovare una tartaruga nelle reti portasse sfortuna, ragione per la quale le ributtavano in mare anche malconce, arrivare a questo punto di incontro è come trovare la pentola d’oro ai piedi dell’arcobaleno. Ma si scopre anche che altra causa di lesioni sono le eliche delle imbarcazioni turistiche, ed in quel caso quel che c’è da vedere è ben più macabro. Ma la maggior parte delle volte riescono a sopravvivere anche a lacerazioni apparentemente irrimediabili o ad amputazioni drastiche. Capitolo a parte è quello della plastica in mare, a loro le buste sembrano meduse fluttuanti, uno dei loro cibi preferiti. Ne mangiano ed è facile immaginare cosa possa accadere alla loro peristalsi. Nel frattempo Bisceglie e nuovamente all’orizzonte.  

Ma di che numeri stiamo parlando?

Noi negli ultimi anni abbiamo recuperato, nel 2017, 2018, abbiamo recuperato oltre cinquecento tartarughe per anno. Sono numeri importanti. Sono numeri che ci danno la possibilità di fare ricerca su di un animale del quale in realtà si sa ben poco ancora. La cosa fondamentale è quella di capire cosa succede nelle tartarughe soprattutto con questa nuova patologia, la malattia da embolia.

Sulla Statale 16, all’altezza di Molfetta, una breve sosta per un caffè in una stazione di servizio e si riparte.

Il Centro Recupero sta per cambiare sede, cosa si può già sapere?

Ci stiamo per trasferire, si. Abbiamo avuto la disponibilità da parte del Comune di Bisceglie di utilizzare una sede molto grande. Sarà una sede di circa settecento metri quadri. Che ci darà la possibilità, non solo di accogliere più tartarughe, con l’alloggiamento di oltre trenta vasche, ma ci darà la possibilità anche di fare educazione didattica. Questo ci consentirà di rilanciare le attività del Centro anche dal punto di vista della sensibilizzazione. Anche il Comune di Molfetta, di recente ci ha messo a disposizione una nuova sede, non è grandissima, saranno all’incirca centocinquanta metri quadri, nella qual gestiremo un’altra decina di vasche, per noi utilissime! Proprio a fronte del grande numero di tartarughe che accogliamo. Pensiamo al periodo invernale, quando ci arrivano trenta, quaranta tartarughe, in un giorno!  

Si arriva alla Bisceglie Approdi, realtà da sempre pronta a supportare in ogni modo il lavoro di Salvemini e del suo Centro. Il vecchio lupo di mare ad aprire i cancelli è Pietro Di Liddo, maestro di vela che a scrutare una sola nuvola in cielo dalle coste pugliesi sa dire se nel Mar Ligure c’è vento di Ponente o Scirocco. Altri saluti di rito, qui più goliardici e virilmente affettuosi. Come capita spesso a supportare questa fase della giornata una dolce spilungona, Titti Mastrapasqua, volontaria che se la si dovesse incontrare sul corso principale della città difficilmente la si potrebbe anche immaginare a sporcarsi le mani li. Le conche passano dal furgone ad un gommone ormeggiato sotto il primo molo e si parte per la liberazione. Ma prima, ad ogni Caretta, va un bel piercing. Una targhetta numerata e brandizzata dal Wwf associata al nome registrato al Centro e in Dipartimento. Salvemini sapientemente inforca una pinza fatta apposta, innesca l’anello, blocca la pinna prescelta e stringe. Nessun rischio, nessun danno, solo un segnetto sulla parte più esterna di uno dei quattro timoni delle tartarughe che a fronte del valore che concede alla ricerca non ha prezzo. Ancora tempo per parlare, questa volta mente i flutti arrarezzano la chiglia del natante direzionato a due miglia dalla costa.

Un momento carico di emozioni quello della liberazione in mare aperto?

Noi liberiamo tutti i giorni. Anche con mare agitato. Abbiamo la necessità di liberare. Ogni giorno liberiamo oltre cinque, sei o sette tartarughe. Questo per cercare di scaricare il maggior numero possibile di tartarughe che stanno ormai in ottime condizioni. E’ sempre un momento eccitante, un momento molto bello, entusiasmante! Soprattutto per me, che ne ho fatte centinaia di liberazioni. Sembra sempre il primo giorno, soprattutto quando vedi che la tartaruga ti lascia…comincia con le sue pinnate a prendere strada … o a prendere il mare come si suol dire. Io auguro sempre loro buon vento, come direbbe un ottimo pescatore.

Ed è proprio così. Provare ad empatizzare con queste creature, goffe sulla terra, immaginare che sono state strappate dagli abissi da una rete, sbarcate, per il loro bene trasportate in nere conche sino nell’entroterra, esaminate, curate, magari, sempre per il loro bene, contenute in limitate vasche per mesi, fatte viaggiare nuovamente sino alla costa, vederle scalpitare alla prima brezza profumata di vero mare al posto di acqua salinizzata, sentire le loro pinnate battere sul bordo del gommone frementi di immergersi come bambini davanti ad una piscina di palline e vederle partire come siluri dopo un impacciato tuffo è un brivido che scuote, anche a fronte della consapevolezza che tutto il loro patimento vissuto sino a quell’istante è responsabilità della nostra specie canaglia ed egocentrica.

La giornata di Salvemini non finisce all’attracco del gommone. Al saluto della comitiva riparte verso Trani, dove dopo un fugace pranzo incontrerà i pescatori di quella marineria per altre storie ed affanni per la salvaguardia delle Caretta Caretta.

A chi volesse provare ad organizzare l’emozione di una liberazione si consiglia di cercare Pasquale Salvemini dalla pagina facebook @crtmolfetta, scrivendo alla casella di posta elettronica crtmolfetta@gmail.com o chiamando il 3466062937.

Fabrizio Stagnani

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