Airbnb e gentrification, Eleonora de Majo, assessora a Napoli: “Il turismo rischia di creare una comunità conservativa”

by Antonella Soccio

L’Italia è il terzo mercato di Airbnb in Europa e presenta ancora una totale assenza di regole. La giornalista Sarah Gainsforth nel libro edito da DeriveApprodi “Airbnb città merce. Storie di resistenza alla gentrificazione digitale” analizza quel segmento che sottrae case al mercato ordinario, favorendo l’ingresso di soggetti che speculano sull’immobiliare e modificano per sempre l’identità dei luoghi.

Il fenomeno delle case in affitto on line ha prodotto tanti viaggiatori “buttati” nelle città e stazionanti sempre nei soliti luoghi,  in giri codificati turistici sempre uguali e massificati.

Di questo e tanto altro si è parlato per Pagine di Contrasto con l’autrice, con l’ex assessore all’Urbanistica di Foggia Nicola Lo Muzio e con l’assessora alla Cultura e al Turismo di Napoli Eleonora de Majo, nominata dal sindaco Luigi De Magistris appena un mese fa e prima consigliera comunale di Dema oltre che attivista di un centro sociale napoletano.

La dimensione della comunità, del vicinato e della relazione scompare con le piattaforme per lasciare posto a un capitalismo immobiliare e della rendita di nuovo tipo. Airbnb città merce racconta alcuni casi esemplari di questo processo- Lisbona e New York su tutti-, ma anche, soprattutto, i nuovi movimenti sociali che insorgono contro la gentrificazione digitale delle città.

Roma è oggi la città più turistificata d’Italia con 1 posto di Airbnb ogni 2 residenti, mentre Firenze è ormai nel centro storico un b&b saturo. L’Italia ha sempre parlato in termini di tassazione delle grandi piattaforme, ma invece il fenomeno, come ha spiegato la giornalista, impatta la questione abitativa.

La presentazione del libro

Perché le amministrazioni leggono in ritardo le trasformazioni urbane? Ci sono città che sono ancora in tempo per difendersi dall’assalto di un turismo svuotato di relazioni.

Per la Corte di Giustizia europea Airbnb non è responsabile dei contenuti pubblicati sul sito. Napoli sta tentando di portare anzitutto legalità, non è escluso che molti utilizzino il web per fare affari anche poco leciti e per riciclare denaro. Una casa non agibile per il residente diventa agibile come affittacamere. “La sensazione è che in città come la nostra ci sia anche un investimento diretto della criminalità” ha ammesso de Majo.

Tanti luoghi di Napoli si sono modificati, ad occhi esterni alcuni posti, a cominciare dai Quartieri Spagnoli, che prima erano bui e insicuri, sembrano molto più vivi e festosi, ma questa è solo la fotografia di superficie della città partenopea. Dietro quella modalità di trasformazione c’è uno choc che incide sulla identità napoletana, facendola divenire una merce facilmente appetibile per il turista massificato.

Il rischio anche per Napoli come per tutto il Sud è di trasformarsi in un posto a monocultura turistica, dal quale il capitale e il liberismo sfrena, in mancanza di altri fattori produttivi, non può che estrarre valore dall’autenticità, dalle tradizioni, dall’enogastronomia, facendo divenire tutto, anche con una certa retorica “eccellenze”.  

Noi di bonculture abbiamo intervistato l’assessora napoletana, la giovane Eleonora de Majo, filosofa.

Assessora, Napoli è ormai una città turistica, come è mutata?

Napoli si sta trasformando molto in termini di flussi turistici, negli ultimi 8 anni si sono decuplicati. Napoli ha un centro storico, si dice il più grande d’Europa, ma ha un centro turistico particolarmente ristretto, che si indentifica con la pianta ippodamea, ossia i Decumani e un po’ i Quartieri Spagnoli, che sono molto cambiati. Dal punto di vista della gentrification, intesa come una classe sociale che sostituisce un’altra classe, in maniera organica e omogena, Napoli ha tante sfumature, la conformazione urbana ancora mantiene un meticciato molto forte nel tessuto molto forte. Ma stiamo vivendo la turistificazione, la trasformazione della città come bene di consumo.

Che bilancio fa del Lungomare Liberato?

Il Lungomare Liberato alla fine è un dispositivo che ha costruito un grande spazio pubblico, indipendentemente da quale turismo lo attraversi. Si è pedonalizzato un’area che prima era a scorrimento veloce, anche molto pericolosa, e la si è trasformata nel luogo oggettivamente più bello della città. Il risultato è una piazza a mare, uno spazio pubblico fruibile. Tornare indietro sarebbe una follia. Però è chiaro che se non si ha una idea di turismo, se si abbassa la qualità e si lega il turismo ad serie di stereotipi sulla città anche il lungomare non aiuta. Stiamo molto ragionando sul cibo, esiste un effettivo abbassamento della qualità dei prodotti per soddisfare i bisogni di quanti più turisti possibile. Questo crea un fenomeno non positivo.

Che idea avete sul Borgo Marinaro e Castel dell’Ovo, lì forse c’è una turistificazione al ribasso o no?

È legato ai flussi. Napoli non era pronta alla quantità di turisti che arrivano: sono persone che arrivano da tante parti del mondo, c’è un tema legato al viaggio. Sono viaggiatori che arrivano nella nostra città. Il problema è che se si concentrano tutti in uno stesso luogo e se hanno un’idea della città molto dettata da una logica consumista e brandizzata della città finiscono con lo snaturare il lungomare e il borgo marinaro e i Decumani, ma non per loro volontà, ma semplicemente perché c’è un rapporto di causa ed effetto che fa sì che la qualità si abbassi. Però Napoli nonostante tutto mantiene ancora una forte autenticità, non è tutto perduto a Napoli. Non sei come in altri centri storici.

Quando lei parla di meticciato, esso esiste anche nei condomini.

Certo, esiste un fenomeno legato alla proliferazione delle case messe in affitto sulle piattaforme.

Quanto è grande il fenomeno Airbnb a Napoli?

Si contano 7mila alloggi, un numero in forte espansione e in crescita. È il numero che conosciamo, poi c’è tutto il tema dell’informale e del non riconosciuto e del fenomeno studenti irrintracciabile e non mappabile. Negli ultimi anni il fenomeno Airbnb è in crescita esponenziale. E i primi a farne le spese sono proprio gli studenti universitari.

Quei quartieri del centro storico sono sempre stati quartieri studenteschi, con la presenza della Federico II a Mezzocannone e dell’Orientale, oggi come stanno cambiando?

Gli studenti stanno incontrando difficoltà gigantesche nel trovare case in affitto in centro, al di là del prezzo, perché quello che c’è è molto caro, c’è un problema di offerta. Si finisce ora in luoghi periferici rispetto alle sedi universitarie. Forcella, Sanità, in quartieri molto popolari, che prima non erano studenteschi. Questa è di sicuro una gentrification: luoghi che erano popolari e in cui negli ultimi 30 anni gli studenti, soggetti molto presenti in città, lì non c’erano, oggi arrivano perché per loro il centro storico è quasi interdetto. La sensazione è che quel tipo di rendita in più si mette sulle piattaforme: la casa in più. Prima si fittava allo studente, oggi tendo a fittarla al turista.

Cambia molto in termini di rapporti con la città, vero?

Cambia tutto, cambia l’apporto che si dà alla città. Sono convinta che la forte presenza studentesca nel centro storico è uno degli elementi che ha reso la nostra città particolarmente progressista. Napoli ha sempre avuto un rapporto molto aperto col migrante, col viaggiatore, con l’omosessualità, sono tutte questioni che su Napoli non hanno mai trovato grandi barriere, però essere abituati negli ultimi 30 anni, ma anche prima, ad una presenza costante di ragazzi che portano un elemento libertario oggettivo ha fatto sì che la città avesse degli anticorpi importanti. Questa identità non si deve perdere, perché il turista in città sta 3 giorni, lo studente è residente. Il paradosso è che si rischia di costruire una comunità conservativa, ossia una comunità di residenti che non si ibrida più con persone di altri luoghi, ma pure residenti.  

Quanto il MANN sta accelerando il fenomeno della turistificazione, anche positiva e culturale, della città? È ormai uno dei musei più performanti d’Italia insieme alle Gallerie degli Uffizi e al Parco Archeologico di Pompei.

Il MANN sta facendo un lavoro molto sperimentale rispetto alla funzione museale. La gestione attuale è stata capace di rimettere in relazione il Museo con la città: i napoletani che oggi conoscono il MANN sono molti di più di quelli che lo conoscevano fino a 10 anni fa. Noi lo chiamavamo l’Archeologico, ci andavamo con la scuola, ma i cittadini non lo conoscevano.

È sempre stato vissuto quasi come un corpo estraneo.

Sì, nonostante stesse a Piazza Cavour, nel pieno de flussi cittadini. Grazie ad una serie di proposte, con mostre che sanno mettere insieme i linguaggi contemporanei e l’antichità, il MANN è rinato, grazie ad un lavoro su punti di interesse e stimoli. In molti dei luoghi archeologici e della cultura a differenza del MANN prevale ancora l’idea commerciale di biglietti molto costosi. Napoli Sotterranea è stata su tutti i giornali per le guide sottopagate, ma quello è l’emblema di una gestione molto privatistica.

Napoli Sotterranea potrebbe raccontare molto di più?

Certo, potrebbe rappresentare un’occasione di lavoro per tanti ragazzi. Continuiamo ad avere una Università che sforna laureati in Beni Culturali.

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