“Senza turismo, noi non ripartiremo”. La protesta dell’Associazione Ponte Vecchio di Firenze

by Michela Conoscitore

Con la Fase 2 a Firenze, non tutto è tornato alla normalità: è stata fissata una data di riapertura, che però non pone fine alla protesta che è partita dalle botteghe artigiane di Ponte Vecchio. I caratteristici negozi storici sul ponte sono rimasti chiusi fino ad ora donando, ad uno dei luoghi simbolo del capoluogo toscano, un aspetto desolante che rimanda ancora ai giorni cupi del lockdown. Per conoscere le problematiche e comprendere quali sono i timori per il futuro, bonculture ha intervistato la presidente dell’Associazione Ponte Vecchio, Giuditta Biscioni:

Signora Biscioni, qual è la storia delle botteghe di Ponte Vecchio?

A Ponte Vecchio ci sono principalmente gioiellerie ed argenterie, ed è rimasta una sola pelletteria, l’attività che rientra nella storia del ponte: nel dopoguerra fu data la possibilità anche ad altre tipologie di attività di aprire negozi, da qui è nata la nostra comunità di orafi e argentieri. Queste arti a Firenze hanno ricevuto impulso dalla dinastia dei Medici, e sopravvivono ancora dal Quattrocento.

Ovviamente la vostra protesta è connessa al periodo di difficoltà vissuto a causa della pandemia. Quali problematiche state affrontando?

La prima problematica è sicuramente la cassa integrazione per il nostro personale: lo formiamo negli anni, e garantiamo ai nostri clienti un’assistenza alla vendita competente, perché vendiamo degli oggetti che vanno spiegati. Dal materiale alle pietre, fino alla lavorazione. I nostri collaboratori fanno parte della famiglia, e se li perdessimo, significherebbe reinvestire su altre persone per formarle. Richiediamo che i nostri dipendenti ricevano la cassa integrazione, fin quando i flussi turistici non torneranno alla normalità. La crisi del turismo è il secondo problema: senza quello, noi lavoriamo al 10%. Ovviamente, abbiamo la nostra clientela fiorentina ma, il turista americano, giapponese, cinese e russo veniva a Firenze alla ricerca della manifattura locale. Siamo rinomati all’estero e molto richiesti, ecco perché il nostro lavoro si basa così tanto sul turismo, e non siamo più autosufficienti soltanto con la clientela del posto. Il terzo problema è quello degli affitti, le parlo di cifre molto alte. Mesi di chiusura, e poi in seguito mesi di non lavoro, in assenza di turismo, ci stanno portando ad affrontare costi superiori che una riapertura non può sostenere.

Fino a quando durerà la serrata delle vostre botteghe?

Abbiamo deciso di interromperla il 3 giugno, con la riapertura delle regioni e dei confini nazionali. Ovviamente sarà una cosa prettamente simbolica, perché il lavoro non ci sarà, lo facciamo per Firenze, perché vogliamo provare ad essere propositivi e cercare di ripartire. Però, dal giorno dopo non tutte le attività proseguiranno l’attività con orario regolare, o non riapriranno. Riprenderemo a scaglioni, quindi.

Quando un cliente è in gioielleria, ovviamente tocca gli oggetti in vendita e li prova. Adesso, con queste norme di sicurezza così stringenti miranti a bloccare la diffusione del virus, e con l’imminente vostra riapertura, come proverete ad adattarvi a queste nuove contingenze?

Ci sono varie difficoltà in merito alla sanificazione di ambienti e oggetti in vendita. I nostri negozi sono molto piccoli, di conseguenza è difficoltoso chiedere di mantenere il canonico metro di distanza: se non quello di far uscire fuori il cliente, prendere l’oggetto dalla vetrina e poi farlo rientrare. Ciò si baserà molto sul nostro buon senso e su quello del cliente, ci verremo incontro. Per quanto riguarda la sanificazione degli oggetti, noi ci adatteremo alle norme che seguono già i negozi d’abbigliamento: alcuni verranno toccati con i guanti, da parte sia del cliente che del proprietario dell’attività, altri verranno sanificati con prodotti specifici a base alcolica come la parte posteriore dell’orecchino o il gambo dell’anello. Ovviamente, il problema maggiore interessa le pietre e le perle, perché quest’ultime come il corallo o l’onice sono materiali naturali che non possono essere trattati con agenti chimici. Stessa criticità si presenta con i gioielli galvanizzati, perché la galvanizzazione verrebbe danneggiata. Anche qui, cercheremo di trovare una soluzione. Ci è stato suggerito da colleghi che trattano orologi di lusso, a far provare i gioielli con cui è possibile farlo, interponendo tra la pelle e l’oggetto un fazzoletto, oppure un polsino di una camicia o un colletto. Faremo, comunque, di tutto per assicurare un buon servizio.

Vi siete rivolti, con una lettera, anche al presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Mentre il sindaco di Firenze, Dario Nardella, si è espresso sulle vostre difficoltà?

Ci siamo rivolti non soltanto a Conte, ma anche al presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, e al sindaco Nardella. Devo dire che il nostro comune ci è stato molto vicino, nonostante anche loro hanno dovuto fronteggiare, in questi ultimi mesi, numerosi e notevoli problemi. Tra l’altro, il sindaco non ha nemmeno la possibilità di venirci incontro materialmente, però ci ha ascoltati, ha portato i nostri problemi sul tavolo del governo. Le risposte non sono arrivate, e non intendo dal sindaco ma dal governo.

Come associazione di botteghe, cosa vi aspettate dal futuro?

Speriamo che questo nuovo decreto potrà essere più favorevole per il turismo: senza, noi non ripartiremo. Chiediamo solo sicurezze fiscali per poter sperare di tornare a lavorare.

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