Iapigia e le altre periferie, come i centri famiglia a Bari sono diventati “riparatori di futuro”

by redazione

Il tema della governance delle politiche locali, dibattuto a livello nazionale e internazionale, è stato al centro di un seminario del Dipartimento di Economia dell’Università Ca’Foscari di Venezia, nel quale ci si è concentrati sul ruolo e sulle responsabilità assunti dai differenti attori che operano nelle comunità locali.

Vincenzo Porzio della Cooperativa La Paranza di Napoli e Stefania Monopoli della Fondazione Giovanni Paolo II di Bari si sono confrontati con altri illustri relatori sulle modalità attraverso le quali gli attori locali (pubblici, privati e di terzo settore) programmano e gestiscono le politiche territoriali.

Stefania Mopoli insieme a Mariangela Colaianni ha ripercorso tali tematiche anche nella cornice di Torre Alemanna a Cerignola per la terza edizione degli Stati Generali delle Politiche Sociali nei vari Ambiti del welfare della Regione Puglia.

Le coordinatrici del Centro Centro Servizi per le Famiglie – Japigia Torre a Mare e del Centro Servizi per le Famiglie San Girolamo della Fondazione Giovanni Paolo II Onlus hanno spiegato come a Bari da anni la Fondazione stia ripartendo dalle periferie, in un modello di partecipazione e coinvolgimento che da sempre e per statuto è il faro dell’azione di quel “grosso ventre materno”, che viene chiamato al quartiere San Paolo ancora il Capannone. L’idea è quella di una comunità educante.

San Paolo, Iapigia e Torre a Mare, questi i quartieri di intervento baresi in una cornice politica che da almeno 15 anni consolida le pratiche della Fondazione sui modelli genitoriali e sul contrasto alla devianza vera. Sono ben 9 su 5 municipi i servizi dedicati alle famiglie nel capoluogo pugliese.

 “Il concetto di periferia è concepito in termini sociologici più che urbanistici- ha osservato Monopoli- abbiamo pensato di allargare l’offerta di servizi con nuove pratiche legate allo svuota carceri, alla messa alla prova, al reinserimento in famiglia per chi aveva vissuto una detenzione e alla costruzione di spazi neutri. Lavorare sulla genitorialità è essenziale per creare una comunità resiliente. Siamo operatori di periferia, l’ultima sfida per noi è l’innalzamento dell’offerta culturale. Non solo scelte teatrali o cinematografiche, ma il tentativo di offrire la capacità di scelta. Se siamo semplici fruitori di contenuti culturali e di informazioni non sapremo mai scegliere. Stiamo facendo delle scelte di nicchia, tra 10 anni sapremo cosa avremo prodotto, in questa alleanza scuola-famiglia”.

Iapigia, una periferia violenta e pericolosa negli anni Ottanta, è molto mutata. Oggi alla povertà economica di un tempo si è sostituita quella educativa, con la presenza ancora di una criminalità molto seria. Il centro famiglie con la presa in carico del nucleo famigliare offre servizi socializzanti anche interculturali dal momento che Iapigia ha il più grande campo rom di Bari e dell’intera regione Puglia insieme ad una comunità mauritiana. “La metà degli utenti accede in maniera autonoma, senza segnalazione delle Asl, del Comune o del Tribunale, per noi è un grande risultato. Non c’è più un’idea di servizio ghettizzante. Abbiamo molti obiettivi. Al centro ci sono sempre le persone, i nostri bambini e i ragazzi in primis, con le loro famiglie. Con loro lavoriamo per migliorare la qualità della vita delle periferie urbane degradate, promuoviamo la formazione continua degli operatori sociali, la cultura della solidarietà, della difesa dei soggetti deboli, l’attivazione e la gestione di centri sociali per il reinserimento dei minori a rischio di devianza, la gestione di interventi in favore delle famiglie”.

Lavora invece sulla mediazione, sempre a Bari, familiare e non solo la cooperativa Crisi, nata nel 1996.

L’obiettivo è sottrarre i figli alle conseguenze del conflitto tra adulti, in un percorso di ravvedimento e di mediazione che arriva fino alla mediazione scolastica. Qual è il danno relazionale e comunitario provocato su un bambino per un conflitto non mediato e mal gestito? È per questo che la cooperativa ha avviato il progetto “Riparatori di futuro” dentro un “vivaio costante di buone prassi” nel quale moltiplicare perimetri di benessere. “Una buona mediazione ha un effetto lungo nel tempo, dei genitori che risolvono il loro conflitto con una buona mediazione avranno riparato la vita del figlio con un effetto positivo da qui ai prossimi 30 anni. La buona mediazione produce una vita recuperata che sta nel mondo come vogliamo che il nostro mondo sia”, ha osservato la referente Ilaria De Vanna.

“Quando ragioniamo di periferie in Italia e in Europa, ci riferiamo a un particolare tipo di situazioni urbane, a quartieri realizzati da un’attività urbanistica ed edilizia finalizzata alla mera valorizzazione economica di aree accaparrate da spregiudicate società immobiliari. Aree destinate a ospitare famiglie e persone espulse dai quartieri centrali, perché dotate di redditi insufficienti ad acquisire la proprietà o l’uso delle abitazioni, o richiamate nella città dalla miseria delle campagne (…) In relazione agli anni più recenti, quelli della crisi iniziata nel 2008, l’aumento generale della povertà – dovuto al crescente dislivello tra redditi alti e redditi bassi, alla riduzione del welfare e alla privatizzazione dei servizi pubblici – tende a spostare verso il basso quote rilevanti dello strato intermedio, o comunque ad accrescere gli elementi di disagio che ne caratterizza l’esistenza. La globalizzazione, insomma, tende ad aumentare il peso della periferia; le varie parti dell’habitat dell’uomo sono sempre più interconnesse, ma al loro interno aumentano le situazioni di disagio.

Edoardo Salzano

Che significa per noi “periferia” 

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