Il Molise esiste e parla croato: alla scoperta del borgo Acquaviva Collecroce, che ospitò i benedettini, i templari e Caravaggio

by Michela Conoscitore

Nell’estate 2020, in cui gli aggiornamenti sull’andamento dell’epidemia da Covid si accompagnano ai tormentoni musicali, c’è chi non ha voluto rinunciare alle vacanze in paesi esteri e chi, invece, forse pochi, sono rimasti in Italia. Gli italiani possono dire di conoscere davvero il proprio Paese? Pare di no. E confermando ciò, allo stesso tempo tutti possiamo affermare che ci è piaciuto tanto il Big Ben a Londra ma non sappiamo quali emozioni si provano a percorrere la strada sospesa sulla valle che porta a Civita di Bagnoregio. Ci siamo emozionati davanti alla Tour Eiffel ma non abbiamo mai assaporato una granita al caffè in quel di Marzamemi. Magnifiche Grecia e Spagna, ma non conosciamo il nostro Molise.

Per queste vacanze, in parte ridimensionate dal Covid, non dovremmo puntare alle mete trendy che, ora, potrebbero rivelarsi divertenti come sempre ma anche pericolose, pensando ad assembramenti importanti e all’assenza di distanziamento sociale. Ma si sa, per invogliare è necessario prima far conoscere, fornire un ‘assaggio’ della meta sconosciuta che si potrebbe prendere in considerazione non soltanto per le ferie d’agosto ma per viaggi tutto l’anno. Proprio il Molise si presta bene ad un’esplorazione a tutto tondo, per la molteplicità di paesaggi e realtà. La regione è anche terra di minoranze linguistiche, una particolarità che, in Italia, condivide con poche altre come la Puglia.

Per scoprire il Molise, bonculture ha scelto il borgo di Acquaviva Collecroce, in provincia di Campobasso ma non molto distante da Termoli. Quel che ha attirato la nostra attenzione, oltre ad essere un piccolo centro e quindi proprio ad hoc per chi volesse trascorrere qualche giornata in tranquillità, lontani dalle folle, e partire da qui per visitare in lungo e in largo la regione, è la storia affascinante del borgo e la lingua che vi si parla, il na-našu, una variante antica del croato che qui soppianta l’italiano nella quotidianità.

Con Montemitro e San Felice, Acquaviva Collecroce è uno dei tre centri dove la lingua croata, considerata un vero e proprio patrimonio orale oltre che culturale, viene tutelata non solo dal governo italiano ma anche da quello croato: il presidente della Repubblica croato oltre ad effettuare visite ufficiali in questi paesi, mantiene vivi i rapporti finanziando corsi di croato, e avviando collaborazioni di tutela con l’Italia, ma soprattutto i paesi a minoranza linguistica croata possiedono dei propri rappresentanti al Parlamento di Croazia che tutelano gli interessi di questi piccoli borghi. A farci da guida per raccontarci la storia del borgo è proprio la rappresentante Antonella D’Antuono, appassionata ricercatrice e protettrice delle tradizioni acquavivesi.

L’attestazione della presenza di una comunità risale al XII secolo, ma l’arrivo della popolazione slava viene documentata intorno al Cinquecento, quando quelle genti abbandonarono le loro terre d’origine in seguito all’invasione ottomana. In un’Acquaviva immersa nella quiete serale, di cui solo i piccoli borghi sono fieri detentori, la dottoressa D’Antuono ci accompagna verso la chiesa di Santa Maria Ester. Il silenzio, man mano che si percorrono le stradine strette e tortuose diventa quasi mistico quando giungiamo nei pressi dell’edificio religioso. A svelarci il mistero è la dottoressa D’Antuono, indicandoci una croce particolare impressa vistosamente sulla facciata posteriore: “Ad Acquaviva, con i benedettini, i monaci guerrieri, coesistevano i Cavalieri Di Malta. Quella croce sulla sommità della chiesa è il loro marchio. Chi nasceva ad Acquaviva, apparteneva a loro. Il nostro paese rientrava nella commenda di Guardialfiera, ma Acquaviva era comunque un centro se stante, depositario anche di una certa importanza strategica. Infatti, chi nei secoli passati vi arrivava, è perché sapeva della sua esistenza. Il borgo sorge nella valle, quasi nascosto, circondato da altri paesi arroccati sulle colline. Chi voleva raggiungere Acquaviva, poteva farlo solo seguendo la costellazione del Cigno che punta proprio qui. La città sorge con alle spalle i monti e lo sguardo rivolto verso il mare, in una continua malinconia dei profughi croati verso la madrepatria”.

D’Antuono prosegue: “I benedettini e i Templari hanno accolto le popolazioni slave per ripopolare quest’area, e rivitalizzarla dal punto di vista agricolo. Qui i Templari possedevano un proprio edificio, un comando, punto d’arrivo di un crocevia di viandanti e pellegrini, ma anche guerrieri in viaggio per raggiungere la Terrasanta e partecipare alle Crociate. Ad Acquaviva lasciavano i loro beni più preziosi, per poi sperare di recuperarli al loro ritorno”.

La dottoressa D’Antuono, da anni, si documenta sul suo paese d’origine provando a svelare quei misteri che lo contraddistinguono, uno di questi è forse la permanenza, non ancora accertata, del pittore Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, ospitato in questo luogo all’epoca segreto, proprio dai Cavalieri di Malta, nella sua fuga da Roma. Inoltre, Acquaviva, ricca di corsi d’acqua, ha la caratteristica di possedere ben tredici fontane utilizzate dalla gente del posto per le proprie attività quotidiane, ma che celano un vero e proprio cammino iniziatico: “Siamo alla fontana del Pisciariello (Pišaraj, nella lingua del posto ndr.) adesso”, racconta D’Antuono la mattina successiva di visita, “la vita è andare avanti, non si torna indietro. La fine per noi cristiani è simboleggiata dal segno della croce, ovvero la chiesa di Santa Maria Ester posta al termine di questo percorso, che si raggiunge dopo un procedere in salita. Al tramonto, qui in questa fontana che è una delle prime tappe, il sole obliquamente illumina la scritta ‘invisibile’, i nostri avi dicevano: solo i giusti vedranno. In sottofondo mentre parliamo il rumore dell’acqua, ovvero lo scorrere della vita”.

La visita prosegue e raggiunge l’antica chiesa dei benedettini, ora inagibile a causa del terremoto del 2018 ma si spera di prossimo recupero, e proprio qui la dottoressa D’Antuono svela che nonostante il paese sorga in una valle, possedeva una completa visuale sulle terre confinanti: nei giorni limpidi si scorge la vicina Puglia, e dalla citata chiesa antica, scoccando una linea retta, si raggiunge il Gargano, precisamente Monte Sant’Angelo che condivide con Acquaviva Collecroce il santo patrono, l’arcangelo guerriero Michele. Il patrimonio di Acquaviva, come già scritto, è la lingua che ha dato origine ad un’imponente tradizione orale, costituita da canti e litanie, alcune di esse anche taumaturgiche. “Non ci siamo mai davvero integrati”, afferma la dottoressa D’Antuono, “sono millenni che ci limitiamo a convivere, e lo dimostrano le scritte bilingue del nostro borgo, i tratti somatici degli abitanti di Acquaviva. Noi pensiamo e sogniamo in na-našu, anche se moltissimi, compresi i fascisti, hanno provato a proibirci di parlare e tramandare la nostra lingua. Eppure siamo ancora qui”.

Il paese, nella metà del secolo scorso, contava circa duemila abitanti, poi come è accaduto in numerose parti del Meridione, è stato interessato da un’importante emigrazione di massa, come ci racconta il sindaco Francesco Trolio, che nel frattempo abbiamo raggiunto nel palazzo comunale: “È il dramma di tutte le aree interne italiane: l’emigrazione di massa si è verificata già prima della seconda guerra mondiale. Il nostro paese è stato particolarmente interessato da un’emigrazione in Australia, lì è come se ci fosse una seconda Acquaviva, anzi più grande. Gli acquavitesi australiani hanno dimenticato l’italiano ma, parlano il na-našu e l’inglese. L’impoverimento demografico ha intaccato la ricchezza di Acquaviva, la nostra lingua, però negli ultimi venti anni per preservarla si sono avvicendati insegnanti ed organizzati corsi specifici, inoltre anche strumenti che l’hanno codificata”.

La regione è tra quelle meno densamente popolate in Italia, e qualche anno fa è stata bersaglio di un’asserzione ‘umoristica’: il Molise non esiste. Ma è una provocazione o un’affermazione? “Il Molise non esiste, ormai, è diventato uno spot”, afferma il sindaco di Acquaviva, “in Europa e in Italia sono state portate avanti politiche ragionieristiche, che hanno messo da parte la Costituzione e un’altra serie di principi. Ovvio che vanno avanti i numeri, quindi il Molise essendo bassamente popolato ne soffre, sembra però che la situazione per le aree periferiche stia migliorando”. Prosegue Trolio: “Innanzitutto bisognerebbe recuperare il divario infrastrutturale riguardante le vie di comunicazione: il nostro è un territorio geologico difficile, il 90% del Molise è costituito da aree interne con alto rischio idrogeologico. L’agricoltura, nello specifico quella acquavitese, se gestita in modo manageriale sarebbe qualitativamente migliore rispetto a quella del basso Molise. Le aziende agricole devono modificare il loro modo di produrre, altrimenti le aree interne saranno soltanto per pensionati e per il turismo di nicchia”.

Il Molise esiste, resiste e agisce”, conclude la dottoressa D’Antuono. Un buon motivo, questo, per visitare Acquaviva Collecroce e tutte le ricchezze di questa regione.

Photocredit: Annamaria Masciandaro

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