“Questa Passione acerba è irripetibile: la nudità può essere ricchezza”. A colloquio con frate Antonio Belpiede

by Antonella Soccio

È importante partire da questo fatto: ciascuno di noi ha una propria, irripetibile situazione di preghiera. Irripetibile non soltanto perché è mia come persona diversa da un’altra, ma anche perché è mia in questo momento e quindi irripetibile nel tempo (sebbene ciascuno abbia dei moduli di preghiera che gli sono peculiari e ai quali ritorna).

Qualcosa di così personale. Meditazioni sulla preghiera. Carlo Maria Martini

Da sei anni e mezzo frate Antonio Belpiede, originario di Cerignola, è il Procuratore generale dell’Ordine dei Cappuccini. “Mi hanno rapito alla mia Puglia per portarmi a Roma”, racconta. Dalla Curia generale, segue le vicende internazionali che animano i frati a stare col popolo nei cinque Continenti, nella preghiera, nella liturgia, con le opere.

Nel momento in cui lo chiamiamo sta scrivendo un documento per i frati africani. Lo abbiamo intervistato sui tempi che stiamo vivendo e sulla particolarissima Settimana Santa col Covid-19 in casa, nelle piazze, negli ospedali, nelle case di riposo.

Frate Antonio, che considerazioni si sente di fare di fronte al Triduo Pasquale? Forse è la prima volta nella storia che i cristiani vivono un momento di tale isolamento.

La prima considerazione è che i cristiani si preparano dopo aver ricevuto l’austero simbolo delle Ceneri, ciascuno secondo la sua sensibilità e il suo zelo spirituale, al cammino dei 40 giorni della Quaresima, la Quadragesima, i 40 giorni di Gesù nel Deserto per fare penitenza, i 40 anni di Israele cercando la Terra Promessa. È un numero simbolico forte, i cristiani si sforzano di fare un cammino di austerità, di riflessione, di penitenza, di carità verso i poveri. Questa volta non c’è bisogno dello sforzo, perché è la storia dei nostri giorni che ci sta dando questo cammino faticoso, nel deserto, nel deserto delle nostre città. Io vedo Roma, che sembra un paesaggio lunare anche di giorno, senza persone in giro, ma così son tutte le città del mondo col virus. La prima riflessione è che non c’è bisogno di pensare alla fatica del cammino, al Deserto, alla sete, alla penitenza, alla sofferenza, perché ce l’abbiamo addosso. E l’altra considerazione riguarda l’interdizione alla celebrazione dei riti della liturgia, che è ricchissima nella Settimana Santa, ma anche aggiungerei- e lo diciamo da pugliesi, da meridionali- è ricchissima di devozioni popolari, con le varie processioni, gli incontri dell’Addolorata col Cristo Morto, la processione dei Misteri con Gesù Cristo alla colonna a Cerignola, il mio paese. Son tutti riti, che come sappiamo derivano dalla lunga presenza degli Spagnoli dopo la battaglia di Cerignola del 1501, sono i riti della Semana Santa di Siviglia che sono stati estesi a tutto il Sud Italia. Tutto questo non verrà celebrato, ma c’è la possibilità di una interiorizzazione di questo dolore storico, non simbolico, non ricercato nella devozione e nella spiritualità, ma che ci colpisce in maniera feroce, con le morti, con i ricoveri, con le separazioni delle famiglie, con i medici e gli infermieri che vanno a lavorare in prima linea e hanno fittato dei monolocali, per non infettare gli sposi e i figlioli. Quello che stiamo vivendo è veramente drammatico e ci dà un senso della Settimana Santa e della Pasqua, che non abbiamo mai avuto nella nostra esperienza storica e che probabilmente andando indietro nei secoli nessuno ha mai avuto in questo modo. C’è una frase che il Presidente Conte ha detto più volte nelle sue comunicazioni e l’ha rivolta ai cittadini tedeschi e alla signora Merkel: qui non stiamo scrivendo un manuale di economia, qui stiamo scrivendo una pagina di storia. E la storia si scrive prima ancora che noi interagiamo, se riusciamo cerchiamo di scrivere anche noi qualche parola che abbia senso.

L’impossibilità di adorare il tabernacolo nella notte dei cosiddetti Sepolcri è così simile alla condizione dei contagiati e a quelli che sfortunatamente muoiono senza la possibilità di un funerale.

È una applicazione bella, poetica e drammatica. È vero. Si chiama Sepolcro volgarmente ma è l’Altare della Reposizione, dell’Eucarestia, è ancora vivo Gesù lì dentro. È vero, Gesù sta lì e non può essere adorato come non può essere visitato il malato o il coniuge. È bello questo accostamento.

Lei ha parlato di una devozione che deve essere tutta interiore in questo Triduo Pasquale. Ma come si fa a viverla, quando sappiamo che per la maggior parte dei credenti non praticanti proprio i riti della Settimana Santa riaccendono la fede e la devozione? Ora che siamo privati di queste forme liturgiche e “teatrali”, con tutte le Passioni viventi, le Laude di Jacopone da Todi, le code davanti agli altari assommati in numeri dispari, le processioni, come facciamo a vivere la fede e la religiosità?

C’è poco da fare. Faccio un esempio piccolo e scemo, forse: un signore sovrappeso vuol fare una dieta, chi di noi non ha fatto una dieta nella vita? Bene, anche io l’ho fatta, avevo pochi chili in più ma l’ho fatta. Quando sei naufrago o in un deserto solo e non hai cibo, non c’è bisogno di fare la dieta, perché la dieta ti è addosso, sta mordendo la tua carne, sta facendo gemere il tuo stomaco. Noi siamo in una situazione del genere, non possiamo meditare la Passione di Gesù che si esprime in mille segni, non solo nella liturgia, ma anche nei riti della Settimana Santa, compresi i cosiddetti Sepolcri, con la visita di Gesù eucaristico, ebbene, non abbiamo bisogno di ricercare segni esterni. Il segno esterno più forte di Gesù che soffre sono i malati, i moribondi, gli affamati. Stiamo spiritualmente con quelli che muoiono in casa, con chi è solo, con chi non ha nessuno. Siamo in una situazione di Passione acerba, globale, popolare, fortemente analoga a quella che visse Gesù quando offrì se stesso- e questa è la fede cristiana- per la nostra Salvezza. A livello metodologico, se non possiamo scendere per la processione del Cristo morto o dell’Addolorata, se non possiamo andare in chiesa Giovedì Santo per la Messa della Cena del Signore o all’Adorazione della croce Venerdì Santo, possiamo però prendere il Vangelo in casa o accendere la tv e cercare qualcosa che ci sarà sicuramente nei vari palinsesti. Anche volendo spegnere tv e rete, in un momento di intimità familiare, se siamo almeno due o tre- io auguro a tutti di non essere soli in famiglia- possiamo prendere i vangeli e leggere i racconti della Passione, leggere il Vangelo di Giovanni o anche altri, ma Giovanni è particolarmente toccante. Questa è l’occasione per andare ad approfondire la nostra fede o per sapere- mi rivolgo a chi non ha fede- anche di che si tratta. Questa occasione di solitudine, di deserto, di città vuota è una possibilità. Probabilmente non si ripeterà più nella nostra vita, vale sfruttarla. Questa nudità può essere ricchezza.

Un’ultima domanda frate Antonio: vivere la Passione con questa nudità, come lei l’ha chiamata, per tanti, se ci si lascia andare ad un certo misticismo, potrebbe essere anche “esaltante”, però a Pasqua il nostro personale sepolcro, a differenza di quello del Cristo Risorto, non si aprirà. Cosa suggerisce di fare per non vivere dunque la Pasqua in uno stato di prostrazione?

Due cose suggerisco. In questo momento storico i social hanno una valenza sociale altissima. In tempi normali guardo con tristezza due ragazzi diciottenni in discoteca accanto a due ragazze bellissime e tutti e quattro chattano con altre persone lontane, quella è alienazione da social. Se hai un ragazzo o una ragazza vicino, stringile un braccio, avvicinati, innamorati, diventa amico. Ma adesso in questa situazione i social sono preziosi, suggerirei di fare dei gesti concreti e profondamente umani concreti e direi pasquali, cioè chiamare una persona sola, farsi vedere in videochiamata, fare gli auguri. Insomma usare i social per creare prossimità in questa condizione di dolore con chi è più dolente di noi.

La seconda considerazione è di fede e di speranza per tutti, anche per i non credenti: si aprirà il nostro sepolcro, sarà sbalzata via la pietra. Ci vorrà qualche settimana? Un altro po’ di tempo? Non lo sappiamo, gli scienziati stanno studiando e producendo le loro curve, io sono un poeta oltre che un giurista e non faccio curve, però sono un uomo di speranza e dico a lei e a tutti: anche la nostra pietra sarà violentemente sbalzata dal Sepolcro. Forse con più passione lo chiederemo a Gesù Cristo, prima arriverà questa liberazione anche per noi.

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