Michele Laforgia: “Quella di Emiliano è una coalizione che va dall’estrema destra ai neoborbonici, uniti solo da un uomo solo al comando”

by Antonella Soccio

Contro una politica appiattita sulla mera conquista del consenso, che ha spento il sogno di una Puglia migliore, l’associazione politica e culturale La Giusta Causa a Bari ha presentato un lungo documento per le prossime regionali pugliesi, per ripartire dal “campo largo della sinistra democratica e riformista”, dalle idee e dalle proposte programmatiche sfidanti senza togliere lo sguardo dagli errori fatti in questi anni.

Cura, attenzione, analisi oneste, confronto e visioni lunghe è quello che La Giusta Causa offre all’agone politico.

Noi di bonculture abbiamo intervistato il presidente, l’avvocato Michele Laforgia.

Avvocato Laforgia, secondo Marco Revelli il primo motivo della proliferazione del populismo risiede nella mutazione della sinistra, con la trasformazione/estinzione dei grandi partiti di massa. Il populismo è frutto di una identità irrisolta e infine perduta da Tangentopoli ad oggi. Lei crede che Michele Emiliano sia un populista, come lo ha bollato Ivan Scalfarotto?

Fra i tanti disastri che ha prodotto la degenerazione del pensiero e del linguaggio della politica, soprattutto a sinistra, c’è anche la tendenza diffusa a ritenere il populismo una qualità e non un difetto. Temo che Michele Emiliano non sia scontento di essere definito populista. Di certo ha coniugato due caratteristiche tipiche del moderno populismo: l’accentramento del potere personale e il riferimento a un popolo, nel suo caso ai pugliesi, inteso come un’entità indistinta. Il precipitato elettorale di questa logica è una coalizione che va da alcuni esponenti della estrema destra ai neoborbonici, uniti solo dalla scelta dell’uomo al comando.

Non è mai stato tenero con Emiliano e con i tanti trasformismi generati nella sua amministrazione, che hanno condotto uomini e donne con storie radicate nel centrodestra in posti chiave del sottogoverno regionale. Che ne pensa della richiesta di Italia Viva, ma anche del M5S, di una sostituzione di Michele Emiliano con Gianrico Carofiglio o con un altro candidato condiviso? Ritiene che questo cambio in corsa possa unire il fronte progressista che oggi è al Governo? O sarebbe un tentativo infruttuoso?

Penso che non sia un problema di persone. Oggi un candidato condiviso non c’è e a questo punto sarebbe molto difficile trovarlo, con la sola eccezione – forse – di Antonio Decaro, che notoriamente fa altro. Per due anni abbiamo tentato di spostare l’attenzione sul merito e sul metodo del governo regionale, ripetendo innumerevoli volte che prima vengono le idee – le politiche, i programmi, le strategie – e poi i candidati, aggiungendo che occorreva dialogare con i Cinque Stelle. La maggioranza di centrosinistra ha scelto la strada opposta, partorendo nel gennaio scorso il topolino delle primarie senza idee. Hanno detto che sono state un successo pur avendo dichiarato 80.000 votanti – erano 140.000 cinque anni fa – e raccolto meno di 40.000 euro, benché ciascun elettore dovesse versare almeno un euro a testa. I conti non tornano, evidentemente, e alla fine il garante e revisore unico si è dovuto dimettere. Eppure ne continuano a parlare come di un plebiscito: ‘i pugliesi’ – sempre loro – hanno scelto il candidato presidente. Solo che i pugliesi sono 4 milioni. 

Come valuta la scelta dei renziani che candidano Ivan Scalfarotto? È questo il momento, con una destra forte e motivata, di creare spaccature nel centrosinistra?

La candidatura di Scalfarotto è una delle tante conseguenze nefaste della decisione di non aprire un confronto sulle cose fatte e su quelle da fare, e del rifiuto di mettere in discussione il presidente uscente. Decisione miope, se oggi gli stessi responsabili di quelle scelte chiedono di aderire alla coalizione a chi in Puglia non ne ha mai fatto parte, come Italia Viva, e addirittura a chi è rimasto costantemente all’opposizione per cinque anni, come i Cinque Stelle. Mi sembra una pretesa piuttosto bizzarra: se vuoi un’alleanza con altre forze politiche devi sederti a discutere di programmi e candidature, non basta offrire un assessorato.

Secondo molti osservatori La Giusta Causa cerca di fare massa critica a Bari, senza però modificare troppo gli assetti in una città, che per molti, appare poco incline alla vera cultura, quella che valica i grandi eventi e le manifestazione estemporanee. Eppure proprio questa gestione di Antonio Decaro sembra avere consenso unanime. Cosa si è perduto dagli anni dei vari Nicola Lagioia e Mario Desiati? Manca una narrazione identitaria della città? Per voi la cultura è un tema forte. Lo è anche per Decaro?

Ho qualche difficoltà a definire la “vera cultura”, ma di certo non si tratta solo di promuovere qualche spettacolo gratuito in piazza. Personalmente trovo concettualmente sbagliato, e foriero di continui equivoci, che chi si occupa di cultura si occupi anche di turismo. E penso che bisognerebbe portare stabilmente la musica, il teatro e il cinema nelle periferie. È quello che è stato fatto, concretamente, nei primi anni di governo del centrosinistra a Bari e in Puglia, anche grazie all’impegno degli assessori dell’epoca. Poi è arrivata la stagione dei tagli e i nuovi assessori hanno potuto fare sempre meno. Si continua a non capire che la cultura è parte integrante della nostra identità, individuale e collettiva, e che la diffusione della cultura è essenziale nella lotta alla povertà.

Avete criticato fortemente le nomine di Puglia Promozione. Lei come giudica l’operato dell’agenzia regionale? La spesa vale l’impresa in base ai risultati ? Una Puglia tutta orecchiette e panzerotti è la scelta giusta?

Con la lodevole eccezione del recente, bellissimo spot di Alessandro Piva, la promozione della Puglia in questi ultimi anni non mi ha mai entusiasmato. Fortunatamente chi viene da noi non lo fa solo per le orecchiette, i panzerotti e la Notte della Taranta. La nostra regione offre molto di più e i turisti, fortunatamente, lo sanno e comunque lo scoprono anche da soli. Quanto a Puglia Promozione, non mi convince la logica di affidare alle Agenzie compiti che dovrebbero e potrebbero svolgere assessorati e uffici. Moltiplicare gli incarichi e gli stipendi pubblici, in genere, aiuta a prendere qualche voto in più ma non aiuta la buona politica.

A proposito, che effetto le fanno le troppe inchieste su assunzioni e clientele varie nel centrosinistra di questi anni? 

Non parlo delle inchieste giudiziarie, e non solo perché spesso me ne occupo professionalmente. Penso, da sempre, che politici e magistrati debbano fare ognuno il suo mestiere, ciascuno con i tempi e nei luoghi appropriati. Chi è garantista non può che rifiutare i giudizi sommari, nei confronti di chiunque. Sulle assunzioni clientelari, peraltro, non c’è bisogno di aspettare le sentenze. È il cancro della “politica politicante” di destra, di centro e di sinistra: ammesso che chi tradisce il principio di eguaglianza e l’imparzialità della pubblica amministrazione, valori cardine della Costituzione, possa essere considerato di sinistra. 

Avete organizzato con la Giusta Causa un focus sulla psichiatria ai tempi del Covid. I dati regionali mostrano che le pratiche ospedaliere e quelle esterne sono ancora molto indietro. Come se Basaglia quasi non fosse mai esistito. Negli ultimi mesi poi le cure si sono quasi interrotte, il che fa presagire una ospedalizzazione massiccia nei prossimi mesi. Un esempio negativo su tutti è la contenzione, solo il reparto di San Severo non la pratica, unico nel Sud Italia. Altro esempio riguarda i centri contro i disturbi dell’alimentazione, ancora troppi pugliesi migrano verso Villa Miralago nel varesotto e in altri posti di eccellenza del Nord. Cosa propone per la Sanità che verrà? Ritiene che Emiliano dovrebbe consegnare la delega, perché no ad uno psichiatra?

Penso che la salute mentale sia la grande assente del dibattito pubblico sulla sanità, non solo in Puglia. Basaglia voleva chiudere i manicomi per riportare la cura del disagio psichico al centro del sistema sanitario pubblico, agli antipodi della segregazione. Ma la verità è che, prima ancora dei posti letto in terapia intensiva, nel corso degli anni sono state tagliate le risorse ai servizi territoriali per l’assistenza psichiatrica, alle persone fragili e per il contrasto alle dipendenze. Eppure l’esperienza dimostra, spesso drammaticamente, che in questi casi l’ospedalizzazione è un rimedio peggiore del male. Il prof. Cancrini, al nostro seminario, ha proposto di considerare il disagio psichico nei Livelli Essenziali di Assistenza sanitaria. Sarebbe una cosa di sinistra.

Infine il suo impegno per l’ABC di Bari, poi non sfociato in un intervento diretto. Col post Covid le sale nel prossimo autunno soffriranno ancora di più. Tanta della narrazione della Puglia è frutto dell’invenzione dell’AFC di Nichi Vendola. Pensa che andrebbero recuperate alcune politiche rivoluzionarie di allora come il Circuito d’Autore? Cosa si dovrebbe mettere in campo per trattenere e non disperdere una economia che ha cambiato il volto della Puglia?

Apulia Film Commission e il BiFest hanno creato una immagine internazionale della nostra regione che prima semplicemente non esisteva, a parte la breve parentesi del Petruzzelli di Ferdinando Pinto, finita come sappiamo (e spesso, non ricordiamo). Dopo di che il cinema ha bisogno di eventi, ma anche di sale, programmazione di qualità e sostegno alla produzione d’autore. Magari non di dieci festival sparsi per la regione finanziati con fondi pubblici. In questo senso lo smantellamento del circuito d’Autore e la chiusura, ormai da più di un anno e mezzo, dell’ABC, sono negativamente emblematici. Comune e regione se ne dovrebbero preoccupare, come dovrebbero preoccuparsi dei tanti teatri di proprietà pubblica che non hanno ancora una gestione. Noi, comunque, continueremo a farlo.

You may also like

Non è consentito copiare i contenuti di questa pagina.