Da Ruvo di Puglia le urbex di Abandoned Trash – Seconda parte

by Fabrizio Stagnani

Seconda parte del reportage di Fabrizio Stagnani sul mondo delle urbex con l’intervista al gruppo di Abandoned Trash

Alle basi delle urbex c’è un’utopia, ambire a che ove ci sia stato abbandono di edifici viga il rispetto. Dei filosofi del degrado Giovanni R. e Luca P., gli amministratori della pagina Abandoned Trash, sempre a caccia di un casolare, una base militare, una fabbrica, un borgo che, per una ragione o per un’altra, siano caduti in disuso e pronti da fotografare in ogni scorcio più suggestivo.

Con infinita modestia sanno di non essere né gli antesignani né gli unici a seguire questo neo istinto post moderno, ma di certo in Puglia (e non solo) sono tra coloro che ci spendono più intenzione e convinzione. Un loro credo è dettato dal fatto che se i posti abbandonati non fossero così depredati andrebbero ancora più tardi in rovina, sarebbero meno pericolosi per chi ci passa e sarebbero ancor più belli da visitare.

Non di certo per egoismo, ma per preservare quelli che per le urbex risultano essere delle chimere, il più delle volte neanche vengono geolocalizzate con esattezza le foto pubblicate, proprio per evitare che qualcuno vada a dissacrare quelli che sono ritenuti dei posti magici per le esplorazioni urbane. Quasi c’è della profonda riservatezza nel rilasciare dichiarazioni, proprio perché, a loro dire, è facile che qualcuno, leggendo articoli in merito, si possa improvvisare nell’emulare una urbex, non facendo altro che mettersi a rischio. 

Ad illuminare i profani ancora le risposte di Luca. Chi può raccontare di più dei posti che visitate?

“I vicini, la gente del posto ovviamente. Spesso ci scoprono e si pongono subito in maniera sospettosa nei nostri confronti. Ma poi gli facciamo vedere le gallerie fotografiche archiviate nei nostri cellulari di altri luoghi, gli spieghiamo cosa ci piace e come ci piace farlo e si iniziano a sbottonare, a raccontare cose, vicende.

Un aneddoto irresistibile?

“Ad Anianello trovammo una bara nuova nella stanzetta di un locale. La suggestione fu forte già così di per se, facemmo le foto di rito, tante, nell’andarcene incontrammo un gruppo di ragazzi inglesi. Ad orientarli fra le rovine della frazione del paese abbandonato una guida turistica. E fu proprio lui a raccontarci che la bara era stata acquista preventivamente da una signora anziana e malata. Ma sopravvenne prima il terremoto, spopolando Alianello, che il decesso della Signora, la quale lascio li quello che sarebbe dovuto essere il suo ultimo ricovero.”

            Così come quando si è a conoscenza che una persona colleziona, ad esempio, campanelline ed ad ogni compleanno o ricorrenza gli amici sanno cosa regalargli, anche i ragazzi di Abandoned Trash iniziano ad essere sommersi di segnalazioni di amici che sanno cosa indicargli per la calendarizzazione delle loro prossime uscite in esplorazione. Ormai chiunque entri a tiro dei loro racconti si rende conto di poter fare loro presente di un casolare diroccato sulla Murgia di proprietà del nonno, aggiungendogli persino tutti i retroscena e consigli per l’accesso, così come di luoghi dove non intenzionalmente sono passati e immaginano che ai due ruvesi possa far piacere saperne.  “M.B. ci ha detto della villa della sua famiglia nell’entroterra pugliese, ovviamente abbandonata.” Tra gli urbexani vige sempre un’omertà cautelativa di tutti e tutto. “Prima ancora di andare sul posto sapevamo dei disegni delle pin up, che ancora si intravedono, fatti dai soldati che si riparavano li, della voragine in un muro aperta dai ladri per far passare un tavolo che non sarebbe stato possibile far uscire se non da quella apertura. Cose che noi in autonomia forse non saremmo neanche arrivati ad immaginare!”

 Il suggestivo in cosa lo trovate condensato?

“Abbiamo visitato anche campeggi, villaggi turistici, centri commerciali, ma nei paesi puoi trovare spesso il meglio. Trovi la vita che si è fermata. Se sei fortunato trovi suppellettili, televisori … nella bottega di un macellaio ancora il frigorifero … macchine storiche … il bancone del bar con la macchina del caffè … lì tu hai veramente un’istantanea del momento in cui tutto è finito. Calendari vicino al muro. Uuh, in un ospedale trovammo il lettino del ginecologo e poi, mesi dopo, nell’associazione culturale che gestiamo a Ruvo, la Mancha, nulla di connesso con Abandoned Trash, venne a suonare una band proprio del beneventano e uno dei componenti ci disse che quello era lo studio medico di suo padre. Spettacolo! Sono tante le commistioni che si possono incontrare, il bello è anche in tutto questo!”     

Con le tenaglie bisogna tirargliele agli esploratori urbani, ma come è facile da immaginare di storie ce ne sono tante. Accennavi ad un’amarezza assaporata in un’avventura nell’avellinese?

“Eravamo arrivati in questo borgo diviso dalla torre dell’orologio. Su un versante la parte vecchia abbandonata dopo il terremoto, dall’altra, neanche cinquanta metri di distanza, quella nuova abitata. Sulla Torre una lapide che riporta tutti i nomi dei deceduti. Quasi tutti avevano gli stessi cognomi, tutti, s’immagina, imparentati. Gli abitanti di S. non vanno più nella parte vecchia. Una Signora, incontrata in un bar dove ci eravamo fermati a bere una cosa, ci raccontò che li, pur se a due passi, non c’era mai ritornata, perché per lei quel posto rappresentava solo tristezza. Non riusciva proprio a superare l’ombra dell’orologio. Si ricordava tutto, dei suo parenti scomparsi, che era piccola quando furono costretti a sloggiare. E noi, rispettosamente, comunque eravamo li solo per il nostro piacere. Si imparano tante cose.”  

Siete una comunità, collegata ovviamente in rete. La verità, c’è una corsa al primato dell’allunaggio?

“A livello mondiale esistono milioni di persone singole, di pagine, di gruppi, di collettivi. Su Instagram con l’hastag urbex si viene inondati di realtà. Noi siamo gemellati con Sardinia Urbex, un bel collettivo, ci hanno aggiunto loro alle pagine di amici. Evidentemente gli piace quello che facciamo. Ora ci seguiamo a vicenda. Siamo una comunità aperta che condivide la stessa passione senza nessun punto di scontro. Comunque sì, c’è chi non geolocalizza le proprie foto anche perché vuole mantenere un primato, un’esclusiva, ma non è il nostro caso. Sì, c’è chi se la credo un po’. Tanto di fatto l’esclusiva non l’avrà mai nessuno, in quei posti c’è sempre chi è passato per primo.”

Stana per quel che si vuole, ma tutto questo potrebbe essere letto solo come un collante per comitive, indubbiamente sui generis, alle quali piace il gusto del tempo cristallizzato e ricoperto di polvere, la fotografia e vivere la natura che si riappropria del suo spazio piantando radici fra i lastroni di pavimentazioni non più battute. Ma sempre raccomandazioni a chi si volesse iniziare a urbexare: sole alto, obbiettivi puliti e occhi aperti!

A questo link la prima parte del reportage

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.