San Leonardo in Lama Volara e i fiori di luce

by Eugenio D'Amico

Da Siponto alla periferia di Manfredonia se ci si spinge verso l’interno, una manciata di chilometri oltre la Basilica di Santa Maria Maggiore, nei pressi della strada statale si vedono apparire le due cupole a tamburo ottagonale ed il camino a torretta che individuano rispettivamente la Chiesa di San Leonardo, o più precisamente di San Leonardo in Lama Volara, ed il Convento che, insieme all’Ospizio teutonico, circondati dai resti delle antiche mura, costituiscono un complesso monumentale affascinante per la sua architettura e la sua storia.

Fu costruito sul finire dell’XI secolo dai Canonici Regolari di Sant’Agostino, sulla via che conduceva a Monte Sant’Angelo e diventò punto di sosta per i pellegrini ed i crociati che partivano per la Terra Santa o dalla Terra Santa ritornavano e che si inginocchiavano in preghiera davanti al Crocifisso ligneo, ora venerato nella Cattedrale di Manfredonia, autentico capolavoro dell’arte medioevale che sintetizza, nel simbolismo dei colori e nella tecnica di pittura il mondo delle icone bizantine, e nella scultura, la sensibilità romanica portata in Puglia dai maestri d’oltralpe e rielaborata dagli artisti locali.

Decaduta agli inizi del XIII secolo, la chiesa di San Leonardo nel 1261 fu affidata a Balduino, Gran Precettore della Balia di Puglia dell’Ordine Teutonico, che aveva sede in Barletta, e fino a metà del XV secolo rimase possedimento dell’Ordine che vi costruì un ospedale per i pellegrini ed i Crociati di ritorno dalla Terra Santa. Ancora oggi sulle mura interne della Chiesa risaltano affrescati gli scudi teutonici con la famosa croce nera. La chiesa si presenta al visitatore con il portale che si apre sul fianco del lato nord e che subito stupisce ed affascina per la bellezza e l’equilibrio del romanico espresso dagli archetti in cui si aprono quattro monofore e dai motivi delle mensole che sostengono la cornice del tetto.

Lo splendido portale, autentica trina di pietra, tra i più belli del romanico pugliese, è una summa del simbolismo medioevale. Il centauro con la cetra e quello cornuto, la cerva ed il dragone, luce e tenebre, bene e male, si contrappongono nella lunetta che racchiude la statua di Cristo in trono sorretto dagli angeli, affiancata dai simboli degli Evangelisti. La lepre e il centauro, l’aquila e la volpe che mangia l’uva, il ladro nella vigna e la figura mostruosa di due leoni con una sola testa i cui lombi poggiano su un volto scimmiesco, si nascondono e si rivelano nei fregi e nei ghirigori della pietra lavorata. Alla sommità delle colonne emergono due grifoni, corpo di leone e testa d’aquila, forza del cielo e della terra e simbolo di perfezione, e le colonne sono sorrette da due leoni, l’uno che sbrana un uomo e l’altro che mangia un pesce, chiaro esempio dell’ambivalenza del linguaggio simbolico, per cui la belva mentre divora l’uomo è simbolo del diavolo in agguato e mentre si ciba di un pesce è simbolo della forza che deriva all’uomo dal cibarsi di Cristo; (è noto che uno dei simboli del primo cristianesimo era il pesce, in greco ichtus, inteso come acronimo di Gesù Cristo, Figlio di Dio Salvatore).

La complessa simbologia espressa dalle sculture e dai bassorilievi trova riscontro nei fori gnomonici, uno che si apre al centro della volta e l’altro sulla facciata ovest della chiesa, dove forse, a giudicare dai resti custoditi nel lapidario, si trovava anche un altro foro gnomonico, questi ultimi due allineati con le navate. Attraverso il primo, la luce del sole, scomposta dal piccolo rosone ad undici petali, a mezzogiorno del solstizio d’estate, quando il sole raggiunge il punto più alto nel cielo, dopo di che comincia a scendere e le giornate si accorciano, penetra  con un fascio luminoso nella chiesa e disegna sul pavimento, esattamente al centro dei due pilastri prospicienti  l’ingresso nord, un meraviglioso fiore di luce. Attraverso il secondo, agli equinozi di primavera e di autunno, ed al solstizio d’inverno, la luce del sole calante attraversa la navata sinistra e stampa sull’abside un altro fiore luminoso, questa volta a dieci petali. E solo che si pensi che il solstizio d’inverno segna il momento in cui il tempo di luce diurna comincia a crescere vincendo le tenebre (Sol invictus dicevano i romani), e il solstizio d’estate rappresenta il momento di massima durata del giorno, appare evidente come i fiori di luce disegnati dagli gnomoni simboleggino la manifestazione del Cristo vincitore delle tenebre e luce del mondo. 

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