La Sgarrazza, la “ferita” nel Gargano podolico

by Fabrizio Stagnani
Sgarrazza

Astioso non cadere nelle frasi fatte se si parla della Masseria La Sgarrazza. Agriturismo, azienda agrozootecnica, biologico e chilometro zero sono etichette che non riescono a contenere quello che è veramente questo luogo.

Due strade per arrivarci. Quella suggerita in genere dai navigatori gps, soprattutto se si arriva da sud, che si imbocca poco dopo aver passato Mattinata. Suv e fuoristrada sono deliberatamente consigliati per chi volesse accingersi ad affrontare questo impervio ed affascinate tracciato un tempo percorso solo dalle mandrie. L’altra, più morbida, adatta anche agli pneumatici più delicati, ben indicata uscendo nelle prime periferie di Vieste. 

Si approda su di un aia che sembra ancora accogliere spianate di grano da battere all’ombra del corpo centrale della Masseria. Poggiata nei confini del Parco Nazionale del Gargano, La Sgarrazza risale alla metà dell’Ottocento e se non fosse per qualche moderna targa ministeriale, a riconoscerne i meriti, affissa tra le chianche, sembrerebbe felicemente di essere ancora in quell’epoca.

Il più delle volte si viene accolti dal profumo del bucato steso al vento mischiato a quello della legna arsa e buone pietanze che rumoreggiano sul fuoco. Alle spalle tutta la Foresta Umbra, difronte una spaccatura, una ferita, la “sgarrazza”, appunto, tra le alture che si apre sul Mar Adriatico. Per chi viene dalla città, a notte fonda ci si rincontra con un soffitto così colmo di astri che è difficile ritrovarne uno simile nella memoria. Bestie, tante, ovunque.

Sull’aia galli e galline che scorrazzano insieme agli animali domestici più cari, a ridosso della staccionata vacche podoliche, maiali neri e capre garganiche liberi, al pascolo brado. Poco più in la, dietro i primi arbusti di macchia mediterranea, ai margini delle fitte boscaglie, tracce di cinghiali, daini autoctoni e lupi. Si, ebbene si, lupi! Da quelle parti non è raro adocchiare anche qualche falco pellegrino, nibbio reale, gheppio o poiana che volteggia alla ricerca di piccoli roditori o altre facili prede.

Signor Antonio come è possibile che il vostro caciocavallo podolico è già finito? Non ne ha altro?

“La primavera è lontana. Erba non ne sta più. Le vacche fanno meno latte. Se volessi gli potrei dare la biada, ma non è cosa, se no poi il latte viene lento, senza quel sapore originale.”

Magari senza tutti i denti in regola, questo risponde il venerando patriarca di quelle terre se gli si rivolge domande simili fuori stagione. Ma dopo poco ti viene incontro con un coltellino da tasca e il fondo di una forma di caciocavallo della sua gran riserva da condividere. Di fronte a questo dire che siamo in un presidio Slow Food risulta decisamente riduttivo. E non è che le nuove generazioni peggiorino.

Ma due uova di più da portare in stanza per fare colazione domani mattina ci sono?

No, le galline le vanno a nascondere sempre meglio in giro. I posti li conoscevo tutti, ma cambiano sempre.

Altrettanto vere e perentorie sono le risposte del rampante erede al trono, ma anche lui, se può, non manca di gentilezza a portarne appena colte proprio la mattina dopo sull’uscio dell’alloggio. Ed è giusto così, non c’è il room service li, non è un disservizio, è quello che ora chiamano “rispettare i ritmi naturali”, ma che dovrebbe essere una ben più generale voglia di non forzare i sistemi, sensibilità che insegna soprattutto ad esigere meno e a godere ancor più di quello che la terra dona spontaneamente.  

Anche a tavola non si va per il sottile. La regina dei fornelli è la Signora Francesca, moglie del venerando, che ha come ingredienti la produzione del loro orto, situato più giù, in pianura, e per ricette antiche indicazioni tipiche del Gargano. A condire il tutto il verace olio d’oliva, più che altro a centimetro zero.     

Alla destra del desco, gli alloggi, quattro. Stanze fornite in semplicità e praticità di tutto, cucina, tinello con camino, bagni e camere da letto che possono accogliere comodamente dalle due alle sette persone se si va ad occupare anche il soppalco attrezzato. Oggetti che rimandano ai fasti della civiltà contadina per arredo e mobilio rustico ed essenziale pronto a soddisfare anche le medio-lunghe permanenze.  

Cosa fare alla Sgarrazza? La proposta risulta essere tutt’altro che poco curata. Escursioni a piedi, in bici, a cavallo o in fuoristrada, ma anche garantite sono le convenzioni con i noleggiatori di canoe e barche giù, sul Mare. Assicurata per i più piccoli l’educazione ambientale. Non basta? Tutt’attorno il Gargano! Peschici, Rodi, Vico, Monte Sant’Angelo, Carpino, Cagnano.

Vi segnaliamo il sito www.masseriasgarrazza.it

by Fabrizio Stagnani

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