Il M5S, a sei anni di distanza, davanti al bivio tra destra e sinistra

by Antonella Soccio

“Un’idea non è di destra né di sinistra. È un’idea, buona o cattiva”. Così diceva la buonanima di Gianroberto Casaleggio nel 2013 nel best seller “Il Grillo canta sempre al tramonto”.

A sei anni dalle consultazioni streaming, che cambiarono, quelle sì, il verso della politica italiana, nelle quali i neofiti capogruppo Roberta Lombardi e Vito Crimi dissero No, in maniera sfacciata e irriverente, al patto con Pierluigi Bersani, proprio il dogma principale del M5S, ossia l’assenza di destra e sinistra, è caduto nel vuoto, frantumandosi. Lo stesso vuoto in cui milioni di italiani si sono rifugiati nel credere ad un movimento di forte cambiamento, che è stato soprattutto generazionale. La vera rottamazione l’ha fatta il M5S, benché oggi si sia tramutato in nuova classe dirigente.

Quel dogma oggi si dimostra per la bufala che è sempre stato. Ci sono voluti sei anni, un contratto di governo sulla carta interessante (perché dava vita alla richiesta di cambiamento dei ceti popolari, al di là delle analisi populiste e sovraniste dell’ideologo Bannon) e l’ascesa dell’ultradestra di Matteo Salvini, che ha succhiato e cannibalizzato l’ala destra del Movimento 5 Stelle, per comprendere che destra e sinistra sono una cosa seria e non soltanto dei posizionamenti d’aula.  

Rileggere gli aforismi di Casaleggio, amante della futurologia, 6 anni dopo è quasi educativo. Vi si rintracciano molte scelte dell’oggi e tanti atteggiamenti assunti nei confronti di Matteo Salvini, prima che diventasse inaffidabile e aprisse la strada alla nuova alleanza giallorossa col Pd. Il momento attuale, secondo la definizione di Beppe Grillo, è “magico, strano, tragico”.

“La possibilità di cambiamento sta nel cercare un pensiero originale”. È originale oggi riprovare a ritornare su strade bocciate in precedenza.

Al minimo dubbio, nessun dubbio”. Questa massima non è mero decisionismo. Ma coraggio di libertà.  

Il sogno è che la democrazia diretta si affermi e che il Movimento 5 Stelle, raggiunti i suoi obiettivi, non abbia più ragione di essere. Nel senso che noi vogliamo cambiare il sistema, non vogliamo fare un nuovo partito”. Sarà così, con l’affermazione rinnovata di un vero bipolarismo?

Il politico sarà considerato in termini utilitaristici dai cittadini, se farà un buon lavoro avrà successo e potrà considerarsi immune da valutazioni morali, etiche o ideologiche”. Sicuramente considerano in maniera positiva l’esperienza di governo pentastellata tutti coloro che stanno percependo il reddito di cittadinanza.

Ebbene, cosa direbbe oggi Casaleggio?

Alcuni videro in quella sonora disapprovazione del patto con Bersani una mancanza di audacia. C’era allora, più che nel 2018 quando pure il Movimento è arrivato a sfiorare il 50% in alcuni territori del Sud e a fare il cappotto giallo in Puglia e altrove, un inebriamento, una gioia incontenibile nell’elettorato giovane, che si esprimeva nelle dirette radio e video del sito LaCosa, antesignano dei live prima della consegna a Facebook.

Dire No sei anni fa significò congelare alcune istanze di cambiamento, che di certo avrebbero trovato accoglimento in Bersani, che resta uno dei pochi veri riformisti del Pd.

Gran parte della base ancora oggi è contraria. “Stiamo vivendo un teatrino da Prima Repubblica i due partiti che sicuramente perderebbero le elezioni si uniscono per non andare al voto. I 5 Stelle sarebbero falcidiati dall’elezione praticamente non più di 100 parlamentari sarebbero rieletti. I cittadini puniranno questa cosa che stanno facendo perché non si possono unire il diavolo e l’acqua santa, quando Renzi faceva l’accordo con Berlusconi il M5S faceva le barricate. Ci sarà un governo istituzionale del presidente, un nome tecnico che serve a mascherare l’alleanza tra Pd, M5S e LeU. Vivremo una schizofrenia programmatica, che farà il Movimento abiurerà i decreti di Salvini? In tutti i casi, il M5S non ha più un progetto lineare, non ha più base, attivisti, è un movimento aleatorio. Con la scusa combattiamo le destre, vogliono stare incollati alle poltrone”, è il sentimento di molti, a cominciare da un grillino della primissima ora come Luigi La Riccia, dissidente e ormai grillo parlante sul web.

Tuttavia se davvero si darà corso al governo giallorosso, sono più le prospettive positive che quelle negative. Viste da sinistra naturalmente. Depurato ormai della sua ala destra, il M5S potrà davvero tramutarsi in quel partito verde che manca all’Italia.

Sarebbe limitante vivere questo patto soltanto come un argine alle destre, perché sarebbe una strategia perdente a priori.

Autunno 2019: si potranno attuare quelle politiche, che avrebbero potuto cominciare tanto tempo fa, 6 anni fa, senza che nel Paese venissero iniettati odio e forme di razzismo sinora sconosciute all’Italia?  

Agosto 2019- Agosto 1922, le due estati, a quasi un secolo di distanza, si somigliano. Matteo Salvini, forse ubriaco di mojito in spiaggia al Papeete, ha meditato, sognato “i suoi pieni poteri”.

“Ora al dilemma fascista: o elezioni o violenza, così apertamente enunciato, necessita ancora una volta opporre, da chiunque conservi una briciola di buon senso statale, la pregiudiziale legalitaria…Deve considerarsi inammissibile che un partito faccia appello, per affermare la propria forza, al verdetto delle urne, secondo le forme legali del nostro regime costituzionale, e palesemente e al tempo stesso minacci la rivolta, la sedizione armata, il colpo di Stato. L’equivoco su cui si gioca è quello di far credere che il fascismo si trovi costretto a porre lui questo dilemma fra legalità e rivoluzione, per la propria salvezza; ma ciò è precisamente il contrario della verità. Il fascismo si trova innanzi a nessun bivio necessario, perché nessuno lo minaccia e nessuno gli contesta il posto al sole: tocca a lui, e a lui solo, scegliere fra la scheda e l’insurrezione.


La Stampa, Torino, 15 agosto 1922. 


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