Festa del Cinema in Libertà all’Arena ExpostModerno: il cinema di comunità risuona di vita e partecipazione a Bari

by Fabrizio Stagnani

Arena ExpostModerno, prima solo Moderno, poi si è aggiunto l’ex, la sua storia, ed il post, quello che è diventata.

In via Napoli 264, a Bari, per trent’anni, nel secondo dopo guerra, già un cinema, a seguire l’abbandono, il degrado, addirittura un parcheggio. Tre estati fa è arrivata l’Armata Brancaleone a risollevarne le sorti, non quella di Monicelli, ma l’Associazione di promozione sociale.

Dal film che ha visto protagonista colui che con un sol colpo d’ascia taglio in due Groppone da Figulle non hanno mutuato solo il nome, ma anche l’eterogeneità della ciurma, non di certo la sconclusionatezza. Avvocati, esperti di comunicazione, cassieri, ovviamente cinefili, architetti, tecnici. Una ventina il nocciolo duro, più a partire da quest’anno altrettanti volontari, a seconda degli impegni, chi più chi meno presente.

Per i mille metri quadrati incastonati nel quartier Libertà, un progetto, un’ambizione, un’idea. Ormai accerchiati da tablet, smartv ed altrettanto intelligenti phone che ci tengono sotto scacco con la sterminata proposta di audiovisivi distribuiti dalle più varie piattaforme, al cinema ci si va quasi meccanicamente. Si, per carità, sempre con il friccicore per la novità, per la visione collettiva, o semplicemente per il piacere fisico di avere gli occhi immersi in un maxischermo e le orecchie avvolte da un impianto audio che ci si augura sempre sia di portentose prestazioni. La routine, ognuno con la sua, però resta quella, macchina, parcheggio, fila, cassa, fila, popcorn, fila, sala, pubblicità, giù le luci, su le luci, fila. Per un inizio più green si potrebbe partire con una bici, un autobus, o addirittura un treno, ma dalla prima fila in poi solitamente resta tutto uguale.   

L’Arena ExpostModerno invece? Un “cinema di comunità”, un “cortile culturale urbano”. Si, di fatto un cortile, una lingua di asfalto tra il Palamartino ed i monolitici stabili ad uso abitativo a lui dirimpettai, a cui l’Armata Brancaleone ha infuso senso e valore. Un luogo d’incontro, confronto a frutto di comunicazione vera, scambio e conoscenza. Non frasi fatte, sviolinate o parole da riportate nei progetti per favorirne l’approvazione, provare per credere. Magari l’auspicato impianto audio non è un dolby atmos 8.5, magari può capitare che quando la signora del quarto piano a sinistra accende la luce sul balcone l’attenzione venga distolta un secondo dalla proiezione, ma tutto risuona di vita e partecipazione. Un micro ecosistema culturale vero, basti valutare per altro il bassissimo livello di mercificazione. Ingresso popolare, a fronte dell’iscrizione, anch’essa di si fatta accessibilità (indispensabile per chi li per la prima volta sottoscriverla 24 ore prima dell’evento utilizzando il link bit.ly/ArmataBrancaleoneAPS), e nemmeno una patatina da comprare, neanche una Peroni quasi fresca. Ebbene si, perché un altro dei loro obbiettivi e suggerire al pubblico di vivere il quartiere. Rifocillandosi presso la storica pizzeria più avanti, o raggiungendo il paninaro parcheggiato più dietro, abbeverarsi nella verace enoteca più in fondo o, se proprio la serata va bene, rifornirsi di preservativi dalla farmacia all’angolo.  

Un ambiente disteso e conviviale. C’è chi arriva a piedi dal centro, chi in bici, potendola parcheggiare anche all’interno. C’è chi arriva con una o due sedie da devolvere alla causa. Solitamente, dal covid19 in poi, ricordando che prima si riusciva ad essere anche più prossimi, la scena che aspetta gli ospiti, dopo i dovuti accertamenti all’accoglienza, è una già chiacchierosa e festosa fila verso una romantica pensilina autocostruita, visto e considerato che gli architetti non gli mancano, e poi una piazza cinta di mura che rivolge lo sguardo verso la parete bianca delle proiezioni. Platea di recente allestita con delle adorabili piazzole disegnate e colorate a terra per garantire il giusto distanziamento, solo fisico mai affettivo. Per volta le stelle. Le sedute? Tutte diverse, quelle di cui sopra, quelle che i vicini o gli avventori portano in dono o che l’Armata recupera in giro, andando così a caratterizzare univocamente tutto l’ambiente. E poi non dimentichiamo che ai tabagisti è anche consentito, discretamente, perseverare nell’autolesionismo. Nell’attesa, chiacchiere, gechi si rincorrono sul fondo bianco, l’introduzione, sempre mai formale, detto nell’accezione positiva, e via con le proiezioni. 
Mai scontata la scelta, mai troppo fanaticamente ricercata. E’ un cinema di comunità sia per il vicinato che per le realtà che formano lo scenario degli universi che circuitano attorno al cinema a Bari e Puglia, sempre più. Ad affiancarsi adesso nella programmazione La Scatola Blu, Rec Movie, Progetto Gernika, INUIT, Bread&Roses spazio di mutuo soccorso, Questioni Morali, On Docks e Momiji – centro di lingua e cultura giapponese e Associazione Culturale Abaporu. Quale il prossimo cartellone? Dall’ 1 al 15 settembre, la seconda parte della Festa del cinema in Libertà, arrivata alla sua terza edizione. Documentari, corti, film d’animazione e stracult. Martedì 1 “Aperti al pubblico” di Silvia Bellotti, giovedì 3 in apertura “Libertà” di Savino Carbone a seguire “Irrawaddy mon amour” di Nicola Grignani, Valeria Testagrossa e Andrea Zambelli, venerdì 4 il doc “My home in Libya” di Martina Melilli, martedì 8 “Still recording” firmato da Ghiath Ayoub e Saeed Al Batal, giovedì 10 “Alguma coisa assim” di Mariana Bastos e Esmir Filho, venerdì 11 l’anime “Millennium actress” di Satoshi Kon, in chiusura, martedì 15, il capolavoro di Elio Petri “La proprietà non è più un furto”. 

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