“Dopo il Covid-19, forse, ci saranno catene di forniture più corte”. Intervista al prof Gianfranco Viesti

by Antonella Soccio

Quanto saranno importanti gli effetti del Coronavirus sull’economia nazionale e globale? Ad uno shock dal lato dell’offerta di lavoro si può aggiungere una crisi poderosa della domanda dovuta all’incertezza. Il Covid-19 potrebbe infettare l’economia in maniera drammatica.

Secondo alcuni economisti il limitarsi dell’aggregazione tra persone avrà un effetto negativo sulla produttività e sulla competizione oltre che sull’efficienza della combinazione tra capitale e lavoro. Chi delinea scenari sta già parlando di de-globalizzazione.

Noi di bonculture abbiamo posto alcune domande al professor Gianfranco Viesti, docente di Economia presso l’Università di Bari, per cercare di comprendere cosa potrebbe accadere dopo questi tempi bui.

Professor Viesti, che ne pensa della chiusura che l’Italia sta vivendo e quali saranno secondo lei le conseguenze per i territori meridionali così fortemente de-industrializzati? In queste settimane sta soffrendo soprattutto il comparto turistico-culturale, su cui finora il Sud aveva puntato.  

Gli economisti sulle misure sanitarie non hanno nulla da dire, perché non siamo degli esperti. Per quel che conta la mia opinione credo che il Governo si sia comportato complessivamente in maniera ragionevole.  

Mi sembra che molte piccole aziende, soprattutto dei servizi hanno dovuto interrompere le loro attività e bisogna fare ogni sforzo per evitare che questa interruzione si trasformi in una chiusura definitiva, quindi bene l’estensione della cassa integrazione e i sostegni ai comparti maggiormente colpiti, ossia il turismo, i viaggi, la ristorazione, tutti quelli che conosciamo. Sulle conseguenze complessive non si può dire niente assolutamente, perché dipende tutto da quanto dura. Di sicuro sono fortemente negative, anche se bisogna comunque aspettare e vedere, perché se la situazione dovesse migliorare, ad un certo punto si potrebbe avere anche un fenomeno di rimbalzo nell’attività.

Si riferisce ai consumi?

Sì, dei consumi e quindi anche un recupero per le imprese. Anche qui bisogna distinguere i settori come quelli della ristorazione e degli alberghi, per i quali il fatturato di questi giorni è comunque perso e non si recupera più e i settori invece industriali, nei quali una ripresa della domanda può almeno in parte compensare la caduta di questo periodo. Dipende tutto da quanto dura, se si estenderà all’Europa, tutte variabili che al momento non conosciamo.

Da un punto di vista territoriale mi vien da dire che l’effetto più forte sicuramente è nelle aree più colpite, certamente in Lombardia, in Veneto, in Emilia Romagna e in Piemonte, perché lì il periodo della crisi sanitaria è stata più forte, è più forte ancora oggi e il periodo di chiusura è stato più esteso. Anche da questo punto di vista però aspetterei a fare qualsiasi valutazione su effetti territoriali particolari.

Trump ha chiuso tutti i voli per l’Europa, crede che la mondializzazione potrebbe subire un arresto importante?

Potrebbe, come potrebbe di no, dipende dall’estensione della durata e dal ciclo della malattia: i dati europei sono preoccupanti, quelli cinesi sono più confortanti. È probabile però che quale che sia la durata questa vicenda abbia degli effetti sui comportamenti strutturali, cioè è facile che le imprese saranno molto più preoccupate del passato ad avere fornitori e catene di produzione molto lontane, perché questa vicenda fa vedere che i rischi sono molto forti. Cosa questo possa esplicare, è difficile dire, può anche darsi che ci sia un ritorno verso l’Europa di alcune produzione che sono state decentrate negli anni soprattutto in Asia: è probabile che indipendentemente dalla durata ci sia un ripensamento di come hanno funzionato le cose negli ultimi 20 anni. Ma quale possa essere questo ripensamento è difficile dirlo oggi. Ci sono due elementi: il primo riguarda i rischi connessi alle catene di forniture troppo estese geograficamente e il secondo è che spero ci sia una riflessione sui grandi servizi pubblici nazionali, a cominciare dalla Sanità, che è stata nettamente sotto finanziata ed è stata troppo decentrata a livello locale. Servono finanziamenti molto maggiori e una regia nazionale molto più forte.

Pensa che dopo l’emergenza alcuni territori del Sud possano sfruttare la leva del tax free territoriale per attrarre investimenti produttivi?

Io sono sempre freddo rispetto a strumenti di detassazione per attirare gli investimenti. Gli investimenti arrivano nei territori che funzionano e in base a logiche internazionali. Ridurre la tassazione non mi sembra mai lo strumento principale per fare impresa.

Quindi anche le Zes rischiano di essere un fallimento?

Sono da sempre molto freddo sulle Zes, il punto principale sono le infrastrutture di servizio, di trasporto e di logistica, se non ci sono quelle qualche defiscalizzazione non mi pare che possa avere nessun effetto particolare.

Immagina dei settori in Puglia che potrebbero rivitalizzarsi da un ripensamento della catena del valore?

Mah, mah…è difficile dire, qui ci sono alcune attività soprattutto nei beni di consumi che hanno subito particolarmente il decentramento molto forte all’estero, che forse potrebbero ritrovare dei vantaggi da catene di forniture più corte.

Professore, che idea ha dei consumi? Dopo la fine della pandemia e dell’emergenza i consumi potrebbero essere ancora ridimensionati e rivoluzionati, posto che dal 2008 in poi abbiamo già modificato il nostro paniere?

Mah, sulla psicologia di massa è difficile dire, potrebbe anche succedere anche il contrario e cioè che dopo questa grande paura ci sia una ripresa più cospicua o può succedere che questa crisi determini dei comportamenti ancora più prudenti. Comunque non fasciamoci la testa prima di cadere. Questo è molto importante, la psicologia conta moltissimo.

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