Firenze spettrale e con pochissimi turisti. “La stagione 2020 non inizierà, dov’è il Ministro Franceschini?”

by Michela Conoscitore

L’impatto del Covid-19 su Firenze è stato inizialmente blando, tanto che lo stesso sindaco Dario Nardella aveva dato notizia, una settimana fa, dalla pagina Facebook del comune, che nelle giornate del 6, 7 e 8 marzo i musei civici sarebbero stati gratuiti, per residenti e non residenti. Dopo un botta e risposta sui social con l’immunologo Roberto Burioni, che aveva fermamente disapprovato il provvedimento, e soprattutto assistendo all’aggravarsi dell’epidemia di coronavirus in Italia, il sindaco si è visto costretto ad annullare le giornate gratis. Come si suol dire, oltre al danno la beffa: da qualche giorno, anche il primo cittadino di Firenze è in quarantena a causa del coronavirus.

L’Italia è stata proclamata, globalmente, da tutte le nazioni una zona rossa. Questo non può che nuocere al Paese e al turismo, che rappresenta una delle ‘entrate’ principali. Passeggiare in questi giorni, a Firenze, suscita sicuramente un senso di straniamento, per chi come me la città la vive quotidianamente, con le sue folle di turisti vocianti e caotiche. Se spesso si è desiderato che quelle comitive sparissero, per avere un po’ di tranquillità, oggi questa pace inattesa, la città nuovamente e solamente dei fiorentini, fa paura e incute timore. Firenze è diventata spettrale, probabilmente si creò lo stesso clima quando, in passato, subì altre epidemie, ma se allora quegli accadimenti trovavano inevitabilmente la gente impreparata, nel 2020 nessuno si sarebbe mai aspettato che si potesse verificare una cosa del genere.

Così, ho deciso di raccogliere pareri e parlare con coloro che sono i più colpiti da questa situazione critica, ovvero i lavoratori del comparto turistico fiorentino. Mi sono diretta verso la stazione ferroviaria di Santa Maria Novella, zona dove si raggruppano numerosi hotel e B&b per indagare sulle cancellazioni da parte dei turisti stranieri. Citofono a La Locandiera, struttura di Silvia Brunori, che mi accoglie con un volto tirato. Silvia si siede al computer, e accede al gestionale con il quale tiene traccia di tutte le prenotazioni che arrivano al suo B&b. Mi mostra una spaventosa schermata bianca, soprattutto se si pensa, mi racconta, che era coperta fino a fine aprile: “Per Pasqua è saltato tutto, come penso anche la stagione 2020”, mi riferisce, “Non voglio prendere sottogamba la situazione, ma la comunicazione è stata lasciata allo sbando. I social e i giornali si sono sbizzarriti, e così è passato il messaggio della paura. Ho già chiesto aiuto alla banca, per farmi sospendere il mutuo che è la cosa più pesante per me”. Alla mia domanda su come pensa di uscire fuori da questa crisi, Silvia risponde: “Da oggi, bisognerà cambiare metodo di lavoro, dovremo tenere in considerazione queste dinamiche. Soprattutto, concentrarci anche sulla clientela italiana e non solo quella straniera. Far capire ai nostri connazionali che l’Italia va conosciuta non soltanto in bassa stagione. Il 13% del Pil italiano è prodotto dal turismo, ma sembra che si siano accorti soltanto adesso di come questo comparto faccia muovere l’economia del Paese.

Proseguendo verso il centro, arrivo al duomo di Santa Maria del Fiore, incredibilmente deserto: la consueta fila per visitare uno degli edifici religiosi più importanti d’Italia è praticamente non pervenuta. La piazza, su cui affaccia anche il Battistero di San Giovanni, è tranquilla e vi si può passeggiare agevolmente, quando fino a qualche settimana fa si procedeva a fatica nella ressa di turisti. Prima di dirigermi verso via dei Calzaiuoli, decido di controllare la situazione alla Galleria dell’Accademia, altro punto nevralgico della città, preso d’assalto dai gruppi di stranieri in visita a Firenze. Pure qui, trovo soltanto desolazione perché le file chilometriche che affollavano via Ricasoli, sono soltanto un ricordo. Incontro un gruppo di fiorentini, meravigliato di trovare il museo così facilmente accessibile, che decidono di fare una visita al David di Michelangelo, li avvicino e mi dicono: “Questa è un’occasione unica, dobbiamo approfittare!”. Gli ultimi fortunati ad averlo fatto, prima del decreto governativo di domenica 8 marzo, che ha ordinato la chiusura di musei e altri luoghi di aggregazione fino al prossimo 3 aprile.

Poco distante dalla Galleria dell’Accademia, trovo il ristorante di Gianni Iacovitti, situato in piazza San Marco, il cui nome richiama proprio il museo lì vicino, L’Accademia. Il signor Gianni, abruzzese di tempra, mi racconta come sta procedendo il lavoro nella sua attività, in questi giorni particolari: “Tieni conto che solitamente a pranzo ho sessanta-settanta coperti, mentre la sera ne faccio ottanta. In questi giorni, invece, ne faccio a stento dodici la mattina, e quindici la sera. Non sono allarmista, ma la situazione è tremenda. Praticamente da quindici giorni, il lavoro si è azzerato. Come farò a fronteggiare le spese e a pagare i dipendenti? A livello comunale, si potrebbe prendere qualche provvedimento come aprire le ZTL, così i fiorentini sarebbero più invogliati ad uscire”, e aggiunge, “sembra una terza guerra mondiale, ma non sappiamo chi è il nemico: il Governo ha seguito le direttive dell’OMS, ma forse nemmeno loro si aspettavano una situazione simile. Di questo passo la gente morirà di fame, e non per il virus”. Gli chiedo come pensa evolverà la crisi nei prossimi mesi, Gianni mi dice: “Se si allenta la pressione mediatica, possiamo farcela. Ma sarà sicuramente un turismo più italiano che straniero, che interesserà le città d’arte nei prossimi mesi. E per l’estate penso andranno moltissimo i last minute. Questa emergenza si è abbattuta sul sistema Italia che era già in crisi. Non possiamo fare altro che continuare a lottare”.

Dopo aver percorso parte di via dei Calzaiuoli, imbocco una traversa ed entro al Festival del Gelato, famosa gelateria artigianale, in pieno centro storico, del signor Antonio Petrosino. Durante la nostra chiacchierata, durata più o meno un quarto d’ora, mi fa notare che non è entrato nessuno nel negozio: “In quarant’anni di lavoro, non è mai successa una cosa del genere, e la gelateria in questo periodo era sempre piena”, afferma preoccupato. “Adesso tocca a voi giornalisti fare la vostra parte, dovete raccontare la verità, cercare di ridimensionare la situazione che si è creata, e ricostituire la fiducia nella gente. Stando in centro, all’80% noi lavoriamo grazie ai turisti. Poco fa ho contattato il proprietario dei locali, e gli ho chiesto una riduzione sugli undicimila euro dell’affitto. Ne parleremo in settimana, spero sarà comprensivo”. E prosegue: “Potrò andare avanti, in questa situazione, ancora per due mesi, poi sarò costretto a chiudere perché non so come pagare i dipendenti. Vorrei dallo Stato non un sostegno economico, ma supporto e comprensione, affinchè ci aiutino a superare questa fase”.

Passeggiando verso Piazza della Signoria, incontro Vincenzo Neri, guida turistica abilitata freelance che opera a Firenze da molti anni. Vincenzo, nella nostra camminata, mi dice che questa non gli sembra più la città che conosce così bene: “È triste vedere così Firenze, non c’è nessuno in giro e i musei sono vuoti. Mi sono confrontato con alcuni miei colleghi, e anche loro come me hanno subito il 100% delle cancellazioni. Sicuramente, la categoria delle guide turistiche, non lavorerà per molto tempo”. Vincenzo mi racconta che i tour operator hanno già ideato tratte che aggirano l’Italia, dirottando quindi i flussi turistici verso la Svizzera e altre nazioni. E aggiunge: “Il vero virus è questo allarmismo che si è diffuso tra la gente, veicolato tantissimo anche dai social network. Credo che la stagione 2020 non inizierà nemmeno, e mi chiedo dov’è il ministro Franceschini: si dovrebbe tutelare il turismo, e tutto l’indotto che apporta importanti entrate alle casse dello Stato. In questo momento c’è bisogno di supporto concreto da parte del Governo, anche alla nostra categoria, con sussidi economici, sgravi fiscali, e slittamento delle scadenze”.

Arrivati agli Uffizi, i cui loggiati ospitano usualmente file infinite di visitatori in attesa di entrarvi, scopriamo che anche il museo più celebre al mondo, scrigno di tanti capolavori dell’umanità, è desolatamente vuoto. Saluto Vincenzo, e mi dirigo verso Ponte Vecchio: una volta arrivata, vedo che alcune delle tipiche gioiellerie hanno le vetrine serrate, e il numero di persone che vi passeggiano è davvero irrisorio rispetto ai gruppi che lo gremivano fino a qualche settimana fa. Lasciando il ponte, giro su Via Por San Maria, e mi fermo in un negozio di prodotti tipici toscani, di solito sempre affollato. Parlo con Claudia, la commessa, chiedendo anche a lei come procedono gli affari: “Da circa due settimane, stiamo lavorando pochissimo. Oggi, per dire, non abbiamo avuto nemmeno un cliente. Alle otto di sera, non c’è più nessuno per strada. E i negozi qui vicino, in via de Bardi, hanno deciso tutti di chiudere per adesso. A marzo, invece, si ricominciava a lavorare: russi, americani, giapponesi, sono loro i nostri potenziali clienti, sommandoli agli italiani”. Quando le chiedo cosa si aspetta dai prossimi mesi, risponde: “Abbiamo tutti paura, noi che lavoriamo nel turismo. Ieri sera, una ragazza americana ha comprato qualcosa e prima che andasse via, mi ha raccontato che studia a Firenze ma dagli Usa le hanno consigliato di tornare a casa. Le ho chiesto di riferire a chiunque, di tornare presto in Italia perché il paese è sicuro”.

Altri luoghi che, solitamente, sono presi d’assalto dai turisti e nei quali mi reco sono la fontana del Porcellino, per il consueto rito della monetina, e Piazza della Repubblica: anche qui, si rinnova la scoperta che i turisti hanno davvero abbandonato in massa Firenze. L’ultima zona che manca alla mia passeggiata perlustrativa in questa Firenze svuotata dalla paura per il coronavirus è la via dello shopping di lusso, via de’ Tornabuoni, con i Lungarni. I commessi delle grandi firme chiacchierano tra loro o attendono clienti, a braccia conserte in negozi mai visti così. Sui Lungarni, incontro solo un’anziana coppia di turisti stranieri che dal ponte di Santa Trinita si ferma a fotografare Ponte Vecchio. Ci sono solo loro, oggi pomeriggio, sul ponte, dove in tempi normali si assiepava una folla che faceva a turno per fotografare il panorama e scattarsi qualche selfie. Manca ascoltare i turisti parlare nelle proprie lingue, inquieta avvertire il silenzio che proviene dalle strade del centro, e non si riesce a pensare a come potrà evolvere il contagio del Covid-19, perché ha già tremendamente ‘ucciso’ la quotidianità di molti.

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