Razionalità e dialogo delle differenze, Conte chiude con Federico II, Habermas e Buber

by Antonella Soccio

Un discorso da “munus publicum”, come si è definito. Il premier Giuseppe Conte ha parlato da soggetto investito della cura dell’interesse pubblico, ancora una volta. Nel suo intervento in Senato ha spesso contrapposto la “fatua grancassa mediatica che ha macchiato nove mesi di intensa attività di governo” alla “cultura delle regole”, che è mancata al Ministro dell’Interno Matteo Salvini.

Il linguaggio semplificato dei social, “segno inesorabile dei tempi”, da un lato, e la Repubblica parlamentare dall’altro. La cultura istituzionale.  

“Questa esperienza mi ha arricchito enormemente e mi ha trasmesso grande fiducia nel futuro del nostro Paese, è possibile fare politica senza inseguire il consenso sui social, senza dover dipendere drammaticamente dal titolo di un giornale, senza mai insultare un avversario politico o inventarsi nemici dietro ogni angolo”, ha detto in conclusione Conte.  

“Quando una forza politica si concentra solo sul consenso non tradisce solo la vocazione più nobile della politica, ma finisce col compromettere l’interesse nazionale”.  

Nel suo commiato dal Governo gialloverde, “l’avvocato del popolo” ha tratteggiato la sua concezione di politica, prendendosi, forse in ritardo, anche delle rivalse nei confronti del partner sovranista, grazie alla citazione di un “Sovrano illuminato”, Federico II.

Quantunque la nostra maestà sia svincolata da ogni legge, non si leva tuttavia essa al di sopra del giudizio della ragione, che è la madre del diritto.

Federico II

Né europeismo fideistico né uno scetticismo disgregatore. Ma la forza della ragione.

Tre citazioni, tutte connaturate alla razionalità. Federico II, Habermas e Martin Buber.

Perché il “punto di mediazione non è semplice via di mezzo, ma la soluzione più meritevole nell’interesse pubblico”.

Conte, un docente, uomo del diritto e della ragione. Un presidente della razionalità, che ripara contro l’uso sventato della religione accanto agli slogan. “Episodi di incoscienza religiosa, che rischiano di oscurare il principio di laicità tratto fondamentale dello Stato moderno”, ha osservato.

Serve la ragione, nel “tempo di passaggi” di Habermas, teorico dell’inclusione dell’altro. Viviamo processi di trasformazione politica e culturale, nei quali col diritto si può subordinare l’aggregazione negoziale degli interessi e delle preferenze all’idea di giustizia e alla realizzazione dei diritti umani.

La relazione di Conte si è conclusa con i “percorsi di razionalità nelle diversità” di Martin Buber, viennese ebreo, che nel 1933 insegnante di filosofia alla Goethe Universität di Francoforte, con l’ondata del nazismo presto non ebbe più la possibilità di insegnare e dovette scappare in Palestina nel 1938.

Buber è teorico della pedagogia dell’incontro.

Comode e poco convincenti le dissociazioni postume, ha stigmatizzato la radicale ed europeista Emma Bonino, che ha denunciato l’ostilità alla democrazia liberale.  

“La relazione Io-Tu è una relazione con l’Altro, una relazione fuori dallo spazio e dal tempo, non categorizzabile, non oggetto della conoscenza, quindi della quale non si sa nulla, ma una relazione nell’immediato, nell’attimo, sempre presente”, scrive Buber.

Se da questa relazione ci sarà un Conte bis è tutto da vedere.

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