Franco Arminio candidato a Bisaccia: il sindaco non è il riassunto dei difetti di un paese

by redazione

In Alta Irpinia e in tutto l’Appennino, il Viaggio elettorale da sempre è quello di Francesco De Sanctis del 1876, un classico che è anche libro d’avventura dell’Unità d’Italia.

Ai giorni nostri “il diario elettorale” social del poeta, intellettuale e paesologo di Bisaccia Franco Arminio non è solo un’opera letteraria, ma il tentativo concreto di cambiare il suo paese, con una candidatura a sindaco, con la lista Noi con Bisaccia, che ha dello straordinario.

Ne hanno parlato tutti i giornali nazionali, l’Espresso gli ha dedicato cinque pagine. Il motto è “Tornate al Sud” e si sono mobilitati tanti amici di Franco Arminio, compagni in questi anni ad Aliano del Festival La Luna e i Calanchi o a della sua ultima creatura “Altura” o delle tante passeggiate paesologiche che lo scrittore ha dedicato ai paesi del Mezzogiorno. La sua Comunità provvisoria si farà comunità collettiva, di piazza? La Casa della Paesologia coinciderà con la Casa comunale?

Sembra quasi un film di Sergio Rubini, ma non lo è. Il poeta si scontra con Marcello Arminio, stesso cognome, ma nessuna parentela. Un politico affidabile, il tipico “usato sicuro” delle classi dirigenti meridionali, nato col pedigree dell’amministratore locale.  

“Ognuno se vuole continuare a credere alle chiacchiere di Marcello Arminio. I fatti sono impietosi, è arrivato il tempo di farla finita con una visione piccola della politica. Bisaccia ha bisogno di altre persone, di altre energie. Ha bisogno di altre idee. Veniamo da 5 anni in cui non è accaduto niente di bello e importante per il nostro paese a livello amministrativo”, ha scritto il poeta, figlio dell’indimenticato oste Luis e dell’altrettanto indimenticata cuoca Flora, nella sua lettera ai cittadini.

Con l’attore Pantaleo

“Abbiamo bisogno di una politica che sappia federare le nostre ferite”, ha ripetuto spesso in questi mesi di campagna elettorale.

Le pale eoliche, lo scandalo dei rifiuti e del biocompostaggio, una agricoltura bio che produce redditi troppo bassi per non essere che un mero dopo lavoro, le velleità culturali in un castello che rischia di essere frequentato dal solito ceto medio napoletano, il vento sacro, un centro storico struggente e meraviglioso, che non ha ancora trovato una seconda vita dopo il terremoto dell’Ottanta, la ricerca di replicare sull’Appennino il modello di accoglienza di Riace di Mimmo Lucano. Tutto questo è Bisaccia, l’Irpinia d’Oriente, agli occhi di chi arriva da fuori. Un Sud di certo desertificato, eppure ancora vivo tra le tante persone che lo abitano, con forma di resistenza e resilienza.

Se anche Franco Arminio non dovesse vincere domenica resteranno i suoi scritti, disseminati in questi due mesi sui social, delle lame come sempre.

21 maggio

Oggi vado a vedere il mio paese
da altri paesi, mi consegno interamente
al verde di maggio, altro non voglio sapere,
oggi sarò cieco alla piazza dei mestieranti
del rancore, dei luminari della maldicenza,
dei patiti dell’ingiuria.
Quando stai fermo a lungo in un paese
ne prendi la sua ruggine,
cadi nella noia cattiva
che ti fa vedere il male 
in ogni sguardo. 
Il sindaco di un paese non deve essere
un riassunto dei suoi difetti,
ma uno che è intimo ed estraneo,
vicino e lontano,
sguardo lucido e stretta di mano.


23 maggio

“Mi sono svegliato col piglio del candidato. Penso alle malattie, alla vecchiaia, penso a un uomo che ho incontrato ieri, un uomo puntellato da un busto per andare avanti con la schiena rotta. Mi ferisce vedere tanti guasti nei corpi e nei luoghi, mi sembra che l’infermità stia diventando il nostro marchio di fabbrica. La religione del progresso e della crescita ci ha spezzato le anime, la voglia di guadagnare sempre qualcosa ci ha fatto perdere l’antichità che era in noi: tutti in fila ai caselli dell’attualità, tutti affaticati dalle cose che facciamo e da quelle che non facciamo. La politica deve partire da qui, deve partire dal dolore, ma senza dimenticare quelli che non riescono a lavorare o lavorano e non guadagnano: ieri un giovane contadino mi parlava del fatto che da tre anni aspetta i soldi per quella che chiamano l’integrazione del grano e se non arrivano questi soldi non sa come andare avanti. La Rete ci fa dimenticare la povertà e la malattia, è un luogo dove sembra che tutti hanno tempo da perdere, la povertà e la malattia sembrano vicende lontane e invece sono le nostre compagne di viaggio in un mondo che si illude di essere ricco e sano”

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