Il Saraceno, lo Svevo e il Fattore P

by redazione

Se fosse vivo, Cesare Lombroso troverebbe, in quel di Lucera, soggetti fisiognomici di grande interesse per i suoi studi. Anche solo volgendo l’attenzione a Palazzo Mozzagrugno e ai protagonisti della recente cronaca amministrativa.

L’uno più vicino ai tratti di un saraceno: carnagione più colorita, occhi scuri e faccia tonda. L’altro di più alte latitudini, con i suoi sparuti ricci ribelli e la sua carnagione chiara.

Però in questo gioco di fisiognomica tutto è poco chiaro, certo e delineato.

A cominciare dai nomi dei due contendenti.

Il primo, Giuseppe, con i suoi lineamenti mediorientali, ha un nome decisamente cristiano. Il secondo porta quello di un santo rispettato anche dai musulmani, considerato l’emblema del dialogo tra diverse religioni.Dialogo che all’ombra della Torre della Leonessa non è mai stato il punto di forza dell’istrione Antonio: uomo di piazza più che di palazzo, anche se una volta preso il palazzo ha deciso di tenerselo stretto, anche quando ha cambiato indirizzo.

Entrambi si sono trasformati.

Il primo, da buon saraceno, è un animo ribelle ai padronaggi. Tutti gli riconoscono doti, come un tempo agli arcieri della mezzaluna, servitori riluttanti di diversi padroni, ma non ha le truppe sufficienti per vincere la guerra e se non cambia tattica dopo il ridimensionamento a opera dello svevo, troverà un angioino a dargli il colpo di grazia.L’altro, da imperatore allergico al trono ma non all’esercizio di potere derivante dal trono, ha creato le condizioni perfette per governare anche lontano dal palazzo: esserci ma senza farsi vedere. È riuscito a portare più cavalli di Troia nel consesso comunale e a pilotare tempi e modi del governo della città, pur fingendo di occuparsi di beghe baresi. Perché, diciamola tutta, Lucera è traslocata a Bari (anche per mancanze, tutt’altro che trascurabili, del saraceno Pitta), perdendo ancora una volta il primato di città senatoriale e riferimento per la Capitanata.Riferimento che era stato in parte riconquistato grazie al Fattore P. Ovvero a quella miscellanea popolare e volgare (intesa come lingua universale) nata con il partito della Pagnotta, cresciuto nelle Piazze, che si volevano ambiziosamente Pulite, tramandate nella elezione di Pitta e finite su una Panchina, come anziani, stanchi e assonnati, che ricordato i bei tempi andati.

È notorio, la panchina serve per riposarsi, ma può essere tappa o traguardo. Nell’uno e nell’altro caso non servirà a ricompattare un sentimento popolare, nato in una piazza e finito su una panchina.

Maurizio Tardio

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