Ai Dialoghi di Trani, nell’anno della pandemia, è il tempo delle grandi domande

by Felice Sblendorio

In un tempo non ordinario, dominato dalla pandemia e dai mutamenti che ha innescato questo agente patogeno, straordinaria – per forza di cose – sarà la diciannovesima edizione de “I dialoghi di Trani”. Il prestigioso festival delle idee, dei libri e degli autori, ideato dall’Associazione Culturale “La Maria del porto” e sostenuto da Fondazione Megamark, ritorna con un’edizione ripensata (causa covid) a metà fra online e offline.

Se molti festival culturali hanno dovuto rimandare edizioni e programmi, questo riferimento culturale pugliese garantirà l’azione del suo pensatoio con eventi esclusivamente online, per permettere una fruizione maggiore, e momenti dal vivo, nelle piazze e nei palazzi di Trani; garantendo le distanze di sicurezza e tutte le normative indicate per la realizzazione di manifestazioni pubbliche. Il tema dell’appuntamento, in programma dal 23 al 27 settembre 2020, sarà “Il tempo delle domande”.

Il coronavirus, oltre all’aspetto sanitario, ha radicalizzato e inasprito problematiche e fratture legate ai temi della politica, della sanità, del lavoro e delle disuguaglianze. Il festival – ospitando come sempre intellettuali, professori, giornalisti, artisti e scrittori – cercherà di trovare le domande giuste (prima delle risposte) per sviluppare una mappa di pensieri e azioni per ripartire. Grande attenzione al tema delle diseguaglianze economiche e sociali con i dialoghi impreziositi dalla presenza di Carlo Cottarelli, Maurizio Landini, Elly Schlein, Luca Ricolfi, Enrico Giovannini, Paolo Vineis, Stefano Allievi, Silvana Sciarra, Roberto Voza e Massimo Bruti. Quelli sulla pandemia, la sanità, la politica e la tenuta delle democrazie occidentali con Ezio Mauro, Federico Rampini, Giovanna Botteri, Pierluigi Lopalco, David Quammen, Nadia Urbinati e Gianrico Carofiglio. E poi, ancora: Amin Maalouf, Mimmo Lucano, Francesco Piccolo, Maurizio De Giovanni, Nicola Lagioia, Massimo Bray, Sonia Bergamasco, Gabriella Nobile, Paolo Flores d’Arcais, Alessandro Barbero, Luca Bottura, Laura Boldrini e Giorgio Zanchini. bonculture, media partner dell’evento, anticipa i contenuti dell’edizione 2020 de “I dialoghi di Trani” con Rosanna Gaeta, direttrice artistica del festival.

In un tempo confuso, abitato da pochissime certezze e scenari sicuri, “I dialoghi di Trani” aprono l’edizione 2020 con una riflessione sul tempo delle domande. È un’urgenza quella di individuare le domande giuste per decodificare quello che stiamo vivendo?

Sì. Noi le domande le rivolgiamo ai tecnici affinché le loro riposte possano almeno indicarci delle vie percorribili. Dopo la pandemia non si poteva ripartire con delle certezze, perchè scarseggiano, ma solamente con dei dubbi, delle domande. Così parleremo di salute, di democrazia, del lavoro e delle sue disuguaglianze e di altri temi che hanno interessato molto l’opinione pubblica in questi mesi. Penso al rapporto fra uomo e città, ad esempio. Da Stefano Boeri passando per Renzo Piano in tanti hanno detto la loro sulla possibile coesistenza futura in questi spazi urbani. Noi, a Trani, cercheremo di capire se sia possibile pensare un altro modello di convivenza, progettando altre citte, oppure riprogettando i borghi o i tanti spazi urbani stressati da questo periodo. Lo faremo un architetto e un filosofo: Livio Sacchi, che ha scritto un libro sul futuro della città e Carlo Sini, che partendo dalla filosofia si è chiesto come sia possibile far convivere i nostri alberi, quindi la natura, con il destino – caotico e inquieto – del nostro abitare.

Le domande ricorrenti nel programma guardano alla pandemia in corso con uno sguardo più largo: attenzione non solamente al fenomeno sanitario, ma soprattutto alle concause che si svilupperanno nel prossimo futuro.

Esattamente. Sono tutti temi che parlano dell’immediato presente e del futuro più prossimo. Come dialoghi, su alcuni temi che affrontiamo da anni, ci chiederemo che cosa potrà succedere se non cambierà il nostro modo di gestire il pianeta terra. Lo faremo con Luca Mercalli in un confronto centrale dell’edizione 2020 intitolato “Non c’è più tempo”. Si parlerà dello spreco delle risorse naturali, del rapporto conflittuale fra l’uomo e la natura, quindi del surriscaldamento terrestre e di una consapevolezza non ancora maturata e messa a sistema nel nostro modo di agire. Accanto a Mercalli, però, ci saranno – come per l’edizione 2019 – alcuni rappresentanti locali di Fridays For Future, il movimento globale nato da Greta Thunberg. Abbiamo fortemente voluto la loro presenza perchè questo tema appartiene soprattutto a loro, ai più giovani.

Accanto alla salute e alla stabilità di questo pianeta ci sono i temi economici, con il lavoro e le disuguaglianze in primo piano. Questi due macro-temi sono determinanti per la tenuta delle democrazie occidentali?

Ezio Mauro, Stefano Allievi e Nadia Urbinati si occuperanno di questo tema importantissimo. Come hanno retto le nostre democrazie occidentali? Le tutele e i nostri diritti hanno aiutato a limitare tempestivamente l’avanzata del virus? E quali sono, in determinati momenti emergenziali, i confini dei nostri diritti? Qual è il confine fra responsabilità – personale e collettiva – e la nostra libertà? E ancora: le disuguaglianze, a fine pandemia, che mondo riscriveranno? Tutti questi spunti cruciali rimetteranno in discussione il nostro modo di vivere e ristabiliranno il nostro rapporto con l’istituto della democrazia moderna.

Non mancherà un focus sullo stato di salute della cultura e del sapere. Perchè sono temi così centrali per la vostra identità?

Perchè pensiamo ancora che la cultura possa essere un elemento dirimente nell’organizzazione della nostra società. Bisognerebbe organizzare e gestire la politica attraverso la cultura. Se guardiamo alla disattenzione per la scuola e l’università, al disinteresse e alla sciatteria con cui si sono gestiti questi temi, il bilancio è negativo e pesante per una politica nazionale. La cultura e l’attenzione al sapere noi crediamo siano elementi fondanti e imprescindibili per una gestione illuminata del Paese.

L’edizione 2020 dei Dialoghi sarà, soprattutto per la modalità di fruizione, straordinaria. Dopo anni di presenza nei luoghi più caratteristici di Trani, il festival si sdoppierà fra online e offline. Una scelta obbligata?

La nostra scelta segue la precisa volontà di contenere al massimo i rischi. La quantità di appuntamenti online va in questa direzione. Tutti, attraverso anche delle piattaforme importanti come quelle della Treccani, Feltrinelli e Ibs, potranno seguire gli appuntamenti da casa – sperando che l’online non abbia già assuefatto gli spettatori. Accanto a questi momenti ci saranno alcuni grandi incontri ai quali non abbiamo voluto rinunciare perché crediamo sia un segnale importante per la città e per il festival. Gli appuntamenti in presenza nelle piazze e in alcuni palazzi di Trani si svolgeranno seguendo le massime disposizioni sanitarie: distanziamento sociale, sottoscrizione della dichiarazione di presenza, termoscanner e sanificazione delle sedute. Per noi sarà una sfida impegnativa.

L’edizione 2019 si era conclusa con un bilancio amaro, soprattutto per la sostenibilità di questo festival. Quest’anno come ripartite?

Vuole che le dica la nostra situazione attuale? Disperata.

Perché?

La situazione finanziaria è disastrosa: abbiamo molti debiti perché abbiamo molti crediti. A oggi non abbiamo riscosso soprattutto i finanziamenti pubblici, ma anche quelli di alcuni privati. Così, non siamo riusciti a chiudere il bilancio dello scorso anno e, di conseguenza, a pagare molti collaboratori dell’edizione 2019. Ci prepariamo a questa complessa edizione senza risparmi in cassa, confidando alla fine nella riscossione di alcuni crediti.

Questa non è solamente una criticità di alcune kermesse. Nei giorni scorsi abbiamo letto le problematiche del Salone del Libro di Torino con una squadra di lavoro senza stipendio da ben sei mesi. Ma un Paese che non investe – soprattutto in termini economici – nella produzione di sapere a cosa è destinato?

A subire la sorte che vediamo già ora. Questa crisi culturale non è affatto sotto gli occhi di tutti, sfortunatamente. Fra Nord e Sud, poi, ci sono piccole e grandi differenze, ma sul fronte culturale la crisi è comune con l’aggravante che, se il nord non sta bene, il Sud vive quasi un disastro.

Il vostro festival, però, è una certezza a livello nazionale. In termini di opportunità economica, quanto è stato svantaggioso proporre sempre un appuntamento con una linea editoriale coerente, di qualità, impegnata?

Sicuramente credo sia svantaggioso ragionare in questi termini: ideare questo tipo di confronti, non fermandosi alla presentazione di un libro best seller, rende il nostro lavoro più complesso in termini di ideazione e coinvolgimento. Però, quasi vent’anni fa, il ragionamento attorno al quale sono nati i Dialoghi era quello di proporre un dibattito di qualità su svariati temi attuali. A questo, credo fermamente, non vogliamo e non possiamo rinunciare perché verrebbe meno – in maniera totale – l’identità del nostro festival.

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